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Monday, February 7, 2011

"Cercheremo gli alieni nel lago dei misteri"

Ore decisive per un team russo al Polo Sud Sotto i ghiacci un habitat di 15 milioni di anni fa

MATTIA BERNARDO BAGNOLI
LONDRA
Mancano solo cinque metri. Ancora un colpettino e una vera e propria capsula del tempo si schiuderà davanti agli occhi dei ricercatori dopo un sonno durato 15 milioni di anni.

L’oggetto dei desideri è il lago Vostok, distesa d’acqua gigantesca - più o meno come l’Ontario, il minore dei cinque grandi laghi Usa - sepolta in Antartide da una coltre di ghiaccio spessa 4 chilometri. Dopo mesi di lavoro l’equipe di studiosi russi guidati da Alexei Turkeyev sta finalmente per scoprire l’arcano. Nessuno sa infatti che cosa possa nascondersi là sotto. L’ipotesi è che negli oscuri fondali si nascondano nuove forme di vita. «Manca solo un pezzettino», bisbiglia Turkeyev alla cornetta del suo telefono satellitare.

«Fuori c’è una temperatura di -40˚ - dice lo studioso raggiunto dai giornalisti dell’Independent on Sunday -. Ma noi lavoriamo lo stesso. Sono rimasti 5 metri di ghiaccio prima della superficie del lago: ci arriveremo presto». La breve estate antartica sta però per finire. Ed è proprio alla stazione russa di Vostok che è stata registrata la temperatura più bassa mai riscontrata sulla Terra: -89,2˚. I russi saranno quindi costretti ad abbandonare la loro postazione forse oggi stesso. Appare ormai certo che per l’esplorazione completa delle acque si dovrà aspettare ancora un anno. Tempo che, osservano molti esponenti della comunità scientifica, servirà per preparare al meglio la spedizione. «E’ come esplorare un pianeta alieno dove nessuno ha mai messo piede prima», ha commentato Valery Lukin, dell’Arctic and Antarctic Research Institute di San Pietroburgo, l’istituto che sta coordinando la missione -. Nessuno sa che cosa possiamo trovare».

Il paragone alieno non è campato per aria. Le condizioni di vita nel lago Vostok sarebbero infatti talmente proibitive da poter servire come mezzo di paragone con certi ambienti di Marte. Anche senza lasciare il pianeta Terra, le ragioni per essere impazienti sono molte: le acque del Vostok potrebbero gettare nuova luce sulle condizioni di vita precedenti all’ultima era glaciale. In realtà quello che tutti gli studiosi sperano di trovare sono specie sconosciute di microbi o di batteri che si sarebbero evoluti in un mondo privo di luce solare. «Quando si tratta dell’esplorazione del nostro pianeta e della sua comprensione - ha detto Chuck Kennicutt, oceanografo - l’Antartide è l’ultima frontiera».

I russi, ad ogni modo, non sono i soli a lavorare di trivella. Altri due team, incluso uno britannico, stanno cercando di raggiungere le acque di altri laghi più piccoli: i bacini sotterranei scoperti sino ad ora al polo sud sono 150. Martin Siegert, capo del dipartimento di geoscienze dell’università di Edimburgo, è ottimista: «Stiamo parlando di ambienti estremi che comunque potrebbero essere abitabili. Se è così ci interessa capire come sia possibile».

La prossima sfida, comunque, non sarà tanto quella di superare gli ultimi cinque metri di ghiaccio, ma di farlo senza contaminare in modo irrecuperabile le acque purissime del Vostok. «Credo che in quel lago si scoprirà un’oasi per la vita. Ma sinoa che non saremo sicuri di entrare in modo pulito, dovremo essere cauti», ha detto John Priscu della Montana State University. Opinione condivisa da Massimo Frezzotti, responsabile delle attività di Glaciologia del Programma nazionale di Ricerche in Antartide. «Al momento - spiega - non ci sono garanzie che la perforazione venga fatta nel pieno rispetto ambientale e in modo pulito, ossia evitando contaminazioni». Per questo sono vent’anni che progetti di questo tipo vengono frenati dalle cautele ambientali imposte dal Trattato Antartico, punto di riferimento per tutte le organizzazioni scientifiche che conducono qui le loro ricerche. Il progetto di perforazione del lago Vostok, sottoposto nel novembre scorso al Comitato del Trattato Antartico per la protezione ambientale, è stato quindi accolto con cautela. Un’apprensione condivisa anche dai ricercatori russi. «Sono molto emozionato - ha detto Alexei Ekaikin -: una volta toccato, il lago sarà violato per sempre».

Fonte: http://www3.lastampa.it/

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