La posta in gioco è alta per le prossime missioni sul Pianeta Rosso: il Mars Science Laboratory della NASA, in partenza il prossimo novembre, ed ExoMars dell’ESA, prevista tra il 2016 e il 2018. Tutti si aspettano una risposta chiara alla domanda per la quale queste missioni vengono spedite lassù: c’è, o c’è stata, vita su Marte?

Un aiuto alla ricerca di vita extraterrestre, e quindi alla fatidica risposta, può arrivare da un nuovo “optional” di cui dotare in futuro i rover marziani. Si tratta di un laser in grado di potenziare le prestazioni di un comune strumento: lo spettrometro di massa, usato per identificare molecole, elementi e isotopi.

In un articolo pubblicato on line su “Planetary and Space Science”, un gruppo di ricercatori ha dimostrato che incorporando un laser e un imbuto per ioni nello spettrometro di massa si semplificherebbe notevolmente l’analisi delle rocce effettuata direttamente in loco, sulla superficie marziana. Senza bisogno di complicate manovre per maneggiare i campioni, com’è attualmente necessario quando si usa uno spettrometro. “La comprensione della composizione del suolo marziano, incluse possibili tracce di vita, diventerebbe molto più facile”, ha detto Paul Johnson, del Jet Propulsion Laboratory, California Institute of Technology di Pasadena, in California, e primo autore della ricerca.

Normalmente, lo spettrometro di massa funziona convertendo le molecole in ioni e misurandone con precisione la massa per farne un identikit della composizione chimica del campione. Gli spettrometri sono stati utilizzati sin dalla prima missione Viking della NASA, negli anni Settanta. Anche nel rover Curiosity del Mars Science Laboratory, ne sarà inserito uno. Il problema è che, per essere utilizzato nello spazio, lo spettrometro richiede una laboriosa preparazione dei campioni. Sulla Terrale analisi vengono fatte in una camera a vuoto, mentre a milioni di chilometri da qui diventa alquanto complicato controllare i bracci robotici del rover in modo che sminuzzino i campioni raccolti, rendendoli abbastanza piccoli da farli entrare nella camera.

Ecco allora l’idea per semplificare il lavoro: una tecnica chiamata ablazione laser. Il metodo consiste nello sparare un laser sulla superficie del campione, creando una “nuvola” di molecole e ioni che possono essere analizzate dallo spettrometro di massa. Ma come far entrare questa nuvoletta nello strumento? Semplice, con un imbuto per ioni: una serie di elettrodi circolari, progressivamente più piccoli, che incanalano il flusso di particelle cariche direttamente dentro lo spettrometro. Neanche a farlo apposta, questo imbuto lavora bene quando la pressione atmosferica è di circa 5 torr, proprio le condizioni che si verificano su Marte.

Gli esperimenti in laboratorio, su campioni di rame, acciaio inossidabile, gesso e altri materiali, hanno dato ragione all’intuizione degli scienziati. Come previsto, un piccolo strato di atomi sulla superficie si ionizza e s’indirizza dentro lo spettrometro, che poi procede alle analisi. Lo strumento non sarà pronto per salire sul primo treno in partenza per Marte, il rover Curiosity, ma i risultati sono promettenti e il prossimo obiettivo è rendere il sistema il più piccolo e leggero possibile per essere incorporato al braccio di un rover marziano.

Fonte: http://www.media.inaf.it/