Wednesday, January 5, 2011

Da Julian Qixote a "Neo" Assange: così il web incorona il suo eroe









di Simona Orlando

ROMA (10 dicembre) - Come da manuale l’attenzione mediatica su Julian Assange lo ha trasformato in eroe globale, figura sul quale il web sversa con creatività i tanti nomiglioli che lo comparano a paladini romanzeschi e cinematografici. Si parla di Julian Quixote, cavaliere errante che si applica alla diffusione di file compromettenti con spiegata predilezione e, impavido davanti ai mulini a vento, grida «quelli sono giganti e, se ne temi, fatti in disparte e mettiti in orazione mentre io vado ad entrar con essi in fiera e disugual tenzone». In effetti la sua dichiarazione dopo l’arresto «La verità vince sempre» conferma l’analogia con l’ingegnoso hidalgo: «Alla fine dei conti non potranno prevalere le male sue arti contro la bontà della mia spada».

L’altro soprannome è “Neo” Assange, che rimanda a quel “Matrix” dove «il mondo è stato messo davanti agli occhi per nascondere la verità». Lui, l’informatico australiano, rappresenta l' ”Eletto" che penetra nel sistema, esce dallo stato larvale a cui gli uomini sono ridotti e restituisce realtà e libertà alla specie.

Oppure è Julian “Sparrow”, il Capitano che difende la Perla Nera e il suo equipaggio di pirati informatici (e a sua volta è difeso dall’avvocato Mark Stephens che indossa una cravatta con disegnati teschi e tibie). Dopo aver annunciato la divulgazione di notizie riguardanti gli UFO è stato chiamato “The real Fox Mulder”, ed è il protagonista della petizione intitolata “Salviamo il soldato Assange”.

E’ il personaggio dell’anno per le riviste, già statuina dei presepi napoletani, in suo favore fioriscono e fioriranno canzoni. Ha cominciato Robert Foster nell’esilarante rap “Wikileaks vs The Pentagon: WWWAR on the Internet” e “Wikileaks vs the war on Free Speech” , con ospite il vero Assange che risponde in rima; sono seguiti il rapper inglese Dan Bull con " WikiLeaks and the Need for Free Speech", poi "The Wiki Licks song", James Cerveny con "Free Bradley Manning", dedicata al soldato incarcerato per aver dato a Wikileaks il video dell'elicottero americano che spara sui civili.

L’8 dicembre il sito Sonic Disobedience ha divulgato la “Wikileaks samba”, ode alla stampa libera che fa dondolare al ritmo di "Don't stress, free the press”, e la community degli U2 si sta mobilitando dal sito ufficiale della band. Strano che ancora nessuno abbia pensato a un tormentone tipo “Wiki Wiki eh eh, this time is for Ju-li-an”, con annesso balletto a mani giunte dei leader mondiali.

Decine di intellettuali (tra cui Noam Chomsky) hanno sottoscritto una lettera aperta di sostegno ad Assange, e diventerà presto una causa sostenuta dalle celebrità. Già fuori dal tribunale sono comparsi Jemica Khan (ex-moglie dell’idolo del cricket Imran Khan e ex-fidanzata di Hugh Grant), John Pilger (il giornalista che si batte per i diritti umani) e il regista Ken Loach, pronti a pagare la sua eventuale cauzione (negata), grati per il servizio pubblico che ha reso e quantomeno incuriositi dal fatto che le accuse di un reato a sfondo sessuale siano scattate contestualmente alle scottanti rivelazioni.

L’intera vicenda è pronta sceneggiatura di un film, dove si intrecciano Scotland Yard, Interpol, CIA, strategie da Risiko, spystory, technothriller, trame che legano ogni angolo del pianeta, complotti, ritorsioni, sabotatori, ma c’è materiale anche per un biopic sull’affascinante randagio che viaggia senza soldi, non ha fissa dimora, cambia di continuo tanto la pettinatura quanto il numero di cellulare, è scaltrissimo negli spostamenti, meno cauto quando si tratta di donne. Il totonomi per interpretare il suo ruolo è partito sui siti internet e va da Russell Crowe a Ralph Fiennes, a seconda di come si vorrà ritrarre Assange, se vittima o carnefice, santo o demonio.

Il mondo stesso si è tramutato in un set all’aperto, con hacker che annunciano che “La più grande battaglia informatica è iniziata”, colossi che corrono ai ripari, e tutti spettatori o all’occorrenza attori. Il futuro ipertecnologico che immaginavamo in pellicola è invece il presente, già da un pezzo, solo gli stanziali abitanti dei palazzi non se ne erano accorti. Segno di quanto non abbiano il polso della società, infatti tremano per rivelazioni che li riguardano e non sanno che spesso sono meno scioccanti dei sospetti che quella stessa società nutre nei loro confronti.

Intanto un trailer-parodia di questo film in divenire gira in rete, si intitola Wikileaks - The Movie ("The social leak") e prende giustamente spunto dal film “The social network” di David Fincher, perché Assange è uno, ma la rete sono tanti. L’arresto per due rapporti sessuali non protetti non cancella la slavina di documenti pubblicati di cui qualcuno, prima o poi, dovrà rendere conto. Se punti alla luna, lo sciocco resta a fissare il dito, e così fanno i chiamati in causa dal cablegate, invece di riferire sulle questioni sollevate insistono sulla persona, con un impianto accusatorio che finora rasenta il ridicolo. Il web però non si fa distrarre. Ne hanno preso uno, ne rimangono migliaia perché Wikileaks non è un uomo, un dominio o una redazione, ma una fitta maglia mondiale che attraverso notizie con allegati documenti originali vorrebbe lasciare il minor margine possibile alle interpretazioni e concentrarsi sui fatti. La gran paura che desta nei potenti non fa che confermare i motivi per cui è nato.

Per proseguire con le metafore letterarie e cinematografiche alcuni disobbedienti telematici hanno contrattaccato con l’operazione “A for Assange”, evocando la graphic novel di Alan Moore - poi divenuta film - “V for Vendetta”, e hanno colpito Mastercard, Paypal, Visa, Amazon, aziende colpevoli di aver tagliato i servizi forniti a Wikileaks. Non sono affiliati di Assange ma anonimi e autonomi cyberguerrieri che, coi metodi giusti o sbagliati che siano, condividono la sua battaglia. Anche nel film, la notte in cui i simboli del potere crollano, tutti i cittadini indossano la maschera beffarda di Guy Fawkes. Per riprendersi la propria identità diventano tutti “V”.


Fonte: http://www.ilmessaggero.it/


Visita: http://freeassange.org

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