Wednesday, December 7, 2011

Francia, blitz multipli di Greenpeace contro le centrali nucleari

PARIGI - Diverse centrali nucleari sono state fatte oggetto di blitz dimostrativi di Greenpeace nell'ambito di una campagna per denunciare la scarsa sicurezza degli impianti francesi. Militanti di Greenpeace sono riusciti a introdursi questa mattina nella centrale nucleare di Nogent-sur-Seine, 95 km a sud est di Parigi. Con un comunicato l'organizzazione rende noto di aver effettuato il suo blitz verso le 6 del mattino. Il fatto che siamo riusciti a entrare nella centrale, dice il comunicato, «serve a far passare il messaggio che il nucleare sicuro non esiste». Altri blitz - lo denuncia la Gendarmeria - sono stati sventati nei siti di Blaye e Cadarache mentre gli attivisti dell'organizzazione sono riusciti a issare i loro stendardi anche presso le centrali di Chinon e Blayais.

L'intervento più spettacolare è stato quello a Nogent-sur-Seine, la centrale più vicina alla capitale Parigi. «Alcuni nostro militanti sono riusciti a salire sulla cupola di uno dei reattori e hanno dispiegato uno striscione con la scritta IL NUCLEARE SICURO NON ESISTE» ha detto il portavoce di Greenpeace Axel Renaudin.
Il nostro obbiettivo - ha aggiunto Sophia Majnoni, responsabile nucleare dell'associazione - è dimostrare la debolezza degli impianti nucleari francesi, dimostrata dalla facilità con cui è possibile entrare al loro interno».
Le autorità di governo, ha proseguito preannunciando il varo di una campagna di Greenpeace sul tema sicurezza, hanno sottovaluto i rischi «già individuati e non hanno tratto alcuna lezione dai fatti di Fukushina».
La scelta della centrale di Nogent-sur-Seine come obbiettivo, spiega infine Greenpeace, non è casuale. Quella di Nogent «Ã¨ la centrale più vicina a Parigi».
La Francia ottiene dal nucleare il 75% della sua produzione di energia elettrica e ha un parco di 58 reattori.

Gli «stress test» in corso nelle centrali UE - Greenpeace, che oggi ha condotto delle azioni spettacolari in Francia per dimostrare la facilità con cui degli estranei possono penetrare nelle centrali nucleari e metterne a rischio la sicurezza, ha criticato duramente quanto è emerso finora dai «test di resistenza» condotti negli impianti europei, negando che sia possibile il concetto stesso di «centrali sicure».
Dopo il disastro verificatosi nella centrale di Fukushima, a seguito dello tsunami del marzo scorso in Giappone, l'Ue ha deciso di effettuare in tutte le 143 centrali nucleari presenti sul suo territorio una serie di «test di resistenza», (stress test) basati su criteri comuni e su un calendario concordato.
I test hanno l'obiettivo di verificare se le centrali nucleari siano in grado di resistere agli effetti di catastrofi naturali come quella di Fukushima, errori umani, guasti o difetti tecnici (come il blocco dell'alimentazione elettrica e del sistema di raffreddamento verificatisi sempre a Fukushima), incidenti come la caduta di aerei e attacchi intenzionali come attentati terroristici. L'industria nucleare ha aderito subito all'iniziativa, considerandola come un'opportunità per rassicurare l'opinione pubblica, scossa dalla tragedia di Fukushima, sulla sua capacità di controllare i rischi delle centrali.

Tutti i 14 Stati membri che gestiscono centrali nucleari (Belgio, Bulgaria, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Regno Unito e Ungheria) e la Lituania, dove è in fase di smantellamento l'ultima unità di produzione, partecipano ai test di resistenza. Anche diversi paesi vicini dell'Unione europea, come la Svizzera e l'Ucraina, hanno deciso di partecipare attivamente ai test, mentre altri hanno confermato il loro impegno in questo senso.
Nella prima fase, i gestori degli impianti erano tenuti a presentare entro il 15 agosto un primo rapporto alle autorità nazionali di regolamentazione, che a loro volta dovevano inviare una prima relazione intermedia nazionale alla Commissione europea entro il 15 settembre.
La seconda fase prevedeva che i gestori presentassero i loro rapporti definitivi entro il 31 ottobre scorso alle autorità nazionali, che a loro volta dovranno inviare una relazione finale all'Ue entro la fine dell'anno. Le relazioni nazionali finali saranno sottoposte a un processo di revisione fra pari (peer review) a cui parteciperanno, con poteri d'ispezione in loco, esperti della Commissione Ue e di altri Stati membri. I risultati finali della peer review saranno presentati dalla Commissione al Consiglio Ue nel giugno 2012 e resi pubblici, insieme ai rapporti definitivi nazionali.

Il 24 novembre, intanto, la Commissione ha pubblicato un'analisi provvisoria sull'esito dei test, in base alle relazioni intermedie. L'Esecutivo Ue presenterà le sue prime conclusioni al vertice europeo del 9 dicembre, e propugnerà la definizione di criteri comuni europei in materia di ubicazione, progettazione e gestione delle centrali nucleari, un rafforzamento dell'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione che rilasciano le licenze ed effettuano controlli 'in situ', l'adozione di piani transfrontalieri di gestione del rischio nucleare per essere più attrezzati a gestire in modo coordinato eventuali emergenze, un approccio europeo alla responsabilità, per fare in modo che tutte le vittime di eventuali incidenti ricevano la medesima compensazione.
Secondo Greenpeace, invece, per quanto è emerso finora i test di resistenza «hanno completamente ignorato i piani di evacuazione per città e metropoli vicine agli impianti, nonostante il fatto che 19 centrali nucleari siano ubicate in un raggio di soli 30 km da centri urbani con più di 100.000 abitanti». Inoltre, ha sottolineato l'organizzazione ambientalista, «in molti casi non è stato preso in conto né il rischio di guasti multipli ai reattori, come nel caso di Fukushima, né la minaccia di caduta, incidentale o intenzionale, di aerei di grandi dimensioni» come i Boeing 767 usati per l'attacco terroristico alle Torri gemelle di New York, l'11 settembre 2001.

Fonte: http://www.diariodelweb.it

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