La radioastronomia studia lo spazio attraverso l’osservazione astronomica nello spettro elettromagnetico, oltre la limitata “finestra” della radiazione luminosa.
L’osservazione effettuata con i
radiotelescopi, dotati di potenti antenne realizzate per rilevare
radiazioni elettromagnetiche di differenti lunghezze d’onda e la cui
analisi ci consente di avere informazioni sulle varie aggregazioni di
materia che compongono l’universo e sui fenomeni che in esso avvengono,
ha un limite preciso ed invalicabile: ci fornisce dati di un passato remoto.
Infatti i segnali cosmici che vengono
ricevuti sulla terra sono stati generati fino ad alcune decine di
migliaia di anni fa, quando provenienti dalla Via Lattea (che è la
nostra galassia), oppure anche milioni o addirittura miliardi di anni
fa, se i segnali provengono da sistemi extragalattici.
E
ciò perché le onde elettromagnetiche viaggiano alla velocità della
luce, velocità che, allo stato delle nostre conoscenze attuali, non è
superabile.
Ciò ha comunque una grande validità,
perché ci consente di conoscere come si è creato il mondo, ma tuttavia
non ci consente di sapere come il mondo lontano è in effetti adesso e
cosa accade.
E’ da decenni che l’uomo scandaglia senza successo l’universo alla ricerca di segnali extraterrestri artificiali.
C’è da dire che, ammesso che
riuscissimo a captare un messaggio proveniente da un pianeta
appartenente al sistema di una stella vicina, ciò significherebbe
comunque che il segnale è stato trasmesso molti anni fa e che anche se
rispondessimo, il nostro ipotetico interlocutore probabilmente sarebbe
già morto prima di avere la nostra risposta.
La situazione potremmo paragonarla a
quella di due ipotetici giocatori di scacchi di due secoli fa, ubicati
uno in Europa ed uno in Cina, che volessero usare un messaggero a
cavallo per comunicarsi vicendevolmente la propria mossa.
Il
commento ad una situazione del genere è semplice: quei due non potevano
giocare. Oggi, via web, è invece possibile. Ma all’epoca internet non
c’era. E non era neppure ipotizzabile.
Il motivo dell’insuccesso, finora,
dell’ascolto di segnali alieni, probabilmente non è tanto dovuto al
fatto che vengono usati strumenti tecnologicamente non adeguati ma,
molto più probabilmente, al fatto che si sta operando in un campo non
idoneo allo scopo.
Più o meno come quel tizio che vorrebbe vedere con le orecchie: le orecchie non sono adatte per vedere, ma solo per sentire.
Le telecomunicazioni, così come sono
oggi conosciute, sono più che adeguate per comunicare sulla terra e, con
qualche limite, entro qualche miliardo di Km da essa. Ma,
probabilmente non lo sono per comunicare fuori dal nostro sistema
solare.
In verità non abbiamo altre opzioni, ma non è nemmeno detto che queste non esistano.
Il
fatto è che prima che venisse inventato o scoperto qualcosa di nuovo,
determinate cose sono sempre state ritenute impossibili. E spesso
neppure ipotizzabili.
Nel caso di nuove invenzioni, come
l’aereo, l’uomo di due secoli fa poteva tuttavia concepire il volo; il
fatto che non poteva volare risiedeva solo nel fatto che la tecnologia
non lo consentiva.
Nel caso della radio, il problema,
invece non era nemmeno concepibile dal più fantasioso scrittore, in
quanto le onde elettromagnetiche non erano state scoperte e nessuno
aveva idea che potessero esistere.
Ritengo che dobbiamo attendere ancora una nuova sensazionale scoperta scientifica, prima di fare un passo avanti in questo campo e che al momento stiamo solo sprecando tempo ed energia.
Però è da prendere in considerazione un’altra variabile.
I pianeti che possono ospitare la vita potrebbero trovarsi a livelli evolutivi molto diversi tra essi.
E sapendo che la storia umana non
rappresenta che un’infinitesima porzione del processo di evoluzione
della terra, risulta molto difficile che due civiltà ubicate in pianeti
differenti possano intersecarsi a livello temporale.
Ma, pur limitandoci alla nostra
galassia, che conta 200 miliardi di stelle, voglio sperare che questo
non rappresenti un problema per poter comunicare, prima possibile, con
altri mondi.
Fonte: http://www.meteoweb.eu
Commento di Oliviero Mannucci: Più che aumentare la dimensione delle parabole dei nostri radiotelescopi, molti scienziati dovrebbero aumentare l'apertura del loro cervello, ogni giorno vengono avvistati centinaia di oggetti che confermano che siamo visitati da una o più civiltà evolute, ma la "scienza" si rifiuta di accettare questa realtà perchè ancorata alla vecchia credenza tutta terrestre che non si possano superare grandi distanze interstellari perchè la velocità della luce non è superabile dai fotoni. Fino a quando non smetteremo di rahgionare in maniera "omocentrica" non potremo mai entrare in contatto con esseri che hanno una tecnologia molto più avanzata della nostra e che considerano le onde radio un mezzo di comunicazione assai obsoleto, soprattutto a livello interstellare. Terrestri che cercano di comunicare con altre civiltà attraverso le onde radio, sta come i selvaggi che tentano di fare la stessa cosa con il tam tam. Quando alcuni scienziati capiranno questa semplice verità? Qualcuno del SETI, per fortuna ha cominciato a capire, nel Settembre del 2008 durante un convegno mondiale del SETI a Parigi il dott. Labeque, astrofisico dell'Università di Orsay disse: Cari colleghi, continuiamo pure a cercare gli ET con i metodi tradizionali, ma rendiamoci conto che "SOMETHING IS HERE", qualcosa è qui. E citò un famoso caso di avvistamento fatto da sei ufficiali dell'USAF nel 1957 a bordo di un RB47, aereo fornito di apparecchiature per le contromisure elettroniche, che mentre sorvolava gli USA in un volo di routine, venne affiancato da un UFO per più di un ora che stava comunicando con qualcuno sulla frequenza di 3 GHZ, probabilmente con la propria astronave madre, in quanto la frequenza in questione può essere usata solo a breve distanza.
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