#statesereni,
se non ci pensa il nostro governo c’è zio Sam che lavora per noi. E ci
promette che nel 2018, non solo avremo tante belle nuove bombe nucleari,
ma soprattutto che anche i nostri cacciabombardieri tricolori saranno
in grado di portarle. E non solo gli F-35, quando arriveranno, ma anche i
Tornado. Non speriate tuttavia che a dircelo siano i nostri beneamati
governanti. Lo sappiamo infatti perché a Washington hanno pubblicato i
documenti di bilancio per il 2015. Solo per le attività di ricerca e sviluppo dell’Aeronautica militare ci sono ben 830 pagine dettagliatissime. A pagina 617 troviamo la descrizione del programma di ammodernamento delle armi nucleari di cui vi abbiamo già parlato.
Sono
undici fitte pagine di numeri e tabelle che spiegano per filo e per
segno (ma perché si dice per “filo e per segno”?) come saranno le nukes del nostro futuro. E ci dicono che nel 2015 comincerà anche l’ammodernamento e l’adeguamento degli aerei italiani
che le potranno portare. La tabella è a pagina 626: vi sono elencati,
oltre agli F-15, F-16 e B-2 anche i PA-200, cioè i Tornado. Questi
cacciabombardieri sono in servizio in Gran Bretagna (che però non usa
bombe nucleari a caduta), Germania e Italia. I nostri stanno a Ghedi, al
6° Stormo, dove, guarda la coincidenza, ci sta anche un reparto
americano il 704th Munitions Support Squadron il cui solo mestiere è custodire le bombe per i nostri aerei.
Mi raccomando: non fatelo sapere al nostro governo. Non alla ministra Pinotti, non al sottosegretario Alfano che venerdì scorso ha tentato un’ardita arrampicata sugli specchi per non rispondere ad una interrogazione del M5S
precisamente su questi argomenti. Magari potrebbero scoprire che gli
italiani hanno dei bombardieri nucleari (a loro insaputa?) e gli
potrebbe anche venire il sospetto che a prendere le decisioni non siano
loro ma gli americani. Una delusione troppo forte per dei
modernizzatori.
Ma dove dovrebbero portarle, queste bombe? Dipende dalle vostre personali inclinazioni. C’è l’Iran che, sì, sta facendo gli accordi per il nucleare, ma non si sa mai. La Siria è ancora piena di gas nervino e chissà se davvero se ne vuole liberare. L’Iraq? Beh, quello lo abbiamo già messo fuori gioco, un bel knockout così la smette di minacciarci con le sue Wmd, le armi di distruzione di massa che ancora non si sa dove siano nascoste. La Corea sta un po’ lontana, per ora.
Male che vada c’è il neo-zar Putin che ci dà tante belle occasioni per sentirci in pericolo. Così in pericolo che Barack YesWeCan ci ha ricordato l’altra settimana che non è tempo di disarmare. Soprattutto se si tratta di comperare aerei americani come del tutto casualmente sono gli F-35. È vero, da Matteo #lavoltabuona, quest’omino che Berlusconi
invidiava per la sua abbronzatura, c’è stato solo venti minuti, in un
ritaglio di tempo dopo essere stato dal Papa e prima di andare dal
sultano dell’Arabia Saudita. Più che sufficienti
tuttavia perché il velociraptor di palazzo Chigi afferrasse il concetto e
se qualcuno sperava in un ravvedimento operoso per gli F-35 si è dovuto
ricredere in fretta.
B61-12
è la sigla delle nuova arma che sostituirà tutte le bombe a caduta
libera attualmente in servizio, da quelle tattiche più piccole a quelle
sub-strategiche. Un’unica arma per cento missioni: il segreto sta in
quello che i tecnici chiamano variable yield, la potenza variabile. Si potrà selezionare la capacità distruttiva dell’arma in base alla missione. E sarà soprattutto un’arma più precisa. Avrà infatti un Tka, tailkit assembly,
un sistema di guida posto sulla coda dell’arma, controllato
eventualmente con un gps se la situazione delle contromisure
elettroniche lo dovesse consentire. La precisione della B61-12 è
segreta, ma un rapporto di Hans M. Kristensen, uno dei massimi esperti mondiali di armi nucleari, pubblicato dalla Federation of Atomic Scientists
statunitense, parla di un errore massimo di 5 metri se il gps è in
funzione, 30 metri se non potesse essere utilizzato. Secondo Kristensen
ciò significa che un eventuale attacco contro la centrale nucleare
sotterranea di Fordow, in Iran, potrebbe essere condotto utilizzando
un’arma da 10 kiloton anziché 360 kt. Con il risultato di ridurre
notevolmente le radiazioni e le vittime.
Se ve la sentite di giocare con l’apocalisse, potete anche fare un giochino molto serio: vedere voi stessi l’effetto che fa utilizzando Nukemap, un simulatore degli effetti di un bombardamento nucleare messo a punto da Alex Wellerstein dell’American Institute of Physics.
Quando l’ho aperto, il puntatore si è fermato su Firenze. Un complotto
di Renzie? Tant’è. Ho provato a lanciare un bomba da 360 kt sopra la
capitale toscana e poi una da 10. Quest’ultima ha fatto 12.500 morti e
una piuma radioattiva larga 7,46 chilometri e lunga quasi cento. La
prima, di morti ne avrebbe provocati oltre 120 mila e si sarebbe estesa
per 302 chilometri su una larghezza di oltre 55.
Bene, potrebbe
pensare qualcuno. Male, molto male pensa lo stesso Kristensen. Che fa un
ragionamento senza una grinza: se riduciamo gli effetti collaterali
aumentiamo la possibilità che le armi nucleari diventino un’opzione militare
possibile e praticabile. I meno giovani tra di voi ricorderanno
l’insulso dibattito all’inizio degli anni Ottanta sulla bomba N, la
bomba ai neutroni: discussione che girava proprio attorno
all’utilizzabilità dell’ordigno. Kristensen fa queste affermazioni prove
alla mano. Che sono assolutamente autorevoli, perché cita dichiarazioni
di Norton Schwartz, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica statunitense
che dice: “Senza dubbio, una maggiore precisione e una minore potenza
costituiscono una auspicata capacità militare”. Più chiaro di così.
Naturalmente,
a prescindere dalle considerazioni etico-politiche sull’opportunità di
avere bombe atomiche in casa nostra, tutte queste modifiche ce le
dovremo pagare noi. Non so le bombe, ma di sicuro gli aerei, quelli sì. E
non sono modifiche da poco. Non è che una bomba nucleare si appende e
via. Bisogna integrare o modificare vari computer e sistemi di bordo: il
Programmable Armament Control System (Pac), l’Operational Flight Program (Ofp), il Joint Mission Planning System (Jmps) e il Combat Weapon Delivery Software
(Cwds). Tutti sistemi complessi e costosi. Bisognerà poi procedere
all’addestramento dei piloti e dei tecnici. Insomma, una bella quantità
di soldi. Parliamo di milioni di euro. Loro decidono e noi paghiamo, al
netto della spending review. Mi sa che stavolta non basterà vendere le
automobili su eBay.
Toni De Marchi
Fonte
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