Saturday, February 8, 2020

U.F.O CRASH DI KINGMAN (Arizona - U.S.A)




Fu Richard Hall, allora noto ricercatore U.F.O del MUFON ( Mutual U.F.O Network)  a parlare per primo di questo importantissimo caso ufologico. La storia gli venne raccontata da un marine che più avanti avrebbe prestato servizio in Vietnam. 


 

 Il caso in questione, pensate, arrivò al grande pubblico solo nel 1973, grazie a Raymond Fowler, un inquirente U.F.O molto stimato nell'ambiente ufologico di allora. Un ingegnere era presente sul sito dell'incidente, si chiamava Arthur G.Stancil, aveva l'incarico di effettuare studi preliminari sull'astronave precipitata, si tratta di studi di retroingegneria quindi. Dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria meccanica presso l’Università dell’Ohio, Stancil ottenne un impiego presso l’ Ufficio Studi Speciali dell’ Air Materiel Command della base militare di Wright Patterson.

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Arthur G.Stancil



 Le sue specializzazioni comprendevano la progettazione tecnica dei motori sperimentali dell’Air Force e la ricerca e lo sviluppo di tecniche per determinare gli effetti degli spostamenti d’aria su edifici e strutture. Il capo degli studi speciali presso cui Stancil lavorava era il dott. Eric Wang, il quale, secondo diverse fonti, coordinava anche un team impegnato in studi di retroingegneria su un ricognitore alieno. Stancil sottoscrisse una dichiarazione giurata su quanto da lui riferito, che fu pubblicata da Ray Fowler sulla rivista UFO Magazine, nell’aprile del 1976.


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Richard Hall del MUFON


I FATTI

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 Il 21 maggio 1953 Stancil (che in quel periodo stava partecipando all’operazione Upshot-Knothole, sulla sperimentazione atomica) venne chiamato dal suo capo che gli affidò un incarico speciale presso la base militare di Indian Springs, dove lo stavano attendendo altri  altri 15 specialisti. Fu quindi trasferito da un aereo militare fino a Phoenix, ove, assieme al resto della squadra, lo attendeva un autobus con i finestrini oscurati che  dopo un viaggio della durata approssimativa di quattro ore li portò a destinazione. Quando il team giunse presso il sito, più o meno a sud-est di Kingman, un colonnello dell’Air force molto zelante, spiegò loro che essi avrebbero dovuto investigare su un veicolo super segreto  precipitato e che non avrebbero dovuto far parola a nessuno di quanto avrebbero visto.   Il compito di Stancil era, determinare la velocità del veicolo al momento dell’impatto sulla sabbia.
Stancil venne quindi scortato al sito del crash dalla polizia militare. Era buio ma due potenti riflettori  erano puntati sull’oggetto in avaria che era sorvegliato da diverse guardie. Le luci erano così intense che non era possibile distinguere l’area circostante. Il ricognitore, di apparenza ovale,  assomigliava a due larghi dischi rovesciati l’uno sull’altro. Il diametro era di circa nove metri, con superfici convesse sia in alto che in basso. Parte del disco era conficcata nel terreno e sembrava costruito con un metallo argenteo opaco, simile ad alluminio limato. Il metallo era più scuro dove i bordi dei due dischi formavano un orlo, intorno al quale, nel terreno circostante c’erano quelle che sembravano ad impronte. Un portello ricurvo aperto era situato all’estremità in primo piano ed era abbassato in verticale. C’era una luce che proveniva dall’interno, ma poteva essere stata installata dall’Air Force. Stancil aveva l’incarico particolare di determinare, dall’angolatura e dalla profondità dell’impatto nella sabbia, i limiti di velocità del veicolo in avanti ed in verticale al momento dell’impatto. L’urto aveva fatto sprofondare l’oggetto nella sabbia di circa mezzo metro. Non c'erano carrelli per l’atterraggio. Non vi erano nemmeno altri segni o dentellature sulla superficie, né scalfitture o screpolature. E non fu data alcuna risposta a problemi che esulavano dalle rispettive aeree di specializzazione dei tecnici. Nei pressi del ricognitore discoidale c'era una tenda sorvegliata da un militare armato. Stancil sbirciando vide al suo interno quello che sembrava un cadavere dalla forma quasi umana alta circa un metro e venti che indossava una tuta argenteo- metallica. Aveva la pelle del volto marrone scuro e sulla testa era presente una sorta di copricapo metallico. Non appena uno degli specialisti terminava il suo lavoro, veniva intervistato con un registratore a nastro e  prontamente accompagnato al bus con i vetri oscurati. Mentre stava tornando al mezzo di trasporto, Stancil scambiò due parole con un altro tecnico che stava tornando al bus nello stesso momento. Questi disse che era riuscito a dare un’occhiata all’interno del disco ed aveva visto due sedili girevoli, oltre ad una serie di strumenti ed oggetti in rilievo. 
Un militare si accorse che i due stavano parlando e li divise immediatamente, e li rimproverò avvertendoli di non discutere più tra loro.  Un militare si accorse che i due stavano parlando e li divise immediatamente, avvertendoli di non discutere più tra loro.  Stancil non rivide più i suoi occasionali compagni di viaggio, anche se però credette di averne riconosciuto un paio: uno di essi era di stanza presso la base aerea Griffith di Rome (New York), mentre l’altro era coinvolto ad un lavoro di ricerca su armi speciali dell’Air Force con base ad Albuquerque, New Messico. Molto tempo dopo, Stancil vide e riconobbe il colonnello dell’Air Force in un film sul progetto Blue Book. Stancil confidò inoltre a Fowler che esattamente a distanza di un anno da quella  sua esperienza fu assegnato come collaboratore al progetto Blue Book, in qualità di addetto alla consulenza e disse di aver simpatizzato con l’atteggiamento di segretezza dell’Air Force nel trattare il problema UFO, inoltre aggiunse che L’Air Force non sapeva da dove provenivano gli UFO, pur essendo  sicuramente convinta che fossero veicoli interplanetari. Ma gli “alti papaveri” del governo non sapevano come controllare la situazione e non si voleva creare il panico a livello nazionale.

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Raymond Fowler

 Stando a quanto riferito dal ricercatore Raymond Fowler le credenziali di Arthur Stancil erano sicuramente impressionanti: “c’erano alcune contraddizioni relative alle mie indagini, ma per lo più sembravano rientrare tutte nell’ambito dei vuoti di memoria e delle esagerazioni da parte dei testimoni. Ex impiegati e conoscenti professionisti avevano una profonda stima di Stancil e lo descrivevano tutti come una persona di grande competenza e profonda moralità. I documenti raccolti su di lui- proseguiva Fowler-  indicano che ha pubblicato un discreto numero di saggi tecnici molto validi scientificamente, che ha due lauree in fisica e matematica ed una specializzazione in ingegneria e che fa parte di organizzazioni professionali di rilievo, come l’America Association for the Advancement of Science”.
Insomma Fowler era fermamente convinto dell’attendibilità del testimone, il quale mostrò al ricercatore anche un diario da lui redatto in quei giorni e che recava appunti  sull’incredibile evento occorso in data 21 maggio 1953.
Il caso venne riesumato successivamente da Leonard Stringfield, studioso specializzato in materia di UFO crash, il quale ne ricavò le identiche impressioni di Fowler: la storia di Stancil era decisamente interessante e  sicuramente meritevole di ulteriori approfondimenti.
Stringfield riuscì nel 1977 a scovare un altro testimone dell’incidente: Un uomo che aveva fatto parte della Guardia Nazionale a Wright Patterson, affermò di aver assistito nel 1953 ad un “recupero” di un UFO da un sito in Arizona, dove appunto era precipitato.  Aggiunse che erano stati recuperati tre corpi che furono conservati nel ghiaccio secco. La descrizione degli esseri è la medesima fatta da Stancil: altezza un metro e venti circa, teste larghe e pelle marrone.
Una storia quasi identica venne riferita al ricercatore Charles Wilhelm, nel 1966, da un uomo che l’aveva sentita dal padre sul letto di morte.
Ulteriori elementi sul caso Kingman sono emersi in epoca più recente.

Bill Uhouse

Bill Uhouse (pseudonimo), un ingegnere meccanico di Las Vegas coinvolto in progetti segreti del governo USA a Dreamland ed a Los Alamos, ha fornito nuovi interessanti particolari sulla vicenda.
 Egli avrebbe fatto parte di un team di scienziati impegnati in studi di retroingegneria su veicoli di origine extraterrestre.
Stando alle dichiarazioni di Uhouse  quattro alieni sopravvissero all’incidente di Kingman nel 1953, dei quali due apparivano gravemente feriti ed altri due in buone condizioni.
Alle entità incolumi fu permesso di rientrare nella propria navicella, mentre il resto dell’equipaggio fu trasportato presso un’installazione medica non meglio specificata (probabilmente la Blue Room della base aerea di Wright Patterson). A quanto pare, la squadra di militari che ispezionò il disco precipitato venne colpita da una  malattia sconosciuta.
Il disco venne poi caricato a bordo di un rimorchio e trasportato al Nevada test site.
 L’ingegnere americano afferma inoltre che gli eventi di Kingman diedero luogo al programma diretto alla progettazione ed alla costruzione di un simulatore di volo che avrebbero utilizzato  piloti militari USA per imparare a pilotare le navicelle aliene ( Red Ligth Project ).
Anche il controverso rivelatore Dan Burisch ha fornito dati su un presunto crash in Arizona nel 1953. Egli ne sarebbe venuto a conoscenza nel corso di un briefing del Majestic-12, il gruppo top-secret di studio sulla questione extraterrestre.
Gli elementi forniti da Burish coincidono con quelli di Uhouse: una semplice coincidenza? Credo proprio di no.


Oliviero Mannucci




















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