Thursday, October 22, 2020

La casa dei sogni con vista stelle: «Così costruisco palazzi su Marte»

          La prima città su Marte è progettata da una ricercatrice italiana

Valentina Sumini, 35 anni, alessandrina, collabora con Bezos, il Mit e la Nasa per progettare condomini e hotel extraterrestri. E si occupa anche del guardaroba degli astronauti: con tute che si ispirano ai cavallucci marini 

 

Un accordo tra il governo italiano e la Nasa promette di riportare gli astronauti sulla Luna entro i prossimi cinque anni. La Terra ormai non basta più, vogliamo uscire a rivedere le stelle o forse, visti i tempi, ci accontentiamo di trovare un posto libero dagli assembramenti e dal coronavirus. Se la corsa allo spazio è ritornata di attualità nelle agende politiche ed è considerata una strada sempre più percorribile, il merito è anche di Valentina Sumini, trentacinquenne alessandrina Space Architect presso il Mit di Boston, ovvero un’architetta che ha il compito di progettare habitat spaziali e sviluppare design che consentano di sopravvivere in ambienti estremi.

Da qualche mese, inoltre, Sumini è docente di un nuovo corso, il primo in Italia e uno dei primi in Europa, al Politecnico di Milano: Architecture for human space exploration. Prima di salire in cattedra, dei gruppi di lavoro con colleghi della Nasa e dell’European Space Agency, di un postodottorato nella facoltà più prestigiosa del mondo per quanto riguarda la tecnologia, prima di diventare consulente per l’azienda di Jeff Bezos Blue Origin, dopo un’infanzia trascorsa a giocare con le astronavi che le regalava suo papà, per l’architetta spaziale c’è stata l’iscrizione al Politecnico di Torino, e una tesi sui comportamenti sismici degli edifici storici. 

         Valentina Sumini, l'architetto del MIT che progetta case sulla Luna e Marte

Da corso Duca degli Abruzzi alle stelle. Dal passato remoto a un futuro che noi umani non riusciamo nemmeno a immaginare. «Mi ha aiutato avere molti interessi. Ho cominciano iscrivendomi alla facoltà di Architettura. Progettare un edificio dal niente mi ha sempre affascinato molto, ma mi piacevano molte altre cose in realtà. Sulla scia di Star Wars ho sempre avuto il sogno del teletrasporto. Durante i primi anni di università, però, mi sembrava ancora fantascienza. Valentina Sumini ha capito che i suoi sogni potevano diventare realtà subito dopo la prima laurea: «Il mio primo progetto concreto l’ho realizzato quando frequentavo l’Alta scuola Politecnica, un progetto congiunto tra Torino e Milano. Lì ho disegnato un hotel sulla Luna e grazie alla collaborazione con designer, ingegneri, aziende come la Thales Alenia Space è scoccata la scintilla. Ho compreso che stavamo immaginando qualcosa di molto concreto e verosimile, che mettendo insieme molte teste e molte conoscenze diverse in più discipline, la multiplanetarietà sarebbe potuta diventare un traguardo raggiungibile». Per adesso dobbiamo accontentarci della Luna. «Per la mia generazione, è il posto più raggiungibile . Ma arriveremo anche su Marte, forse intorno al 2050. Ci stiamo lavorando».

Il suo contribuito alla causa della nostra sopravvivenza al di fuori della Terra è molteplice e comprende disegni per design d’interni, ponti, case, serre, packaging spaziale, la Redwood Forest, ovvero un’avveniristica città ideata per permettere agli uomini di vivere su Marte e uno speciale esoscheletro ispirato dai cavallucci marini. «Si tratta di un dispositivo robotico con una coda prensile che viene inserito dentro una tuta e aiuta gli astronauti a muoversi in assenza di gravità. Tutti i nostri lavori vengono pensati, discussi e realizzati in sinergia con astronauti, biomedici,ricercatori, astronauti. un lavoro di squadra che ha l’obiettivo di trovare strumenti che rendano la corsa allo spazio innovativa, sicura, accessibile, anche in assenza di gravità. Valentina Sumini, la sua formazione e la sua competenza sembrano essere un’eccezione in un pianeta dominato (quasi esclusivamente) dai maschi.

«Per fortuna qualcosa sta cambiando e lo spazio non è più un posto riservano agli uomini. Le donne stanno emergendo anche in questo settore. La mia classe al Politecnico, per esempio, oltre che essere molto internazionale, è anche mista: ci sono 90 studenti, equamente divisi tra uomini e donne. Finalmente si è compreso che una squadra eterogenea ha meno probabilità di fallimento: le donne ascoltano di più e curano di più i dettagli. È un fatto. A chi le chiede quando vedremo la prima donna sulla Luna lei risponde con un sorriso tutt’altro che astratto. «Nel 2024, oltre al tredicesimo uomo, con ogni probabilità sulla Luna scenderà anche la prima donna. Ovviamente non posso che fare il tifo per Samantha Cristoforetti». 

Giorgio Mecca 

Fonte 

 

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