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Scritto da Federica Vitale Lunedì 27 Dicembre 2010 17:05 | |
È nota come 'l’anomalia di Pioneer'. Si tratta della misteriosa deviazione nella prestabilita traiettoria che avrebbero dovuto seguire le due sonde Pioneer 10 e Pioneer 11, lanciate nei primi anni ’70 dalla Nasa verso gli estremi confini del sistema solare.
Per decenni le due sonde hanno viaggiato in direzioni opposte, fino a quando una forza sconosciuta le ha spinte lontano dai rispettivi obiettivi. Durante il loro viaggio, infatti, hanno coperto uno spazio inferiore a quanto gli astronomi avevano prospettato, lasciando tutto il mondo dell’astronomia alle prese con un mistero che sembra, a tutt’oggi, sfidare le leggi della fisica.
“Qualcosa le sta rallentando”, constatò John Anderson, scienziato al JPL (Jet Propulsion Laboratory) di Pasadena, in California. E, in effetti, sebbene dall’epoca del lancio entrambe le sonde abbiano oltrepassato il pianeta Giove, il team di ricercatori che collabora con Anderson sta cercando di determinare in realtà cosa possa aver decelerato la loro corsa. Il dilemma sorse allorché gli astrofisici notarono che Pioneer 10 aveva inaspettatamente rallentato la propria corsa; per questo si suppose che un oggetto sconosciuto avesse in qualche modo esercitato un’influenza sulla sonda. Dovettero ricredersi quando una forza misteriosa stava esercitando la stessa resistenza anche nei confronti di Pioneer 11 che, in quel momento, si trovava nella parte opposta del sistema solare. “La medesima forza punta al sole in entrambi i casi”, spiegò Anderson. E gli scienziati analizzarono la variazione Doppler dei segnali radio per calcolare le loro distanze. I risultati ottenuti esclusero che le navicelle avessero prodotto inavvertitamente una forza sconosciuta o che la variazione della traiettoria fosse dovuta ad un errore delle strumentazioni o, ancora, alla perdita di propellenti. In seguito, si prese in considerazione uno studio dell’orbita di Plutone. Anche quest’analisi non fu in grado di escludere la possibilità che una forza agisse su di esse. Un analogo studio, prese in esame i satelliti di Nettuno: Tritone, Nereide e Proteus. La conclusione fu che una energia simile a quella che agisce sulle sonde Pioneer non può essere la stessa che agisce su questi satelliti. Infatti, le perturbazioni che ne deriverebbero sarebbero troppo grandi per sfuggire ad un rilevamento.
Una delle imprese che le sonde Pioneer avrebbero dovuto compiere, oltre studiare e fotografare Giove ed i suoi satelliti, era quella di oltrepassare il confine del sistema solare, e di navigare finché non fossero state intercettate dagli alieni. Concordemente a quest’ultima ipotesi, una placca metallica posta su entrambe le sonde recava un messaggio pittografico.
Erano raffigurate le immagini di un uomo e di una donna, con il profilo della sonda stessa. Era disegnata anche la sua traiettoria e la partenza dal terzo pianeta, la Terra appunto. Questo sarebbe stato un messaggio di saluto per un’eventuale civiltà extraterrestre. Fiduciosi che sarebbe stato compreso.
Un’ipotesi più realistica si deve a Michael Martin Nieto, scienziato di Los Alamos e studioso da anni del dilemma di Pioneer. Secondo Nieto, il problema potrebbe essere dovuto al calore generato dai reattori nucleari. Tale calore produce raggi infrarossi che, rimbalzando sull’antenna, producono una spinta in direzione opposta.
Un’altra possibilità, contemplata sempre dallo studioso, potrebbe essere il vento solare. Ma, aggiunge, tale spinta “si può calcolare ed è trascurabile nelle zone più esterne del sistema solare”. E se ci fossero, in quelle regioni così lontane, pianeti sconosciuti che facciano ‘da freno’ con la loro attrazione gravitazionale? Le diverse traiettorie delle sonde confuterebbero tale ipotesi: la presenza di un ipotetico pianeta gigante è da escludere visto che l’anomalia è stata registrata da entrambe e in zone diametralmente opposte.
Pioneer 10 ha da tempo superato l’orbita di Nettuno ed ha sbalordito gli astronomi con le trasmissioni verso la Terra, come da programma. Le comunicazioni con Pioneer 11, al contrario, si sono interrotte nel 1995. Sebbene il mistero rimanga ancora insoluto, il mondo dell’astronomia non rimane con le mani in mano. Nello spazio interstellare sono presenti altre due sonde, Voyager 1 e 2, ma impiegano un sistema diverso sia di orientamento sia di propulsione. Per questo gli scienziati non sono riusciti a calcolare gli effetti della gravità su di esse.
Slava Toryshev, scienziata del JPL, e Viktor Toth, uno sviluppatore di software, si preparano a pubblicare quello che per loro rappresenta la soluzione al mistero delle sonde Pioneer. Dopo una serie di incontri, i due studiosi hanno creato un modello estremamente dettagliato di ciascuna sonda Pioneer, nel quale sono segnalate tutte le posizioni che esse hanno ricoperto in questi trent’anni.
Ed ogni segnalazione sembra ricollegare al calore sulla superficie delle navicelle, al modo in cui questo fluisce e come le temperature diminuiscono al diminuire della potenza dei generatori. Il risultato di tale telemetria è che la forza di arretramento è responsabile di parte dell’accelerazione. Dunque, quel che scienziati, astronomi e studiosi stavano cercando di capire era proprio davanti ai propri occhi: l’anomalia di Pioneer non è mai stata provocata da alcun fattore esterno, ma dalle sonde stesse.
I due studiosi sono ancora molto cauti. Come la stessa Turyshev afferma: “Vorremmo rendere nota tale teoria nella letterature scientifica”. E, infatti, in aprile, è stato pubblicato un esaustivo articolo di ben 165 pagine dal titolo 'L’anomalia di Pioneer', reperibile sul sito Arxiv.org, che anticipa la prossima pubblicazione della loro analisi.
Federica Vitale
Fonte:http://www.nextme.it