L’Unione Europea impone all’Italia di permettere la coltivazione di Ogm. E’ il succo di una sentenza pronunciata ieri dalla Corte di Giustizia dell’Ue: alla faccia dell’autodeterminazione, alla faccia della promessa mai attuata di concedere agli Stati il potere decidere da sè sugli Ogm e alla faccia, soprattutto, del fatto che il 61% degli europei è contrario agli Ogm (rilevazione Eurobarometro del 2010, la più recente).
Eppure, niente da fare: il meccanismo con il quale l’Unione Europea approva la coltivazione di un Ogm è un’inarrestabile, pervasiva reazione a catena innescata dal parere favorevole emanato dall’Efsa, l’autorità per la sicurezza alimentare, anche se sulle procedure di questo parere ci sarebbe molto da ridire. E’ come un carro armato che passa su tutto e su tutti.
La sentenza di ieri (il link è in fondo) riguarda il contestatissimo mais Mon 810, ma ovviamente stabilisce un principio facilmente estendibile ad ogni varietà Ogm approvata dall’Unione Euopea.
Riassunto della giungla di dispositivi sui quali si innesta la sentenza. Da un lato ci sono questi implacabili meccanismi europei. Dall’altro c’è la riottosità dell’Italia ad applicarli. Una riottosità tradottasi essenzialmente in anni e anni di temporeggiamento.
In Italia le Regioni (competenti in materia di agricoltura) non hanno mai messo nero su bianco le norme per la “coesistenza” imposta dall’Ue fra agricoltura biologica, convenzionale e Ogm: si tratterebbe in sostanza di disporre fasce di rispetto e simili per evitare che colture di altro tipo vengano contaminate dalla presenza di Ogm.
Dato che mancano le norme per la “coesistenza”, nell’ormai lontano 2008 il ministero dell’Agricoltura aveva comunicato alla Pioneer Hi-Bred Italia (che si occupa di commercializzazione di sementi) di non poter dar seguito alla sua richiesta di autorizzare la vendita di semente di mais Ogm Mon 810.
La Pioneer ha risposto rivolgendosi appunto alla giustizia europea. E ieri è arrivata la sentenza.
Dice in sostanza: il mais Mon 810 è approvato dall’Unione Europea e quindi deve poter essere commercializzato liberamente nell’Ue. Le norme per la “coesistenza” fra colture Ogm e convenzionali non sono obbligatorie in tutta l’Ue ma dipendono dalla volontà dei singoli Stati, quindi se l’Italia non le possiede non importa.
La sentenza afferma ancora che uno Stato può essere autorizzato a vietare una coltura Ogm approvata dall’Ue solo se invoca la cosiddetta “clausola di salvaguardia”, ossia se dimostra che essa è dannosa per l’ambiente, per la salute umana o per altre colture (ovvero – traduco io – se si fa carico di studi in grado di smentire il parere favorevole iniziale dell’Efsa); in caso di pericolo imminente, uno Stato può vietare la coltivazione per tre soli mesi, in attesa della decisione in proposito dell’Ue.
Praticamente il carro armato europeo è passato sui campi italiani. Non so se, e come, possa venire fermato.
La sentenza di ieri della Corte Europea per la causa sul mais Ogm in Italia (tecnicamente: causa C‑36/11, procedimento Pioneer Hi Bred Italia Srl contro Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali)
Un vecchio articolo de Il Cambiamento l’Eurbarometro svela cosa pensano gli europei degli Ogm
Fonte: blogeko.iljournal.it
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