Acqua contaminata che finisce quotidianamente in mare: la grande paura
che si vive a ancora a due anni e mezzo dallo tsunami che causò il
disastro della centrale nucleare. Cresciuta dopo le ammissioni della
Tepco, la società che gestisce i reattori
PECHINO - Il Giappone trema di fronte all'ultima
maledizione di Fukushima: l'oceano radioattivo. A due anni e mezzo dallo
tsunami che ha causato il disastro nella centrale atomica di Daichi, il
liquido usato per raffreddare i reattori in crisi ha raggiunto il
Pacifico. Nella falda acquifera sotto l'impianto, in cinque giorni, la
radioattività è aumentata di 47 volte e oltre trecento tonnellate di
liquido contaminato finiscono quotidianamente in mare. Il quotidiano
"Asahi" ha rivelato che i campioni d'acqua prelevati sotto la centrale,
fanno segnare una concentrazione di 56 mila becquerel per litro. La Tepco, gestore dei reattori,
è stata costretta ad ammettere l'ennesima reticenza dopo che già il 23
luglio, dopo indignate smentite, aveva dovuto confermare una prima
infiltrazione tossica nel Pacifico.
Il premier conservatore
Shinzo Abe, che ha vinto le elezioni anche grazie alla promessa di
riaccendere le 53 centrali atomiche del Paese, spente dopo lo
tsunami-record del 2011, ha convocato una riunione d'emergenza,
annunciando nuovi finanziamenti per fronteggiare "una questione
urgente". Fino ad oggi Tokyo ha versato alla Tepco 23 miliardi di euro
per coprire i costi di smantellamento della centrale e gli indennizzi
alle vittime. Secondo i tecnici, la battaglia più difficile, e onerosa,
comincia però adesso. Per scongiurare una catastrofe nel Pacifico,
capace di travolgere la pesca in tutto l'Oriente, si tenterà di
costruire un muro di ghiaccio attorno ai reattori, così da contenere le
acque sotterranee. Nell'estate monsonica le colline alle spalle
dell'impianto scaricano fiumi d'acqua nelle fondamenta su cui poggia la
centrale, mescolandosi al liquido usato per raffreddare i reattori
nucleari. Il by-pass realizzato in giugno per incanalare la pioggia non è
bastato e l'ultima speranza è dunque quella di congelare il terreno,
tecnica a cui si ricorre anche nella costruzione delle metropolitane.
Nel
caso di Fukushima, avvertono gli esperti, il problema è più complesso:
si dovrà mantenere ghiacciata l'area per mesi, forse per anni, con costi
colossali. Il governo di Abe, al massimo della popolarità grazie alle
misure di rilancio economico, andrà dunque a caccia di fondi nel
prossimo bilancio e i mercati temono un rinvio degli annunciati tagli
fiscali. Le autorità di Tokyo, a soli 220 chilometri da Daichi,
rischiano invece di perdere la fiducia dei giapponesi. Dal giorno dello
tsunami hanno sistematicamente tentato di minimizzare l'emergenza e a
metà luglio sono state costrette a riconoscere che oltre 2 mila operai,
impiegati nelle ore della crisi, hanno accumulato radiazioni che possono
causare patologie mortali. L'incubo di una contaminazione dell'oceano,
con conseguenze devastanti per la fauna marina, fa però scattare
l'allarme in tutta l'Asia e gli scienziati avvertono che, a causa dei
venti, esiste pericolo di "piogge atomiche" anche su altri continenti.
Il disastro restituisce dunque forza a chi, specie a Tokyo e nelle
metropoli, si oppone al riavvio delle centrali nucleari e chiede
maggiori investimenti nell'energia pulita. Scelte strategiche: ma oggi
il Giappone deve affrontare l'emergenza e ancora una volta non sa se
riuscirà a superarla.
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