Saturday, August 11, 2012

Lacrime extraterrestri: è morto Carlo Rambaldi, papà di E.T. e King Kong

L’artista tre volte Premio Oscar è scomparso a 86 anni, in corrispondenza del trentennale della sua creatura più famosa


Lacrime extraterrestri: è morto Carlo Rambaldi, papà di E.T. e King Kong

Che fosse il papà di E.T., di cui tra l’altro ricorre il trentennale, lo sanno un po’ tutti, ma di Oscar – Carlo Rambaldi – non ne aveva vinto uno: ne aveva vinti tre. Il primo per King Kong, la versione del 1976 di John Guillerman, in cui la Bella è Jessica Lange. Il secondo per Alien, nel 1979, il capolavoro di Ridley Scott nel quale Rambaldi aveva lavorato alla creatura in team con il genio visionario di H.R.Giger. E infine, appunto, per l’extraterrestre protagonista del capolavoro di Spielberg, consacrazione definitiva del suo genio.

Nato il 15 settembre 1925 in provincia di Ferrara, Rambaldi si è spento oggi – 10 agosto 2012 – all’eta di 86 anni, dandoci molte ragioni di rimpiangerlo e una per ricordare il suo genio. Geometra diplomato, poi laureato all’Accademia di Belle Arti di Bologna, non aveva mai frequentato un corso di ingegneria, eppure si è trasformato negli anni in un punto di riferimento per una delle materie più ostiche in cui qualsiasi laureando può incocciare: la meccatronica, disciplina scientifica che bilancia e rende compatibili sforzi e progressi di meccanica ed elettronica. E in questa sua formazione privata, diretta, istintiva, materica, stava proprio il segreto del suo approccio artigianale, umile e diretto, ma restìo a porre limiti all’immaginazione.

Tra i film italiani a cui ha contribuito, ricordiamo almeno La grande abbuffata di Marco Ferreri e soprattutto Profondo Rosso di Dario Argento. Anche se forse resta più suggestivo immaginarlo mentre elabora il manichino che deve simulare il peso e la caduta di Giuseppe Pinelli, nell’esperimento che fa da cardine all’istruttoria del 1971 che cerca di accertare le cause della morte dell’anarchico, precipitato dalla finestra di un commissariato di Polizia. O quando, sempre durante un processo, salva il regista e amico Lucio Fulci dall’accusa di maltrattamenti agli animali, dimostrando che le scene di violenza sui cani in Una lucertola con la pelle di donna, sono artefatte, il frutto della sua abilità scultorea e manipolativa, dei suoi fantocci d’animale “creati in laboratorio”.

Fonte: http://www.bestmovie.it


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