I Paesi dell'Unione europea vivono oltre i livelli di risorse
disponibili di un solo pianeta e fanno pesantemente affidamento su
quelle di altri Paesi. Se tutti gli abitanti della Terra mantenessero il
tenore di vita di un cittadino europeo medio, l'umanità avrebbe bisogno
di 2,6 pianeti per sostenersi. E 2,6 pianeti è anche l'
impronta ecologica dell'Italia. Lo rileva il
Living Planet Report 2014.
Nella poco lusinghiera classifica dell'
impronta ecologica
dei paesi Ue, si piazzano nella top five Danimarca e Belgio (entrambe
con un'impronta ecologica pari a 4,3, cioè il numero di pianeti che
servirebbero per mantenere il tenore di vita di questi Paesi), Svezia
(3,7), Olanda (3,6) e Irlanda (3,2). L'Italia si ferma a 2,6, ma
significa comunque che consumiamo più del doppio delle risorse naturali
che il Pianeta è in grado di fornire.
L'
impronta di carbonio
dell'Europa costituisce quasi il 50% della sua impronta ecologica
totale, a causa dell'uso di combustibili fossili come carbone, petrolio e
gas naturale. Le emissioni globali di anidride carbonica, principale
causa del riscaldamento globale, incidono già negativamente sulla
biodiversità del pianeta e sulla sua biocapacità inficiando il benessere
umano, con particolare riguardo al cibo e all'acqua.
Secondo il Wwf, però le soluzioni sono a portata di mano. Il
Consiglio europeo che si terrà a Bruxelles il 23 e 24 ottobre vedrà i
capi di Stato e di governo decidere sul
pacchetto Clima ed energia
dell'Ue fino al 2030; mentre a livello globale, la Conferenza delle
Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici Onu che avrà luogo a
Lima a dicembre e quella di Parigi nel 2015, costituiranno la sede per
chiudere l'accordo globale per contenere gli effetti pericolosi del
riscaldamento globale.
Il Wwf si dice preoccupato che l'ambiente sia stato declassato nelle nuove proposte della
Commissione Europea.
"Crediamo - fa sapere l'associazione - che un'agenda ambientale
lungimirante e innovativa debba comprendere la green economy e i green
jobs così come i legami tra ambiente, sviluppo, cambiamento climatico,
politica estera e sicurezza".
"Ancor peggio di questo crediamo che l'ambiente sia stato retrocesso
con queste nuove proposte. Il mandato ambientale con le direttive
Uccelli e Habitat sta chiaramente andando nella direzione della
deregolamentazione, e quindi la strategia dell'Ue sulla biodiversità
fortemente minacciata".
Fonte
Se ognuno seguisse lo stile di vita americano servirebbero 3,9
pianeti come la Terra: il report del WWF e i problemi dello sviluppo
sostenibile
Ogni
anno il WWF redige un report per verificare lo stato di "salute" della
Terra e stabilire l'impatto che le attività esercitate dall'uomo hanno
sulla flora, la fauna e le risorse naturali del pianeta. Il Living Planet report edizione 2014 contiene
dei dati agghiaccianti, in particolare una riduzione della popolazione
di vertebrati di circa il 50% se comparata con quella registrata negli
anni '70. Per giungere a questa conclusione il WWF ha adottato il Living
Planet Index, il quale ha utilizzato come campione di ricerca circa 10
mila vertebrati appartenenti a 3 mila specie diverse.
La drammaticità di questa situazione è stata evidenziata con chiarezza da
Marco Lambertini, direttore generale di WWF International,
il quale ha commentato il report sostenendo che: "La nostra impronta
sul pianeta sta aumentando. Noi stiamo pescando più pesci di quelli che
possono riprodursi; stiamo tagliando più alberi di quelli che possono
ricrescere, stiamo producendo più CO2 rispetto a quella che può essere
assorbita dagli oceani. Siamo su un cammino caratterizzato da una totale
insostenibilità".
Il tema dello sviluppo sostenibile, inteso come
sfruttamento delle risorse presenti con contestuale valutazione dei beni
a disposizione delle generazioni future, è entrato solo di recente
nelle agende politiche dei leader mondiali. La questione venne
affrontata per la prima volta negli anni '70 quando a causa del
perdurare del conflitto tra Israele e Palestina diversi paesi arabi
ridussero le esportazioni verso l'occidente. In quel momento si verificò
una crisi energetica che spinse gli Stati che ne furono affetti a
valutare non solo l'uso di energie alternative ma anche l'idea di
ridimensionare il consumo delle risorse naturali data la loro evidente
limitatezza. Negli anni successivi diverse agenzie dell'ONU, ONG e
scienziati indipendenti hanno contribuito ad una maggiore definizione
del concetto di sviluppo sostenibile. Una sua definitiva affermazione,
sia a livello nazionale che internazionale, si è avuta a seguito del
così detto rapporto Brundtland, redatto dalla Commissione mondiale
sull'ambiente e lo sviluppo. Nel documento, rilasciato nel 1987, si
legge che: "Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i
bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle
generazioni future di soddisfare i propri".
Nonostante l'adozione di una serie di risoluzioni internazionali e di
atti a livello statale volti a garantire l'implementazione di questo
sistema, il report redatto dal WWF sembra dimostrare che la piena
realizzazione di quello sviluppo sostenibile di cui parlava Brundtland è
decisamente lontana.
Molti
Stati, infatti, continuano ad avere uno stile di vita che è
assolutamente incompatibile con la limitatezza e l'esauribilità delle
risorse presenti sul pianeta. Gli esperti del WWF hanno calcolato che se ogni abitante della Terrà assumesse le abitudini di consumo dell'americano "medio", servirebbero circa 3,9 pianeti per
sostenere l'intera umanità. Ciò non vuol dire che solamente
l'occidente, in particolare gli Stati Uniti, rappresentano il principale
ostacolo all'implementazione di un sistema eco-sostenibile. Il Qatar,
ad esempio, presenta abitudini di consumo addirittura peggiori rispetto a
quelle degli Stati Uniti, le quali richiederebbero 4,8 pianeti come la
Terra se fossero seguite dall'intera popolazione mondiale.
Esistono delle soluzioni a questo problema? Una
possibile risposta è stata fornita da Marco Lambertini secondo cui la
situazione, pur essendo classificabile come una grave emergenza, è
caratterizzata anche da alcune note positive. Il pianeta non è mai stato
così consapevole dei problemi che affliggono l'ecosistema e delle
possibili soluzioni che possono essere adottate. Le nazioni interessate
al tema dello sviluppo sostenibile si sono moltiplicate così come la
partecipazione di altri soggetti non statali, in particolare grandi
compagnie private e movimenti più o meno ampi volti a promuovere la
protezione del pianeta. In questo contesto agenzie specializzate delle
Nazioni Unite e NGO come il WWF hanno un ruolo fondamentale nella
predisposizione di un progetto unitario, agendo come catalizzatore
rispetto a tutte quelle spinte che tendono verso lo sviluppo
sostenibile.
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