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Saturday, August 10, 2013

No-Muos, quando la Sicilia si ribella

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Sono passati trent’anni e più da quando partecipai per due anni consecutivi al campeggio antimissili in corso a Comiso. Eravamo in piena guerra fredda e la Nato aveva scelto di schierare una nuova generazione di missili, i Cruise, in presunta risposta agli SS-20 sovietici. La lotta durò vari anni e in essa ebbe un ruolo da protagonista il Pci siciliano guidato da Pio La Torre, che pagò con la vita la sua opposizione alla militarizzazione del territorio, in cui anche la mafia, da sempre alleata degli Stati Uniti, aveva precisi interessi di natura anche economica. Poi, con le aperture verso le disarmo ottenute grazie a Gorbaciov e alla sua politica di rinnovamento, il progetto venne abbandonato e oggi si discute quale destinazione dare all’aeroporto che avrebbe dovuto ospitare i Cruise.
La guerra fredda è finita, ma c’è chi, come i comandi Nato, non sa giocare ad altro e per giustificare la propria esistenza inutile e dannosa deve inventarsi nuovi nemici e nuovi progetti di riarmo. Anche se si tratta di nemici improbabili come i terroristi islamici, con i quali un giorno si guerreggia e il giorno dopo li si rifornisce di armamenti, come in Libia o in Siria. E anche se i progetti di riarmo, come il Muos, costano caro al territorio sia in termini finanziari che anche e soprattutto di salute.
Il dato nuovo e importante, anche rispetto alle esperienze di trent’anni fa, è il protagonismo diretto delle popolazioni siciliane, che non si rassegnano a pagare un caro prezzo a questi progetti folli, in termini di  futuri tumori e danni agli occhi.
Le donne sono in prima fila in questa lotta. Come afferma la coordinatrice delle mamme NoMuos, Maria Concetta Gualato, “Noi lottiamo per i nostri diritti e la salute dei nostri figli”. Il territorio siciliano si rifiuta di svolgere la funzione di retroterrra di questa guerra immaginaria contro il terrorismo islamico.
Fortemente deludente l’atteggiamento di politici come il presidente della Regione Crocetta, rivelatisi dei quaquaraquà pronti a piegarsi a qualsiasi richiesta e ricatto. Ma in Italia stiamo imparando a fare meno dei politici inutili e Crocetta pagherà certamente in termini elettorali il suo sconcertante opportunismo.
Si tratta tuttavia di vicenda la cui portata va ben al di là della Sicilia. Occorre costruire la solidarietà a livello nazionale con i No-Muos per vari motivi. Innanzitutto perché la tutela della salute, il cui diritto è previsto dall’art. 32 della Costituzione repubblicana, è di interesse generale e va ottenuta innanzitutto attraverso la prevenzione, contrastando ed eliminando ogni fattore di rischio aggiuntivo.
In secondo luogo, perché va promosso un nuovo approccio partecipativo alla gestione del territorio, anche nell’adempimento di precisi impegni internazionali come quelli contenuti nella Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, che impone l’accesso a tutte le informazioni rilevanti e la necessità di acquisire la volontà delle popolazioni interessate. Sono oramai decine se non centinaia le esperienze di lotta ambientale dal basso in Italia: dai NoTav ad esperienze come i No-Ponte di Messina che hanno imposto alle logore partitocrazie una nuova amministrazione guidata dal dirigente principale del movimento, Accorinti.
In terzo luogo perché, di fronte alla complessa situazione esistente in tutta l’area mediterranea e medio-orientale, è urgente sganciarsi dalla dissennata, rozza e ignorante politica statunitense di gestione dei conflitti, per liquidare definitivamente la Nato, che è un relitto del passato, rilanciare un approccio differente, basato sulla cooperazione internazionale nella soluzione dei conflitti e un’effettiva ed efficace prevenzione del terrorismo, che non ha certo bisogno dei costosi macchinari che si vorrebbero impiantare in Sicilia, tanto per far guadagnare qualche soldo in più all’industria bellica e qualche mazzetta a chi di dovere.

Fabio Marcelli


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