Il giornalista ed esperto Pierre Bizony ha messo insieme gli illustratori di mezzo secolo di missioni extraterrestri “Ma oggi abbiamo smesso di emozionarci con le immagini”
La storia dell'esplorazione spaziale l'hanno fatta anche gli illustratori, dando ai progetti di romanzieri e ingegneri un aspetto capace di appassionare il grande pubblico ancor prima dei registi. La chiamavano "propaganda spaziale". Quel che è certo è che gli americani dal '52 al '54 mangiarono pane e astronavi. Sull'allora celebre rivista a colori Collier's pittori come Chelsey Bonestell (che disegnò la prima stazione spaziale circolare), Rolf Klep e Fred Freeman (specializzati negli spaccati degli interni di razzi e colonie) presentarono a milioni di lettori affreschi di futuri prossimi - e avrebbero continuato a farlo con le copertine dei romanzi di fantascienza. Persino Boeing realizzò pubblicità in cui si vedeva esplorare nuovi mondi. Queste immagini ispirarono la Nasa, nata qualche anno dopo, nel '57, e la accompagnarono fino all'allunaggio. Nei decenni seguenti l'agenzia spaziale imparerà l'importanza dell'illustrazione, commissionando a sua volta centinaia di opere, a volte persino cronache post-missione da esporre all'ingresso - come l'allunaggio di Robert McCall (1970); l'incontro tra le navicelle russa e americana di Davis Meltzer (accadde nel '75) o ancora il volto dell'astronauta dello shuttle Discovery, William Fisher, catturato in orbita da Pamela Lee (1988). Era, insomma, davvero fare lobbying con la meraviglia.
Sulla Luna, 1970. Un anno dopo l’allunaggio Robert
McCall (autore anche delle insegne della missione) lo celebra con First
Men on the Moon, esposto per anni all’ingresso del Johnson Space Center e
oggi parte di una collezione privata. Credit: NASA/Robert McCall
Il giornalista e divulgatore Piers Bizony, classe '59,
ha frugato negli archivi e radunato decine di opere nel volume L'arte
della Nasa (Ippocampo): una storia illustrata dell'esplorazione
spaziale, che è stata o che avrebbe potuto essere. Oggi tutto si fa con
le dirette social di compagnie private come SpaceX, Blue Origin e Virgin Galactic
(ciascuna col proprio miliardario al comando), ma le immagini live di
questo turismo spaziale non emozionano più. "Il grande pubblico non si
sente incluso - ci dice Bizony - Solo Elon Musk sta facendo qualcosa che
potrebbe portarci tutti nello spazio con la Nasa. Il resto è visto come
un club per gente ricca".
È incredibile che tutto inizi negli anni Cinquanta con una serie di articoli illustrati.
"Hanno permesso ai lettori di sognare che queste cose erano possibili.
La maggior parte dei giovani del Controllo missione alla Nasa, durante
l'allunaggio dell'Apollo, era cresciuto con questi racconti. Non c'è
dubbio che la fantascienza finisca per dare davvero forma al futuro".
Apollo-Sojuz, 1975. L’11 luglio i due equipaggi delle navicelle, una sovietica e una americana, si attraccano in orbita. Nel dipinto di Davis Meltzer i capitani-astronauti delle due super potenze, Tom Stafford e Alexei Leonov, si stringono la mano. Il gesto vuole segnare la fine della rivalità nella corsa allo spazio. Credit: NASA/Davis Meltzer
È una coincidenza che l'età d'oro di quest'arte corrisponda agli anni di quella del fumetto?
"Le riviste interamente a colori e i supplementi dei giornali erano una
novità negli anni Sessanta, perciò c'era molto spazio per le
illustrazioni e le pubblicità della Nasa. Molto del suo personale era
dedicato a rifornire i quotidiani con immagini e informazioni. Oggi c'è
Internet".
Quali sono stati gli illustratori più importanti?
"Senza dubbio Robert McCall, che fu anche l'autore del poster di 2001: Odissea nello spazio
(il cult di Stanley Kubrick, ndr). È stato il re dell'illustrazione
aerospaziale. Ha creato opere giganti per il National Air and Space
Museum".
Dopo l'allunaggio i disegni sul futuro si fanno sempre più
visionari, come le colonie orbitanti di Rick Giudice che hanno ispirato
il film "Interstellar". Poi più nulla. Che è successo?
"Gli anni Settanta hanno visto la crisi petrolifera, l'avvento di quella
climatica, la sconfitta del Vietnam, lo scandalo Nixon e la fine
dell'idea che il governo potesse costruire per noi un futuro migliore. E
poi lo space shuttle - il primo venne battezzato Enterprise in onore
della serie Star Trek - non si rivelò così facile ed economico da far volare".
Le colonie, anni ’70. Rick Giudice immagina un’umanità
che vive nello spazio ricreando la Terra su immense stazioni e navi
cilindriche. Dalle idee del fisico Gerard K. O’Neill, le riprendono al
cinema Interstellar ed Elysium. Credit: NASA/Rick Giudice
Arriva poi il momento delle stazioni orbitanti.
"Le agenzie spaziali le adorano perché sono relativamente facili da
costruire e da lanciare, ma il grande pubblico le trova noiose perché
non vanno da nessuna parte e non lo biasimo: fanno sbadigliare anche
me".
E ora la Nasa predilige i rendering ai disegni.
"La grafica digitale può essere ben fatta, ma lo stile foto-realistico
sembra tutto uguale: è un peccato. Credo che la Nasa non voglia
spendere".
Abbiamo parlato di immagini. E i romanzi?
"Qualsiasi cosa scritta da Arthur C. Clarke ha avuto un'influenza simile".
Apollo 15, 1971. A testimonianza dell’incuria negli
archivi Nasa, questa illustrazione è rimasta anonima. L’astronauta Jim
Irwin osserva Alfred Worden che recupera le videocassette con la
mappatura del suolo lunare. Credit: NASA/anonimo
Il libro. Piers Bizony, "L’arte della Nasa", Ippocampo, traduzione Paolo Bassotti, pagg. 192, euro 29,90
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