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Tuesday, July 5, 2011

Pronto il primo occhio di Plato, alla ricerca di nuovi mondi

Realizzato a Padova il primo occhio degli oltre 30 previsti: montati su un satellite troveranno "altre Terre"

Pronto il primo occhio di Plato, alla ricerca di nuovi mondi
PADOVA. Tutto è pronto per la gara di Plato (acronimo di Planetary Transits and stellar Oscillations): ha infatti aperto il primo degli oltre 30 occhi che gli permetteranno una volta in orbita di trovare mondi simili alla Terra. Frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova e gli Osservatori Astronomici e Astrofisici di Padova, Brera e Catania, l’� Università di Berna e il Cnes francese, questo gioiello tecnologico con sei lenti di forme e materiali esotici disegnate alla Specola Patavina è diventato realtà grazie al finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana e alla collaborazione di diverse industrie Italiane, Svizzere e Francesi.

Si tratta di un progetto internazionale che coinvolge Università ed Enti di ricerca di tutta Europa, e che vede gli istituti di ricerca padovani in prima linea. Il satellite, tecnologicamente molto sofisticato, è composto da una batteria di piccoli telescopi ma con un enorme campo di vista, in grado di osservare per la prima volta contemporaneamente immense zone di cielo, una specie di Grande Fratello della nostra Galassia che scoprirà i pianeti che ruotano attorno ad altre stelle. Fra questi ci sarà con molta probabilità quello che tutti cercano da un decennio: il primo pianeta "abitabile" simile al nostro.

Una volta raggiunta la sua orbita nello spazio scatterà ogni 30 secondi un'istantanea del cielo permettendo così di cogliere ogni pianeta che, sornione, in quel momento passasse davanti a una delle tante stelle tenute d'occhio (anzi dai 34 occhi) da Plato. Erano una cinquantina le proposte all’Agenzia Spaziale Europea che 4 anni fa aveva richiesto idee per nuovi progetti spaziali agli scienziati di tutta Europa. Plato ha rovesciato la logica finora usata e invece di un unico telescopio, magari grande e potente, ma molto limitato come visuale presenta un disegno rivoluzionario: un satellite dotato di tanti telescopi "piccoli" che però vedono molto cielo tutto in una volta, aumentando così al massimo la possibilità di trovare pianeti extrasolari. Nella gara per il finanziamento dell’impresa ha già superato diversi esami ed è stato inserito in una lista ristretta e finale di tre satelliti tra cui l’Agenzia Spaziale Europea sceglierà, ai primi di ottobre, i due da finanziare, terminare di costruire e lanciare in orbita. La "sfida" per trovare attorno a quali stelle orbitano pianeti dove può essersi formata la vita è aperta e Plato può vincerla.

Montato e allineato nei laboratori di Padova è stato sottoposto agli stessi stress termici e meccanici che subirà durante il lancio ed alle condizioni in cui si troverà una volta raggiunto il vuoto cosmico. Il team dell’Osservatorio e dell’Università di Padova, coordinato dal professor Giampaolo Piotto, ne ha misurata la qualità ottica prima e dopo essere soggetto a condizioni tanto estreme. Una volta lanciato Plato sorveglierà continuamente un milione di stelle per sei anni e fra queste individuerà certamente mondi alieni che per dimensioni, composizione e temperatura possano permettere lo sviluppo della vita, in modo da poi potere concentrare su queste lo sforzo dei tanti telescopi spaziali ed a terra.

Gli sforzi tecnologici di Università, Enti di Ricerca ed Industria, soprattutto Italiane, collimano nel mostrare che Plato è un satellite pronto a raccogliere anche quest’ultima sfida e diventare realtà con un lancio previsto nel 2018 ed un costo di circa 800 milioni di Euro. Di questi oltre due terzi a carico dell’Esa ed il rimanente suddiviso tra le Agenzie Spaziali delle nazioni che fanno parte del Consorzio Plato in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano.

Il progetto Plato è coordinato in Italia da Giampaolo Piotto (Professore dell’Università degli Studi di Padova); lo sviluppo del telescopio è coordinato da Roberto Ragazzoni (Astronomo all’I NAF-Osservatorio Astronomico di Padova) mentre il management è affidato a Isabella Pagano (Astronoma all’INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania). Il team che ha disegnato, montato e collaudato il telescopio è composto da Jacopo Farinato -responsabile dell’integrazione- , Demetrio Magrin, cui si deve il disegno ottico, Marco Dima dell’Osservatorio Astronomico di Padova; Maria Bergomi, Valentina Viotto e Alessandro Brunelli dell’U niversità degli Studi di Padova; Matteo Munari e Salvo Scuderi dell’ Osservatorio Astrofisico di Catania; Stefano Basso, Mauro Ghigo, Daniele Spiga e Francesco Borsa dell’Osservatorio Astronomico di Brera; da Daniele Piazza e Piers Christiansen dell’Università di Berna. Il consorzio Italiano di Plato comprende anche l’Università di Firenze e altri centri di ricerca dell’Inaf (Palermo, La Palma, Roma, Firenze, Napoli, Torino) e l’Asi Science Data Center (Asdc).
5 luglio 2011

Fonte: http://mattinopadova.gelocal.it


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