Statistiche

Wednesday, September 14, 2011

FUKUSHIMA, SEI MESI DOPO. "UNA CITTÀ FANTASMA"

Un tecnico a Fukushima rileva le radiazioni nel cortile di una scuola
di Francesco Olivo (inviato a Fukushima)
Reportage. A 89 anni Yashima credeva di averle viste tutte. La guerra nel Pacifico contro gli americani, la fame dopo la sconfitta, la fatica della ricostruzione, catastrofi naturali di tutti i tipi, tifoni, terremoti e qualche mareggiata. Non aveva fatto i conti con il mostro: «Prima di morire mi è toccato anche questo», dice con un sorriso malinconico, perché la sua casa, la sua amata casa di Namye è stato costretto ad abbandonarla. Lo hanno fatto salire su un bus di corsa dopo lo tsunami e le fughe radioattive della centrale di Fukushima, quel maledetto impianto a dieci chilometri dal suo paese, dal suo mondo. Oggi è in visita a una coppia di amici, nel container accanto al suo. Namye, una pacifica località con vista sull’oceano si è trasferita quasi tutta qui, una deportazione nucleare. Niente new town, solo una schiera di container, anonimi, ma funzionali, alla periferia nord di Fukushima. In queste casette provvisorie (nel giro di otto mesi tutti sperano di andarsene, ma nessun glielo ha assicurato) non manca niente: 40 metri quadrati con accessori regalati dalla Croce Rossa, televisore al plasma, condizionatore, frigorifero, forno a microonde, lavatrice e bollitore. La signora Dioko, 77 anni, ci fa entrare e offre anche una pesca, «sono ancora buone, non c’è pericolo, la mangi, non stia a sentire le stupidaggini, lo capisco dal sapore», poi beve l’acqua dal rubinetto «È pura, ci sono le montagne qui dietro». Chi vuole avere una prova dell’energia dei giapponesi nel rialzarsi dopo una tragedia che ha fatto oltre ventimila vittime, tra morti e dispersi, venga qui, fra questi vecchi che hanno perso tutto tranne la speranza di riavere indietro la propria vita, chissà come, chissà quando. «Qui non è male - dice il signor Yastaka - ma quella centrale è ancora molto vicina, può sputare il suo veleno per troppo tempo».

Quando raccontano di quel giorno tremendo di sei mesi fa, questi sopravvissuti lo fanno con distacco orientale, salvo fermarsi dopo aver mimato quel boato, il reattore della centrale che scoppia, liberando schifezze nell’aria. Il marito di Dioko è meno ottimista, va verso l’uscio della casetta e guarda verso il mare: «Questo vento viene da lì, non so cosa porta con sé».
A pochi chilometri c’è il centro di Fukushima. La città è apparentemente integra, il terremoto (fortissimo) non ha fatto neanche una crepa, lo tsunami non è arrivato (il mare dista 40 chilometri), le radiazioni, scese a quanto pare a livelli vivibili, non si vedono. Ma basta fare due passi tra i grandi viali per accorgersi che la catastrofe ha lasciato segni, materiali e non. Il consiglio delle autorità a non uscire di casa non è più in vigore da mesi, ma a mezzogiorno le strade, trafficatissime fino a sei mesi fa, sono vuote, i negozi hanno la saracinesca abbassata, hotel e ristoranti non aspettano più clienti, pochi passanti azzardano una passeggiata. La desolazione, il senso di abbandono si mischia a una strana attesa di un peggio che potrebbe arrivare da un momento all’altro. «Chi poteva è scappato. Tokyo è solo a un’ora e mezza di treno, lì la vita è normale», racconta Yusuke commesso in un negozio di elettronica. «Ho paura? Certo, non ci si abitua mai. Viviamo sospesi, il futuro non riesco più a immaginarlo. A forza di stare in casa nei giorni del disastro ho imparato a suonare la chitarra: vede? C’è qualcosa di positivo».
Per trovare un po’ di fermento bisogna andare nella sede della Prefettura, dove funzionari e volontari, sfidando l’insopportabile umidità, affrontano l’emergenza per 18 ore al giorno. Con cortese fermezza respingono ogni tentativo di intervista: «Ci sono delle vedove da assistere, orfani da accudire, scuole da aprire e persino cadaveri a cui dare un nome. Tutte cose più importanti del suo articolo». C’è una città fantasma da riportare in vita.

Fonte: http://www.leggo.it

Commento di Oliviero Mannucci : Quello che è accaduto a Fukushima deve esserci di monito, avere una centrale nucleare vicina è come avere una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, negli ultimi 50 anni nel mondo ci sono stati circa 140 incidenti nucleari, e questi sono solo quelli che si conoscono ufficialmente, poi ci sarebbero da contare quelli non ufficializzati e anche il rilascio di sostanze radioattive dai centinaia di esperimenti nucleari compiuti fino a pochi anni fa dalle varie potenze nucleari della Terra e gli incidenti nucleari occorsi ad alcuni sommergibili nucleari, dei quali si sa con certezza che sono avvenuti, ma non il numero. Poi ci sono i depositi di scorie nucleari che prima o poi avranno dei problemi, come si è già visto. Proprio un bello scenario, non c'è che dire! Se continua così il genere umano nei prossimi decenni diventerà un popolo di mutanti a causa delle radiazioni. E' questa l'eredità che vogliamo lasciare ai nostri figli?

No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.