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Thursday, December 1, 2011

Fukushima: nella città ferita I bambini non possono giocare

FUKUSHIMA (Giappone), 01 dicembre 2011

Viaggio nei luoghi del disastro nucleare dello scorso 11 marzo. Ai più piccoli è vietato stare all'aperto: al collo un rilevatore di radiazioni. Le radiazioni sono ovunque: anche sbucciarsi un ginocchio sarebbe troppo pericoloso

I bambini di Fukushima giocano in un parco indoor
I bambini di Fukushima giocano in un parco indoor

"Il mio nome è Asakoshio", fa il segno di V con le dita, come si usa da queste parti e saluta mettendosi al collo il rilevatore di assorbimento di radiazioni. Ogni bambino della sua età ne porta uno, chiuso in un sacchetto di plastica che non deve aprire mai. Ogni tre mesi, domani è il giorno, vengono ritirati dagli incaricati della Prefettura la nostra regione ed esaminati, a ogni codice corrisponde un bambino, ma i dati, al momento, non vengono resi noti. "Solo gli uffici governativi li conoscono - racconta Ito Chiharu, maestra d'asilo. Lei era qui il pomeriggio dell'11 marzo 2011, ore 14.46, quando lo tsunami ha colpito la costa Nord orientale del Giappone, con una violenza tale da provocare un incidente radioattivo nella centrale lontana da questa città una cinquantina di chilometri.

Un film — "Ripercorrendo quello che abbiamo passato - spiega Hiroko Morohashi oggi presidente della United Sport Foundation che dopo l'incidente aiuta le popolazioni - sembra impossibile che sia accaduto. E' come aver vissuto un film, un film terribile". In cui i bambini della regione pagano, nella vita di tutti i giorni, il prezzo più alto. Chi poteva è partito, molti si sono spostati verso Ovest, abbandonando la zona più vicina alla centrale: erano circa due milioni gli abitanti della prefettura quell'11 marzo, adesso è difficile calcolarli. "Ma per strada non si vedono più bambini, non si vedono più bambini nei parchi. I genitori hanno troppa paura - racconta ancora l'educatrice -. L'unico momento in cui stanno a cielo aperto è nel tratto di strada in cui salgono sul pullman che li porta a casa. Chi può, il fine settimana, li porta lontano da qui. Ma tanti restano. Io? Non ho famiglia, ma non me ne vado, qui ho i "miei" bambini, quelli di questo asilo. Non li lascio". Lo dice senza enfasi, come fosse la cosa più normale e scontata del mondo. Sono in tanti che fanno questa scelta, per non lasciare i genitori anziani, per non lasciare il lavoro, per non lasciare la casa. Non è facile ridare un futuro a 2 milioni di persone.

11 marzo — Così dopo quel maledetto 11 marzo la vita è ripresa. "Qualcuno ha paura di tutto e vive nell'ansia, altri, invece, cercano di non pensarci: non le vedi, non le senti le radiazioni, anche se sai che ci sono", racconta Kanako Yusa dipendente della Xebio, una grande compagnia di negozi sportivi originaria della zona che ha dato vita alla United Sport Foundation. Per un adulto è più facile da capire, ma per un bambino? "All'inizio abbiamo raccontato che era pericoloso uscire, che c'era qualcosa che poteva fargli male - riprende la maestra -. Poi abbiamo iniziato a dire che mangiare frutta, verdura o bere acqua faceva male alla pancia. Quindi gli diciamo che non possono giocare fuori...". Agli alberi del giardino, davanti all'asilo, hanno tagliato le fronde, stanno come pali verso il cielo, la sabbia di superficie che circonda la struttura è stara rimossa con un'operazione di decontaminazione che viene ripetuta periodicamente. Le porte delle aule sono protette da pesanti pannelli di plastica che vogliono limitare l'ingresso delle radiazioni. "Nei bambini più piccoli non c'è memoria, ma in quelli anche solo di 4-5 anni è come se qual giorno avesse fatto scattare qualcosa. Non sanno cosa è capitato, ma capiscono che il mondo per loro è cambiato. Nei disegni qualcuno racconta lo tsunami, lo mette su carta, altri si tengono tutto dentro e durante le lezioni si mettono a urlare". Non possono raccogliere un fiore nel prato, anche solo sbucciarsi un ginocchio correndo sulla ghiaia di fronte alla scuola potrebbe essere pericoloso. "Non ci sono più partite di sport giovanile da queste parti, le attività all'aperto si sono ridotte anche per gli adulti, soprattutto quando piove. La gente si chiude in casa".

Il cortile di una scuola, periodicamente decontaminato

Informazione — Hanno fatto venire medici da varie parti del Giappone, vogliono sapere come si possono difendere, perché le informazioni ufficiali sono scarse. Troppo. Anche nel caso del direttore della centrale a cui è stata riscontrata la leucemia, "il governo dice che non ci sono prove, non ci sono relazioni". Per questo si sono moltiplicati i contatti internet e Facebook, attraverso cui filtrano più notizie dall'estero. Paradossale, ma le notizie a Fukushima che per ironia della sorte ha un nome che tradotto dovrebbe suonare la città del benessere le novità arrivano dall'America, dall'Europa... La gente vuole sapere, quello che rischia e quello che potrà succedere.

Al coperto — Intanto è cambiata la vita dei piccoli abitanti della regione che da poco più di un mese hanno una sorta di parco giochi al coperto dove due giorni a settimana fare attività fisica, guidata da personale specializzato, secondo un programma studiato ad Harward e esportato nelle scuole. "I bambini arrivano qui da diverse parti, prenotano e fanno attività per un'ora - racconta ancora Hiroko Morohashi - questo progetto fa parte della terza fase di assistenza dopo lo tsunami, quella che mira all'aiuto della popolazione al di la dei bisogni primari. Volevamo tenere aperto fino a marzo, ma dovremo prolungare, abbiamo tutto prenotato già oggi fino ad aprile... Solo che i costi di gestione sono elevati, soprattutto il personale e le pulizie". Dalla porta scorrevole che si apre con un sensore entra di tutto, radiazioni comprese. All'ingresso un cartello con due cifre 0.24 µSv/h all'esterno e 0.14 all'interno, sono il livello delle radiazioni rilevate oggi alle 9.30 del mattino. A seconda del clima, della pioggia, del vento... Dentro i bambini si divertono un mondo, corrono all'impazzata, fanno ginnastica e le capriole, sotto due gigantografie di loro coetanei occidentali che si rotolano, con gli stessi sorrisi, su un prato. Ai bambini di Fukushima qualcuno ha rubato l'infanzia.

dal nostro inviato
Gian Luca Pasini

Fonte: http://www.gazzetta.it

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