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Monday, October 19, 2020

Ex-Et - Il Pianeta degli alieni

                       

«Come spieghi cos’è la scuola ad un’intelligenza superiore?»

(Elliot, E.T., l’extra-terrestre)

«Sei un senza casa, un marocchino, un alieno: vergognati!», «Tu sei un alieno, non io!».

Correvo, l’altra sera, per le strade di una qualunque città d’Italia. Avevo avuto una lunga e dura giornata di lavoro e così, dato che quando sono in viaggio porto sempre con me le scarpette e la tenuta da running, per quanto stanco, ho deciso di correre un po’ per le strade del centro, illuminate dai lampioni, alla volta dei giardini comunali.

È lì che, mentre passavo a ritmo blando, ho avuto modo di ascoltare le parole che aprono questo caffè e ciò che più mi ha colpito, come uno schiaffo in piena faccia, è che a pronunciarle non erano due buzzurri: erano due bambini, età stimabile cinque anni, che giocavano con i rispettivi monopattini a tre ruote mentre i genitori, poco distanti, chiacchieravano amabilmente.

Cosa possa spingere un bambino a usare espressioni così violente è tema che sarebbe meritevole di approfondimento, ma si dà il caso che si è impressa nella mia mente la sola parola “alieno”, l’unica ripresa nella replica di chi per primo era stato verbalmente aggredito.

Già, perché solo pochi giorni prima una docente di una delle millemila scuole d’Italia mi aveva invitato a vedere un cartone animato che non conoscevo (e che ti invito a gustarti al termine di questo caffè: dura circa 8 minuti, ma assicuro che saranno spesi bene…). Il cartone, prodotto da ESMA (École Supérieure des Métiers Artistiques), si intitola “Ex E.T.” e narra di un alieno che vive su un pianeta dove il cieco rispetto delle regole è la norma e il libero pensiero una malattia; non voglio annoiarti con altri particolari, dico solo che, una volta che Ex E.T. si è rivelato un “malato incurabile”, viene spedito sulla Terra…

Già, il Pianeta Terra, ostello per menti e cuore divergenti, per i sognatori, i creativi, gli irregolari. Il pianeta che è stato casa di Gaudì, Mirò, Picasso, Dalì e van Gogh, tanto per fare i primi nomi che mi sono venuti in mente.

Ecco, quei due bambini pensavano di offendersi reciprocamente con la parola “alieno” e, invece, inconsapevolmente si stavano facendo un complimento: si stavano dando, l’un l’altro, del genio.

Caro lettore, adorata lettrice, qui mi fermo, per lasciare posto alla tua e mia riflessione.

Potremmo interrogarci su quanto siamo aperti a cogliere e apprezzare le differenze, a stimarle come ricchezza e motivo di crescita.

Potremmo chiederci se il nostro sistema di istruzione e formazione sia pensato per creare automi, in pieno stile “Tempi moderni” di Charlie Chaplin, invece che per liberare creatività.

Per quanto mi riguarda, da ex docente, ora preside, mi sono chiesto se sia stato capace di imparare, ogni giorno, almeno una verità dai miei alunni; se abbia colto o no l’opportunità di tornare, ogni giorno, a casa con tesori mai prima scoperti, se abbia permesso loro, ogni giorno, di rendermi un uomo migliore, più ricco, meno ignorante. A simili domande, temo di avere in serbo risposte che non mi piacciono.

Che spreco, che occasione mancata: poter ricevere, gratuitamente, visioni nuove da chi ha occhi diversi dai miei e pretendere invece di imporre agli altri il mio meccanico monocolore. Potessi rinascere, …vabbè, potessi rinascere probabilmente rifarei gli stessi errori. O magari mi troverei ospite di un pianeta da cui essere espulso con un razzo.

J.G. Ballard ha scritto: «L’unico e vero pianeta alieno è la Terra». Mi chiedo se anche lui usasse questo termine come un complimento oppure come un’offesa.

Di sicuro, ammiro Frida Kahlo: «Non far caso a me. Io vengo da un altro pianeta. Io ancora vedo orizzonti dove tu disegni confini».

Paolo Farina 

Fonte 

 

Commento di Oliviero Mannucci:   Non siamo tutti uguali, ognuno ha il suo bagaglio di esperienze,  eppure c'è sempre qualcuno che vive dentro un pozzo e che misura tutto in base al pozzo in cui sta, e se arriva qualcuno che ha viaggiato e ha visto l'oceano e glielo dice, quello che ha sempre vissuto nel pozzo domanderà: Ma se questo grande oceano esiste veramente, perchè io non ci credo, perchè io credo solo a ciò che vedo, quanto grande sarà mai più di questo pozzo, due volte, tre volte etc. E se l'altro gli spiega che è immensamente  grande, quello che  vive ancora nel piccolo pozzo gli risponderà che non può esistere un oceano così grande perchè lui non l'ha mai visto. Il mondo è quindi pieno di gente che ragiona come chi ha sempre vissuto nel pozzo, e non capisce cosa gli dice chi ha fatto un esperienza diversa dalla sua. Peccato! Perchè una mente così limitata non vedra mai l'oceano.

 

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