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Friday, March 11, 2011

Il sisma in Giappone ha spostato la Terra: la scienza dietro il terremoto

Il viaggio dello tsunami (Credit: EPA/NOAA)

Il viaggio dello tsunami (Credit: EPA/NOAA)

Quello che ha colpito il Giappone, provocando uno tsunami che interessa quasi tutti i paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico, è uno dei sismi più forti mai registrati da quanto esistono strumenti per misurare la potenza dei terremoti. Panorama.it ne ha parlato con Alessandro Amato, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

A che tipo di evento stiamo assistendo e come lo si può paragonare al sisma dell’Aquila del 2009?
E’ sicuramente uno dei terremoti più forti degli ultimi decenni, dopo quello di Sumatra nel 2004 e quello del Cile del 1960. In termini di energia questo sisma che ha colpito il Giappone è migliaia di volte più forte del terremoto dell’Aquila.

In termini di faglia attivata, nel terremoto dell’Aquila c’era stata una rottura per una lunghezza di circa 15 km e una profondità di 10-12 km. Qui parliamo di una faglia lunga 400 km e una profondità di diverse decine di km con uno spostamento di parecchi metri. La faglia è molto grande, come se in Italia si rompesse una faglia dall’Aquila a Bologna, tutta la zona sopra la faglia avrebbe effetti importanti.

Come mai assistiamo a un allarme tsunami di queste proporzioni?
L’epicentro del sisma era in mare, oltre 100 km dalla costa. Questo ha fatto sì che il terremoto colpisse fortemente la terraferma, ma meno di come avrebbe potuto se l’epicentro fosse stato a terra. In compenso la magnitudo e la localizzazione in mare hanno dato vita allo tsunami. Nell’Oceano il contatto tra la placca pacifica e quella del Giappone avviene a basse profondità. Andando verso Est il contatto tra queste due placche diventa più profondo. L’incontro delle placche arriva a rompere fino il fondo del mare e più energia viene rilasciata.

Come si prevede il rischio tsunami dopo un terremoto?
Contano sia la magnitudo del terremoto sia il modo in cui avviene la rottura lungo i piani di faglia. Il nostro sistema di monitoraggio calcola dalle prime onde sismiche sia la magnitudo (e ha funzionato bene perché gli strumenti ci hanno detto che si trattava di 8.8) sia alcuni parametri legati alla durata dello spostamento della faglia, che incide sul rischio tsunami. Più è lunga la rottura, più è facile che questo si verifichi, ma anche la profondità gioca un ruolo importante.

Un vostro comunicato dice che il sisma avrebbe spostato l’asse terrestre di 10 cm. Come può avvenire un simile spostamento?
Finora si tratta naturalmente solo di un’ipotesi, per verificarla servono studi con i satelliti. Comunque spostandosi una così grande massa di terra, diverse centinaia di km che si spostano di decine di metri sopra un’altra, viene alterato l’equilibrio della struttura interna della Terra. Il colpo potrebbe avere un effetto sui movimenti del pianeta. Si tratta di spostamenti molto piccoli che non solo non sono percepiti, ma non hanno neanche effetti particolari sull’ambiente.

Un evento di questa portata ci insegna qualcosa sulla possibilità di prevedere i terremoti?
Abbiamo visto le immagini dei giapponesi che hanno reagito con molta calma, si sono messi sotto le strutture portanti degli uffici e hanno dimostrato in generale grande fiducia nelle costruzioni antisismiche. E in effetti, rispetto alla magnitudo, il terremoto in sé non ha fatto molti danni, non abbiamo visto i crolli cui si è assistito per terremoti di intensità anche molto minore avvenuti altrove.

Non potendo prevederli scientificamente, quindi, l’unica prevenzione consiste nell’essere sempre pronti?
La preparazione al terremoto in questo caso ha fatto sì che molti danni e molte vittime fossero evitati e la capacità dei giapponesi di costruire in maniera antisismica probabilmente verrà premiata. Ha fatto senz’altro danni molto ingenti, e inevitabilmente delle vittime, lo tsunami che è seguito al sisma, ma anche per quello credo fossero abbastanza pronti: la maggior parte della gente ha fatto quello che doveva fare. Con terremoti e tsunami di questo tipo è impossibile che non ci siano vittime o danni. Quanto alla possibilità di prevedere i terremoti, nemmeno in Giappone ci sono ancora riusciti. Si sapeva però che la zona era una di quelle in cui si aspettava un grande terremoto, ma questo vale per molte altre aree, anche da noi.

Un terremoto di questo tipo potrebbe verificarsi in Italia?

No, da noi non si può verificare sia per la grandezza di faglia sia per gli assi di spostamento tra le faglie. Da noi gli spostamenti sono nell’ordine di pochi millimetri l’anno, lì invece di diversi centimetri. Sappiamo però molto bene quali sono le zone più a rischio in Italia: la fascia dell’appennino centro-meridionale, la Calabria, Sicilia orientale. L’unica cosa da fare è rinforzare quello che c’è e costruire edifici nuovi secondo criteri antisismici. Per fortuna abbiamo una buona normativa sismica, è ciò che è già stato costruito che presenta le principali debolezze.

Fonte: http://blog.panorama.it/

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