18 agosto 1977, Columbus (Ohio): una tranquilla mattina estiva. L’astronomo Jerry Ehman è a casa, e sta facendo, come quasi tutti i giorni, un controllo di routine delle stampe di dati provenienti dal Big Ear Radio Observatory della Wesleyan University, dove è ricercatore volontario. Il suo tavolo è ricoperto da un enorme faldone di fogli stampati dall’Ibm 1130, il computer usato per l’acquisizione e l’analisi dei segnali radio ricevuti dal cielo.
Le stampe, come di consueto, sono ricoperte da un fitto tessuto di numeri e lettere: per lo più 1 e 2. Queste cifre corrispondono all’intensità dei segnali radio ricevuti dall’enorme antenna dell’osservatorio: da 1 a 9 per le intensità minori, seguiti dalle lettere dell’alfabeto con l’aumentare dell’intensità. L’astronomo 37enne passa ad osservare le stampe relative a qualche giorno prima, il 15 agosto. All’improvviso, una breve ma sorprendente stringa di 6 caratteri cattura il suo sguardo, risvegliandolo dal suo torpore: circondata dall’usuale rumore di fondo di vari 1 e 2, la sequenza 6EQUJ5 è un fulmine a ciel sereno. Preso da un’incontenibile eccitazione, Ehman afferra una penna rossa appoggiata vicino al foglio e, di getto, traccia una linea attorno alla stringa e scrive a margine una singola parola “Wow!”.

Il
celebre commento ’Wwo!’ scritto da Ehman a margine dei dati. Crediti:
Big Ear Radio Observatory e North American AstroPhysical Observatory
(Naapo)

Jerry Ehman (al centro) insieme ai suoi colleghi del Big Ear Radio Observatory esaminano i dati. Crediti: www.bigear.org
L’ipotesi più recente è stata proposta dall’astronomo Antonio Paris, del St. Petersburg College, in Florida. Secondo Paris il “Segnale Wow!” potrebbe essere stato prodotto da due comete di recente scoperta – la 266P/Christensen e la 335P/Gibbs – che nel 1977 si trovavano, nel cielo, in prossimità della fonte del segnale, che potrebbe essere stato prodotto dalla nube di idrogeno che le accompagna. Il segnale non si sarebbe dunque ripetuto nella stessa posizione perché le due comete avrebbero modificato leggermente la loro orbita. Questa ipotesi, però, rimane controversa e non tutti la considerano una spiegazione plausibile.
Dunque, la questione rimane aperta: che cosa ha “sentito” il Big Ear quella mattina del 15 agosto 1977? Perché non è mai più stato possibile ricevere lo stesso segnale? Ciò che rimane certo è la meraviglia e l’emozione contenute in quella singola parola annotata a margine, capace di trasmettere l’entusiasmo più genuino di quegli uomini e donne che spendono anni con il naso all’insù, alla ricerca di una qualche prova dell’esistenza di intelligenze extra-terrestri. Ed è proprio questo entusiasmo e questo senso dello stupore che gli organizzatori della tre giorni di eventi ludici GiocAosta (18-20 agosto) cercheranno di risvegliare nei bambini, includendo pillole di divertimento scientifico sviluppate in collaborazione con l’Osservatorio astronomico della Regione autonoma Val D’Aosta. Tutto nella speranza che – da grandi – potranno essere proprio questi bambini a scoprire qualcuno, là fuori nell’immensità della galassia, che vuole provare a comunicare con noi.
Fabio Gironi
Fonte
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