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Tuesday, September 17, 2013

La Nasa vuole i pannelli solari nello spazio

SPS ALPHA satellite 1
Della possibilità di raccogliere l'energia solare nello spazio, inviandola a terra sotto forma di microonde, si parla ormai da quarant'anni come di un modo per avere energia pulita e che si possa distribuire facilmente su buona parte del pianeta

Fino a oggi, però, quasi nessuno pareva convinto che quella che sulla carta poteva sembrare una buona idea potesse funzionare anche nella realtà. Qualche anno fa Eads Astrium aveva annunciato risultati entro il 2015, ma la scadenza si avvicina e ancora non ci sono novità degne di nota. L'articolo continua qui sotto.L'ultima proposta in questo campo si chiama SPS-ALPHA (Solar Power Satellite via Arbitrarily Large Phased Array); reca la firma della NASA e, in particolare, di John Mankins, veterano dell'agenzia spaziale e fondatore della ARTEMIS Innovation, oltre che esperto dei sistemi SPS.
Secondo Mankins entro il 2025 potremo avere in orbita un prototipo funzionante di SPS-ALPHA, che presenta alcune sostanziali novità rispetto ai progetti concorrenti.
Innanzitutto, il dispositivo in orbita. Non si tratterebbe di un unico grande satellite ma di uno "sciame" di specchi progettati per lavorare insieme «come una colonia di formiche» con il compito di concentrare la luce del sole verso un unico elemento fotovoltaico.
SPS ALPHA satellite 2
(Fai clic sull'immagine per visualizzarla ingrandita)
Questo trasmetterebbe poi l'energia verso la Terra sotto forma di microonde. A Mankins l'idea di utilizzare a questo scopo un laser - avanzata per alcune proposte alternative - non piace: sebbene permetta di costruire impianti di trasmissione e ricezione più piccoli, comporta rischi maggiori, poiché i fasci di luce ad alta frequenza potrebbero recare danni alla vista delle persone e, potenzialmente, essere all'origine di incendi o esplosioni. «Pensate alla Morte Nera» spiega Mankins.
La soluzione basata sulle microonde richiederà a terra la costruzione di un disco ricevitore con un diametro tra i 6 e gli 8 km, progettato però in modo da avere un impatto ambientale irrisorio, potendo essere installato anche al di sopra di terreni coltivati (come il radiotelescopio di Arecibo, sebbene quest'ultimo sia decisamente più piccolo), tra i 5 e i 10 metri da terra.
Per quanto riguarda i vantaggi, Mankins spiega: «La centrale, essendo in orbita, può fornire energia a circa un terzo dell'umanità - non a tutti allo stesso tempo, ma chiunque in quella fascia potrebbe, in linea di principio, riceverla».
arecibo
L'antenna del radiotelescopio di Arecibo al di sopra di terre coltivate (Fai clic sull'immagine per visualizzarla ingrandita)
Per Mankins, «non ci sono difficoltà tecniche serie che fermino la costruzione e la messa in orbita del primo prototipo», anche se occorre risolvere alcuni problemi in modo che l'impianto sia funzionante e conveniente anche dal punto di vista economico.
Tra le difficoltà da risolvere c'è quella relativa al raffreddamento dei componenti (nello spazio non c'è aria), ma alla fine si dovrebbe riuscire a costruire una centrale che porterebbe il costo dell'energia a 10 centesimi di dollaro per kilowattora (attualmente negli USA la media è di 12 centesimi).
Mankins progetta di avere il primo prototipo entro tre anni e di costruire uno nuovo ogni 36 mesi: con questa tabella di marcia l'impianto del 2025, che dovrebbe iniziare a funzionare sul serio ed essere sfruttato, sarebbe un modello di quarta generazione.

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