Compie quarant'anni il "Segnale Wow!", il più famoso segnale radio di
origine sconosciuta mai ricevuto. Fu ET che provò a chiamarci, o
semplicemente una trasmissione di origine naturale? Ripercorriamo
insieme gli eventi dell'estate del 1977
18 agosto 1977, Columbus (Ohio): una tranquilla mattina estiva. L’astronomo Jerry Ehman è a casa, e sta facendo, come quasi tutti i giorni, un controllo di routine delle stampe di dati provenienti dal Big Ear Radio Observatory
della Wesleyan University, dove è ricercatore volontario. Il suo tavolo
è ricoperto da un enorme faldone di fogli stampati dall’Ibm 1130, il
computer usato per l’acquisizione e l’analisi dei segnali radio ricevuti
dal cielo.
Le stampe, come di consueto, sono ricoperte da un fitto tessuto di
numeri e lettere: per lo più 1 e 2. Queste cifre corrispondono
all’intensità dei segnali radio ricevuti dall’enorme antenna
dell’osservatorio: da 1 a 9 per le intensità minori, seguiti dalle
lettere dell’alfabeto con l’aumentare dell’intensità. L’astronomo 37enne
passa ad osservare le stampe relative a qualche giorno prima, il 15 agosto.
All’improvviso, una breve ma sorprendente stringa di 6 caratteri
cattura il suo sguardo, risvegliandolo dal suo torpore: circondata
dall’usuale rumore di fondo di vari 1 e 2, la sequenza 6EQUJ5 è un fulmine a ciel sereno.
Preso da un’incontenibile eccitazione, Ehman afferra una penna rossa
appoggiata vicino al foglio e, di getto, traccia una linea attorno alla
stringa e scrive a margine una singola parola “Wow!”.
Ehman non poteva prevedere che proprio questo “Wow!”, esclamazione
che racchiude tutta la sua sorpresa, diverrà il nome del segnale da lui
appena scoperto: a distanza di quattro decenni il “Segnale Wow!”
rimane il più celebre segnale di provenienza extraterrestre che può,
forse, indicare una forma di vita intelligente nella galassia. Il
“Segnale Wow!” – la sequenza alfanumerica 6EQUJ5 – corrisponde a un
segnale della durata di circa 72 secondi proveniente dalla regione
prossima alle tre stelle conosciute come Chi Sagittarii, e il cui picco
di intensità è rappresentato dalla lettera U, nella frequenza 1420 MHz.
Gli astronomi del Big Ear Radio Observatory scelsero proprio questa
banda perché questa è la frequenza in cui emette l’idrogeno “freddo” che permea l’universo: il programma Seti (Search
for Extra-Terrestrial Intelligence) ha da sempre tarato i propri
ricevitori radio proprio su questa frequenza, seguendo il ragionamento
che un’ipotetica civiltà extraterrestre sceglierebbe proprio questo
“canale universale” per trasmettere i propri messaggi.
Nel giro di pochissimo tempo, il “Segnale Wow!” ricevette
l’attenzione dell’intera comunità di scienziati del Seti, ma malgrado
numerosi tentativi, ad oggi nessuno è mai riuscito ad osservare lo
stesso tipo di trasmissione radio, né tramite il “Big Ear” né
utilizzando nessun altro radiotelescopio del pianeta. Che sia stato
veramente un segnale extraterrestre? Ehman e i suoi colleghi si misero
immediatamente al lavoro per considerare spiegazioni alternative, e più
plausibili. La maggior parte delle cause più probabili venne scartata:
corpi celesti nel sistema solare, satelliti, aerei, altri trasmettitori
radio… nulla sembrava essere in grado di spiegare quell’insolito
segnale.
L’ipotesi più recente è stata proposta dall’astronomo Antonio Paris,
del St. Petersburg College, in Florida. Secondo Paris il “Segnale Wow!”
potrebbe essere stato prodotto da due comete di recente scoperta – la 266P/Christensen e la 335P/Gibbs
– che nel 1977 si trovavano, nel cielo, in prossimità della fonte del
segnale, che potrebbe essere stato prodotto dalla nube di idrogeno che
le accompagna. Il segnale non si sarebbe dunque ripetuto nella stessa
posizione perché le due comete avrebbero modificato leggermente la loro
orbita. Questa ipotesi, però, rimane controversa e non tutti la considerano una spiegazione plausibile.
Dunque, la questione rimane aperta: che cosa ha “sentito” il Big Ear quella mattina del 15 agosto 1977?
Perché non è mai più stato possibile ricevere lo stesso segnale? Ciò
che rimane certo è la meraviglia e l’emozione contenute in quella
singola parola annotata a margine, capace di trasmettere l’entusiasmo
più genuino di quegli uomini e donne che spendono anni con il naso
all’insù, alla ricerca di una qualche prova dell’esistenza di
intelligenze extra-terrestri. Ed è proprio questo entusiasmo e questo senso dello stupore che gli organizzatori della tre giorni di eventi ludici GiocAosta
(18-20 agosto) cercheranno di risvegliare nei bambini, includendo
pillole di divertimento scientifico sviluppate in collaborazione con l’Osservatorio astronomico della Regione autonoma Val D’Aosta.
Tutto nella speranza che – da grandi – potranno essere proprio questi
bambini a scoprire qualcuno, là fuori nell’immensità della galassia, che
vuole provare a comunicare con noi.
Fabio Gironi
Fonte
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