Quattro verdure piantate nel deserto dell’Oman da un team di tre italiani: «Come sul Pianeta Rosso». L’Austrian Space Forum ha organizzato una base marziana dove specialisti di vari centri di ricerca condividono la missione Amadee-18 riproducendo un periodo di vita e lavoro come fossero su Marte
Se un giorno, ormai non lontano (si prevede intorno al 2035), i viaggiatori marziani godranno di buona salute grazie a una corretta alimentazione, lo dovranno anche ai ricercatori italiani. In un angolo del deserto del Dhofar, in Oman, nella Penisola Arabica, è stato allestito un orto ipertecnologico dove si coltivano quattro tipi di microverdure rosse: amaranto, cavolo cappuccio, senape e ravanello. L’esperimento appena iniziato si concluderà il 28 febbraio e alla fine cinque «astronauti» mangeranno il frutto della coltivazione.
Come su Marte
Nel
deserto l’Austrian Space Forum ha organizzato una base marziana dove
specialisti di vari centri di ricerca, agenzie spaziali e numerose
università condividono la missione Amadee-18 riproducendo sotto cupole
bianche un periodo di vita e lavoro come fossero sul Pianeta Rosso. E
quando escono per qualche studio geologico nel paesaggio con orizzonti
senza fine, analoghi a quelli di Marte, indossano tute e zaini di
sopravvivenza come i futuri veri astronauti. Naturalmente le
comunicazioni hanno un ritardo di venti minuti, proprio come in un
collegamento interplanetario.
Qualche iniziativa simile viene condotta anche negli Stati Uniti dalla Mars Society, ma questa in Oman include l’esperimento, unico finora, dell’orto con microverdure rosse battezzato «HortExtreme» perché mira a indagare condizioni estreme di coltivazione che potrebbero essere utili anche nelle aree più difficili della Terra, Antartide compreso, studiando i loro consumi energetici e l’adeguamento all’ambiente al fine di selezionare le specie più adatte.
Qualche iniziativa simile viene condotta anche negli Stati Uniti dalla Mars Society, ma questa in Oman include l’esperimento, unico finora, dell’orto con microverdure rosse battezzato «HortExtreme» perché mira a indagare condizioni estreme di coltivazione che potrebbero essere utili anche nelle aree più difficili della Terra, Antartide compreso, studiando i loro consumi energetici e l’adeguamento all’ambiente al fine di selezionare le specie più adatte.
L’orto
Luca
Nardi dell’Enea, Sara Piccirillo dell’Asi e Francesco Cavaliere
dell’Università di Milano hanno allestito nella base il loro orto con
due «vassoi», ciascuno contenente diecimila pianticelle. Chiuse in
atmosfera controllata, illuminate da luci Led e imbrigliate in una rete
di rilevatori e sistemi di alimentazione con riciclo totale, stanno ora
germogliando bene e sono quasi pronte per il banchetto finale. «Abbiamo
scelto i quattro tipi di verdure capaci di adattarsi ad un ambiente
estremo e con un ciclo di coltura di 15 giorni — spiega Luca Nardi,
l’agrobiotecnologo che ha realizzato l’impianto — pensando al viaggio
verso Marte dove saranno necessarie piante in grado di crescere in
fretta per essere utilizzate di frequente. Il secondo motivo è che
dovevano essere facilmente digeribili, ricche di acqua e di integratori
naturali». Le quattro specie, infatti, sono state selezionate perché
accumulano grandi quantità di sostanze minerali e fitonutrienti come
vitamine, carotenoidi e flavonoidi.
In tre giorni
Tra
questi ci sono le antocianine, vale a dire le molecole dotate di un
elevato potere antiossidante, preziose per aiutare le buone condizioni
di salute oltre ad avere un effetto antistress. «In tre giorni abbiamo
allestito nel deserto la coltura ed è stato un passaggio delicato per
garantire prima l’accuratezza della semina e poi la crescita delle
piante che seguiamo con una rete di sensori che ci trasmettono le loro
condizioni di sviluppo — racconta Sara Piccirillo, biologa dell’Asi —.
Se si verificano delle anomalie siamo in contatto con i cinque
esploratori pronti ad intervenire».
Tutti i dati arrivano ai laboratori dell’Enea alla Casaccia e a Innsbruck dove è attivo il centro di controllo della missione. Intanto gli «astronauti del deserto», in attesa di assaporare le loro microverdure, sono impegnati nel collaudo di un sistema di simulazione messo a punto dagli ingegneri della Mars Society italiana riproducendo con la realtà virtuale le condizioni di lavoro in cui devono operare. Sono i primi addestramenti al balzo verso il Pianeta Rosso.
Tutti i dati arrivano ai laboratori dell’Enea alla Casaccia e a Innsbruck dove è attivo il centro di controllo della missione. Intanto gli «astronauti del deserto», in attesa di assaporare le loro microverdure, sono impegnati nel collaudo di un sistema di simulazione messo a punto dagli ingegneri della Mars Society italiana riproducendo con la realtà virtuale le condizioni di lavoro in cui devono operare. Sono i primi addestramenti al balzo verso il Pianeta Rosso.
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