Studi a guida Inaf su dati strumento Asi-Inaf VIR a bordo di Dawn
Roma, 15 mar. (askanews) – Il pianeta nano Cerere, l’oggetto celeste
più grande nella fascia principale del nostro Sistema solare, si sta
rivelando sempre più un mondo assai dinamico dal punto di vista
geologico, e questo grazie all’acqua presente negli strati più esterni
della sua crosta. A confermarlo sono due nuovi lavori pubblicati sulla
rivista Science Advances, entrambi guidati da ricercatori dell’Istituto
Nazionale di Astrofisica e basati sulle osservazioni dello spettrometro
italiano VIR a bordo della missione spaziale Dawn della NASA. VIR è
stato fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) sotto la guida
scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Nel primo studio – spiega l’Inaf – l’occhio elettronico di VIR si è
posato ripetutamente sul cratere Juling, che si estende per circa 20
chilometri nell’emisfero sud di Cerere, dove ha scoperto tracce
inequivocabili di ghiaccio d’acqua sulla parete nord del cratere. La
parete ha un’altezza di circa 4 km ed è quasi illuminata da luce
riflessa dal cratere. Successive osservazioni effettuate nell’arco di
sei mesi hanno rivelato un progressivo aumento della quantità di
ghiaccio sulla parete del cratere. “Nella prima osservazione, la parete,
delle dimensioni di circa 40 chilometri quadrati, era coperta per il
nove per cento da ghiaccio d’acqua, nell’ultima osservazione era salita
al 14 per cento” dice Andrea Raponi, ricercatore dell’Istituto Nazionale
di Astrofisica a Roma e primo autore dell’articolo che descrive la
scoperta. “In termini assoluti significa un incremento di circa 2
chilometri quadrati di copertura di ghiaccio d’acqua”.
Secondo i ricercatori è il vapore d’acqua che condensa sulla parete
fredda del cratere la spiegazione più ragionevole per descrivere questo
comportamento. “Il ghiaccio potrebbe trovarsi sotto un sottile strato di
polvere sul fondo del cratere, e potrebbe sublimare a causa della
radiazione o di particelle ad alta energia provenienti dal Sole”
aggiunge Raponi. “A confortare questa ipotesi c’è la correlazione tra
l’aumento del ghiaccio e il flusso solare crescente sul cratere dovuto
al cambiamento stagionale e all’avvicinarsi del perielio di Cerere,
ovvero del suo massimo avvicinamento al Sole”.
Nel secondo articolo su Science Advances, lo strumento VIR è stato
utilizzato in modo intensivo per realizzare una serie di mappe della
distribuzione dei carbonati, un tipo di sali la cui origine è
strettamente legata ad un ambiente con presenza di acqua liquida. Le
mappe mostrano che i carbonati, principalmente di magnesio, sono
distribuiti in modo pressoché uniforme su tutta la superficie del
pianeta nano, con l’eccezione di varie aree circoscritte in cui i
ricercatori hanno individuato la prevalenza di natrite, un altro tipo di
carbonato a base di sodio. “Una più attenta analisi con dati a maggiore
risoluzione spaziale ci ha permesso anche di mappare delle piccole
aree, grandi fino a pochi chilometri quadrati, che mostrano un ulteriore
cambiamento nella composizione del terreno” commenta F. Giacomo
Carrozzo, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma e
primo autore dell’articolo. “I risultati suggeriscono la presenza di
acqua nel materiale che ricopre la superficie di quelle zone. I minerali
che meglio spiegano le misure di VIR sono la termonatrite e la trona,
due carbonati di sodio che hanno al loro interno delle molecole di
acqua”. In alcune aree, questo tipo di carbonati è osservato in
concomitanza di depositi di ghiaccio d’acqua. Difficile ancora dire con certezza quali siano stati i meccanismi che
hanno creato le condizioni per avere acqua liquida che a sua volta ha
prodotto così diffusamente i depositi di carbonati osservati. “Il
rilevamento di natrite e di carbonati di sodio idrati fornisce comunque
importanti limiti all’evoluzione chimica di Cerere” aggiunge Carrozzo.
“I carbonati di sodio idrati, infatti, non sono stabili sulla sua
superficie e perdono l’acqua contenuta al loro interno nell’arco di
pochi milioni di anni nelle condizioni ambientali presenti. Ciò implica
che i siti ricchi di carbonati idrati sono stati esposti ‘all’aria’ o si
sono formati in tempi relativamente recenti e quindi il processo di
disidratazione dovrebbe essere ancora in corso”. I due studi rafforzano
così l’idea che Cerere sia un corpo planetario ancora in evoluzione: i
processi che coinvolgono l’acqua liquida nella sua crosta sarebbero
infatti tutt’ora attivi.
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