LA generazione che metterà i piedi su Marte è già nata.
E tutti vogliono Marte: la Nasa è pronta a tornare sulla Luna come
volano per le future missioni sul Pianeta Rosso e il visionario Elon Musk ha
messo in cantiere la costruzione del super razzo BFR, con lo scopo di
inviare il primo equipaggio su Marte entro il 2024.
Ma il tempo che
passerà da qui a quel giorno non servirà unicamente a comprendere quali
sono le tecnologie migliori per spedire un equipaggio sul Pianeta Rosso e
garantirne la sopravvivenza: bisognare anche capire come rendere quella
spedizione un successo dal punto di vista psicologico. E per
scongiurare disastri - e mandare in fumo miliardi di investimenti -
serviranno prima di tutto spiccate capacità di team working, riassume
oggi un documento presentato sulle pagine di American Psychologist, la rivista dell'Associazione americana di psicologia (Apa).
Marte, estremo tra gli estremi. Intendiamoci, non che le abilità di team working siano
un'esclusiva di Marte, gli astronauti subiscono già una ferrea
selezione e un addestramento che mira a sviluppare le caratteristiche
più adatte anche sotto questo aspetto. Perché lo spazio, come ricordano
gli autori, rappresenta la quintessenza degli ambienti isolati,
confinati ed estremi (isolated, confined, and extreme, ICE). E se possibile Marte è ancora più estremo:
gli equipaggi delle missioni dirette verso il Pianeta Rosso potranno
infatti vivere anni lontani da casa, condividere un ambiente che per
quanto comodo sarà comunque ristretto e non potranno contare sull'assistenza in real time
da parte delle stazioni di controllo, a causa del ritardo nelle
comunicazioni tra Marte e la Terra (fino a 45 minuti). Tutte queste
condizioni non faranno che amplificare lo stress sperimentato dagli
astronauti durante le missioni spaziali.
Le simulazioni non bastano.
Certo, ricordano gli autori, esistono simulazioni eccellenti sulla
Terra che cercano di riprodurre in parte l'isolamento sperimentato
durante le missioni spaziali o il ritardo nelle comunicazioni e le
difficoltà che incontreranno i futuri marziani.
Ma tutte le simulazioni effettuate non possono simulare il grado di
pericolo reale cui andranno incontro gli astronauti diretti su Marte.
L'ambiente più adatto in questo senso sarebbe la Stazione spaziale
internazionale, ma il tempo a disposizione per raccogliere dati relativi
ad aspetti più psicologici, quali appunto le capacità di lavorare in
gruppo in ambienti rispetti e isolati, è limitato. Così come scarsi sono
i dati disponibili dalla letteratura nel campo ricordano gli autori,
per motivi diversi: dal numero limitato di astronauti coinvolti nelle
missioni di lunga durata, alla mancanza di standard per effettuare le
misurazioni, alla provenienza degli astronauti da culture diverse che
magari negli studi usano modelli differenti. Ciò non toglie che la
ricerca sul campo sia attiva, e la raccolta di dati più meramente
psicologici già cominciata.
Humor e resilienza. Nel
frattempo però è possibile stilare una sorta di caratteristiche ideali
per gli astronauti diretti su Marte raccolte dalle esperienze passate.
Per esempio essere emotivamente stabili, coscienziosi, aperti a nuove
esperienze, resilienti, non troppo introversi né troppo estroversi sono
tutte qualità che potrebbero essere d'aiuto. Così come saranno utili
buone dosi di motivazione e adattabilità, adeguate strategie di problem solving
e gestione dello stress. E perché no, un buon sense of humor: "L'humor è
una sorta di meccanismo di difesa sublimato, che ci permette di dire
cose che magari dette in altro modo potrebbero ferire gli altri",
commenta Roberto Ibba, psicologo del lavoro dell'Ordine
degli Psicologi del Lazio, secondo cui tra le qualità da allenare in
vista di missioni su Marte andrebbe messa in primo luogo la flessibilità
psicologica: "A livello teorico è la capacità dell'individuo di non
identificarsi con le proprie emozioni o pensieri, che potrebbero non
rispecchiare la realtà, e che a volte possono generare sospetto e
conflittualità. A livello più pratico ha a che fare con la capacità di
poter modificare le proprie abitudini, adattarsi alle situazioni, non
spaventarsi difronte alle situazioni che cambiano", spiega lo
psicologo.
Ma soprattutto team working. Accanto
alle capacità individuali, importantissime saranno però altrettanto
quelle di gruppo. Nella preparazione a missioni di lunga durata,
scrivono i ricercatori, sarà fondamentale dunque prestare attenzione
alle attività di pianificazione, alla capacità di prendere decisioni o
risolvere conflitti. Così come definire in modo chiaro gli obiettivi,
avere precise norme di comunicazione e debriefing e costruire
rapporti di fiducia prima del lancio. "Non è possibile stabilire a
priori una squadra di lavoro ideale, perché di volta in volta i gruppi
presentano dei livelli più o meno favorevoli alla collaborazione o alla
competitività - riprende Ibba - ma di certo si può lavorare per
favorire un lavoro di gruppo armonico ed efficiente, per esempio tramite
un addestramento che miri a ricreare le situazioni che potrebbero
presentarsi in futuro, contemplando anche quelle estreme in cui le
persone sono sottoposte a un forte stress, osservando le reazioni dei
singoli e allenandoli a gestirle". E non è detto che non si riveli
d'aiuto anche l'intelligenza artificiale, specie considerando
l'isolamento e la distanza degli equipaggi marziani. Sistemi che
monitorano parametri fisiologici, come la frequenza respiratoria o il battito cardiaco potrebbero essere
utilizzati per predire situazioni di forte tensione: "Magari in futuro
potremmo contare su dei sistemi intelligenti che a partire da queste
informazioni generino degli allarmi, e aiutino a fornire consigli su
come mitigare la situazione prima che diventi critica", conclude Ibba.
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