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Saturday, September 30, 2017

Campi Flegrei: bomba ad orologeria, piano di evacuazione inesistente

Il terremoto recentemente avvenuto a Ischia riaccende i riflettori sulla zona vulcanica più pericolosa al mondo. Il super vulcano dei Campi Flegrei, zona densamente abitata, potrebbe eruttare in qualsiasi momento. Si tratta di una bomba ad orologeria, ma il piano di evacuazione è tuttora inesistente.

Giuseppe Mastrolorenzo
Giuseppe Mastrolorenzo


 I rischi rappresentati dai Campi Flegrei, dal Vesuvio e dall'Isola di Ischia sono ben noti al mondo scientifico e alle istituzioni, ma per quanto possa sembrare paradossale, se avvenisse un'eruzione sarebbe impossibile portare in salvo la popolazione che abita la zona. Al giorno d'oggi manca un piano di evacuazione adeguato.
Inoltre, nonostante i pericoli naturali dell'intera zona vulcanica, l'attività dell'uomo amplifica i rischi di una catastrofe, ad Ischia e nei Campi Flegrei potrebbero sorgere delle centrali geotermiche con tanto di trivellazioni ad alte temperature. Per fare il quadro della situazione Sputnik Italia ha raggiunto Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo presso l'Osservatorio Vesuviano e l'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).

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— Giuseppe Mastrolorenzo, il terremoto di Ischia è collegato in qualche modo alle attività vulcaniche della zona oppure si tratta di due fenomeni separati?
— Il terremoto di Ischia è problematico dal punto di vista scientifico, perché è necessario fare altri studi in merito. Dalla rete sismica dell'INGV risulta che l'epicentro si trova su una struttura a tre chilometri a nord dell'isola. Questo è inusuale, perché in genere i terremoti in quest'area sono prodotti dalle strutture tettoniche dell'isola. I terremoti precedenti, anche se sono stati più forti come quello del 1881 e del 1883, erano prodotti da faglie che si trovavano su strutture vulcano tettoniche. L'epicentro in quel caso era sotto Casamicciola.
I terremoti di Ischia in generale dipendono, anche se non direttamente, dalla struttura geologica vulcanica, che caratterizza l'isola, in particolare dal sollevamento del monte Epomeo, che è un horst vulcano tettonico. Sotto l'isola vi è un sistema magmatico, ci sono state delle eruzioni in epoca storica, nel 1301-1302. Si tratta quindi di un'isola attiva, i terremoti in modo diretto o indiretto sono legati ad attività vulcaniche. Mentre gli altri sistemi, i Campi Flegrei e il Vesuvio hanno una propria dinamica indipendente da quella di Ischia.

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— Il terremoto di Ischia riaccende i riflettori sui Campi Flegrei. Qual è il vero pericolo rappresentato dalla zona?
— Il rischio dei due vulcani napoletani è elevatissimo, possono essere considerati senza dubbio i vulcani a più alto rischio al mondo. Il rischio è il prodotto della probabilità che si verifichi un'eruzione esplosiva disastrosa e del valore esposto, cioè la quantità di vite umane a rischio durante l'eruzione. Nel caso del Vesuvio e dei Campi Flegrei ancora di più il valore esposto è altissimo, si tratta di 3 milioni di persone a rischio di un evento che potrebbe verificarsi, per quanto ne sappiamo, in qualsiasi momento. Speriamo che in quel caso ci saranno molti precursori, fenomeni che annunciano l'eruzione in modo da prepararci per un'evacuazione; l'eruzione purtroppo potrebbe anche essere preannunciata di qualche ora soltanto.
Inoltre i Campi Flegrei sono un super vulcano, quindi uno dei pochi vulcani al mondo in grado di generare eruzioni di portata enorme, anche cento volte superiori a quella del Vesuvio che distrusse Pompei. Circa 40 mila anni fa ci fu un'eruzione dei Campi Flegrei che portò alla luce oltre 300 miliardi di metri cubi di magma. I Campi Flegrei sono ancora più critici rispetto al Vesuvio, dal 2012 si trovano al secondo livello di allerta su quattro, quello giallo. Mancano solo due livelli: l'arancione e il rosso. Il paradosso è che arrivati al livello rosso non ci sarebbe modo di salvare la popolazione, perché il piano di emergenza, che esiste sotto forma di bozza generale, non è completo perché manca un piano di evacuazione operativo.

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— Al giorno d'oggi quindi non esiste un piano di evacuazione ufficiale?
— Esiste un piano di emergenza, ma affinché questo sia operativo dev'esserci un piano di evacuazione. L'unico intervento possibile in caso di eruzione è l'evacuazione. Negli ultimi anni è stato realizzato il piano di emergenza per i Campi Flegrei, fra l'altro a mio avviso un piano sottodimensionato, perché all'interno si parla di un'eruzione di medio livello, non di una possibile eruzione di grande portata.
Esiste la strategia di trasferire la popolazione in altre regioni d'Italia, è previsto che i vari sindaci realizzino un loro piano locale, ma ancora non tutti i sindaci l'hanno fatto. Anche quando i piani dei sindaci saranno pronti, dovranno essere verificati e integrati dalla Regione Campania e infine approvati dalla Protezione Civile e dal presidente del Consiglio dei Ministri. Si tratta infatti di un'emergenza nazionale, le uniche emergenze a livello nazionale che abbiamo in Italia sono l'eruzione dei Campi Flegrei e quella del Vesuvio.
Il piano di evacuazione che prevede quali siano i mezzi, i soccorritori, le vie di fuga e le modalità di allarme manca del tutto. È un paradosso, ma se l'eruzione avvenisse fra una settimana, fra un mese, non ci sarebbe alcun modo per mettere in salvo la popolazione.


— Com'è possibile a suo avviso questo ritardo per il piano di evacuazione? Perché viene sottovalutato l'enorme rischio vulcanico?
— Da circa dieci anni denuncio la mancanza del piano di evacuazione operativo. La bozza del piano non è ancora il piano operativo vero e proprio. I singoli cittadini dovrebbero essere informati del piano in modo che possano mettersi in salvo. Io non ho un'idea del perché il piano venga sempre rinviato. Secondo me c'è una generale tendenza all'ottimismo, magari anche inconsapevole da parte di tutti.
Come hanno dimostrato le catastrofi avvenute negli ultimi decenni, dallo Tsunami nell'Oceano Indiano all'Uragano Catrina, in genere la catastrofe si prepara con una sottovalutazione. Si sa molto spesso qual è il rischio, ma c'è una tendenza comune nella popolazione, nelle istituzioni e nel mondo scientifico a sottovalutarlo. Forse si tratta di una tendenza in buona fede, notiamo che vi è però una schizofrenia fra le conoscenze scientifiche e la messa in pratica di queste conoscenze, come per esempio la realizzazione di un piano di sicurezza adeguato.
— Vorrebbe aggiungere qualcos'altro?


— Ai rischi naturali purtroppo si aggiungono spesso i rischi prodotti dall'uomo. Da alcuni anni sto combattendo contro la realizzazione di centrali geotermiche sia nei Campi Flegrei sia ad Ischia. Queste centrali funzionerebbe attraverso la trivellazione profonda, parliamo di mille metri nei Campi Flegrei e di mille trecento ad Ischia. Inoltre si tratterebbe dell'iniezione di fluidi caldi fino a 300 tonnellate l'ora e dell'estrazione di questi fluidi per produrre energia. Sappiamo bene che queste attività producono terremoti, possono provocare esplosioni vulcaniche in qualche caso. Nonostante ciò nessuna autorità si è opposta finora a questi progetti, esclusa la Regione Campania recentemente.
In un'area già ad alto rischio l'uomo crea altri rischi. L'uomo deve adeguarsi alla natura e non la natura all'uomo. Un'eruzione o un terremoto potrebbero verificarsi in qualsiasi momento, quindi a parte il monitoraggio dovremmo occuparci di prevenzione, costruire per esempio case antisismiche e realizzare un piano di evacuazione adeguato.

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