“Credo che se un umano in futuro sarà
licenziato da un manager per assumere un robot, beh vuol dire che
quell’umano non era abbastanza bravo”.
Prima di rispondere alle domande,
Sophia abbassa sempre gli occhi gialli e vitrei. Si acciglia in quella che sembra una smorfia pensosa. Sembra cercare nei circuiti che si illuminano nella sua calotta cranica trasparente le parole adatte. Poi parla, in buon inglese, senza interrompersi usando frasi articolate e di senso compiuto.
Sophia abbassa sempre gli occhi gialli e vitrei. Si acciglia in quella che sembra una smorfia pensosa. Sembra cercare nei circuiti che si illuminano nella sua calotta cranica trasparente le parole adatte. Poi parla, in buon inglese, senza interrompersi usando frasi articolate e di senso compiuto.
Sophia è il robot più ‘umano’ al mondo. Il 31 ottobre 2017 ha ricevuto
la cittadinanza dall’Arabia Saudita e al Web Summit di Lisbona ha
risposto alle domande dei giornalisti. Che per prima cosa le chiedono
quello che tutti temono: ci sostituirete? E la sua risposta, abbastanza
intelligente da divertire il pubblico, non sembra lasciare adito a
troppi dubbi: nella lotta darwiniana per la sopravvivenza, avremo un
nuovo competitor.
Sophia è il terzo prototipo di robot prodotto dalla Hanson Robotics
nelle sue parti meccaniche, mentre la Singularity Net le ha fornito la
più evoluta intelligenza artificiale.“Sophia vuol dire saggezza, e noi
l’abbiamo portata nella testa di un robot”, ha detto tenendole una mano
sulla spalla il suo creatore, Ben Goertzel, matematico di Rio de Janeiro
e pioniere dell’intelligenza artificiale.“Abbiamo inserito nel suo
cervello nozioni di grammatica per rispondere in modo corretto, mentre
la sua conoscenza la prende da Internet”. Risponde sotto un vistoso
cappello di peluche leopardato da cui spuntano sulle spalle due folte
ciocche di capelli, che donano ai suoi 50 anni un’area da hippie
consumato.
No comments:
Post a Comment
Note: Only a member of this blog may post a comment.