Terrazzamenti di travertino nel Mammoth Hot Springs, Parco Nazionale di Yellowstone (crediti: Ralf Broskvar) |
“Sulla Terra, il batterio che controlla la formazione di queste rocce è antico e prospera in ambienti estremi, simili alle condizioni esistenti su Marte”, sostiene Bruce Fouke, docente di geologia presso l’Università dell’Illinois, nonché professore associato di microbiologia dell’Istituto Carl R. Woese per la biologia genomica presso lo stesso Ateneo, che ha portato a termine uno studio finanziato in proposito dalla NASA.
“Il nome del batterio è insolito, Sulfurihidrogenibium yellowstonense” – sottolinea il docente – “per cui lo chiameremo, più semplicemente, ‘Sulfuri‘.
“Questo batterio appartiene ad un lignaggio che si è evoluto prima dell’ossigenazione della Terra, all’incirca 2,35 miliardi di anni fa”, spiega Fouke. “Può sopravvivere in acque estremamente calde e correnti, come quelle che sgorgano da sorgenti calde sotterranee; ha la capacità di resistere all’esposizione alla luce utravioletta e di sopravvivere in ambienti con livelli di ossigeno estremamente bassi, utilizzando zolfo e anidride carbonica come fonti di energia.
“Nel loro insieme, queste caratteristiche lo rendono un candidato ideale per la colonizzazione di Marte o pianeti simili a Marte”, dice Fouke. “E poiché funge da catalizzatore per la genesi di formazioni rocciose cristalline che, all’aspetto, ricordano strati di pasta alimentare, potrebbe essere una forma di vita relativamente facile da essere individuata, laddove se ne trovasse di analoga su altri pianeti”, aggiunge il ricercatore.
“L’associazione di Sulfuri con rocce che sono uniche per forma e struttura è in stretta relazione con il suo insolito stile di vita”, dice Fouke. “In acqua che scorre velocemente, i batteri Sulfuri si agganciano l’uno all’altro, formando fili strettamenti avvolti che ondeggiano come una bandiera fissata ad un’asta.
Ora, l’andamento ondeggiante dei fili impedisce l’attacco di altri microbi, che vengono inoltre scoragggiati anche dalla trasudazione da parte dei Sulfuri di un muco scivoloso anti-aggressìone.
“Questi fili di batteri Sulfuri sono incredibilmente simili ad un tipo di pasta, le fettuccine; mentre alle estremità, restando in tema di pasta, somigliano piuttosto ad un altro tipo, i capellini”, ironizza Fouke.
Il team ha analizzato i genomi microbici, ha valutato quali geni venivano attivamente tradotti in proteine e ha decifrato i bisogni metabolici dell’organismo, racconta Fouke.
Ma non si è fermato qui.
I ricercatori hanno anche esaminato le capacità dei Sulfuri nel costruire roccia, scoprendo che le proteine poste sulla superficie batterica sono in grado di accelerare la velocità con cui il carbonato di calcio (ossia il travertino) cristallizza dentro e attorno ai fili.
“Un miliardo di volte più velocemente che in qualsiasi altro ambiente naturale sulla Terra”, risponde Fouke.
Il risultato è la deposizione di ampie fasce di roccia indurita con una trama ondulata e filamentosa.
“Questa dovrebbe essere una forma di vita fossile facilmente rintracciabile su altri pianeti per un rover”, assicura Fouke. “Se scoprissimo questo tipo di roccia filamentosa su altri pianeti, sapremmo che è una potenziale impronta digitale della vita.
“E’ unica; nessun’altra pietra ha questo aspetto, per cui sarebbe una prova certa dell’attività di microbi alieni”.
Leonardo Debbia
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