Cinque astronauti, quindici esperimenti (quattro dei quali made in
Italy), poche settimane di missione per portarli a termine. Avrà inizio
fra poche ore, all'alba dell'8 febbraio, l'impresa "marziana"
dell'Austrian Space Forum. Regione di approdo: l'Oman sudoccidentale
Lo sbarco su Marte avverrà a breve, alle ore 8 di giovedì 8 febbraio.
Sotto l’occhio vigile del Mission Support Center, in Austria, cinque
astronauti toccheranno per la prima volta l’arida terra rossa del sito
di approdo. Indossate le tute spaziali progettate per proteggerli
dall’ambiente ostile nel quale dovranno sopravvivere per quattro
settimane, daranno inizio a all’intensa campagna scientifica della
missione: quindici esperimenti approntati da gruppi di ricerca di
diversi paesi, Italia compresa.
I cinque eroi, una donna e quattro uomini, sono Stefan Dobrovolny
(Austria), Carmen Köhler (Germania), Kartik Kumar (Paesi Bassi), João
Lousada (Portogallo) e Iñigo Muñoz (Spagna). E a essere proprio pignoli
non sono né astronauti né cosmonauti: sono analoghi. Come analoga è la missione, Amadee-18. E analogo è, soprattutto, il sito di atterraggio: una regione del Deserto arabico nel sudovest del Oman.
Già, perché seppur curata in ogni dettaglio, compresi i ritardi nelle
comunicazioni con la “base Terra” dovuti alla distanza dal Pianeta
rosso, Amadee-18 è una simulazione. Pensata per studiare e testare, in
condizioni per quanto possibile verosimili, attrezzatura, attività e
procedure che potrebbero essere impiegate nelle future missioni con
equipaggio umano.
Quattro gli esperimenti italiani in programma. C’è V(r)itago,
della Mars Planet italiana, un tool di realtà virtuale per
l’addestramento degli astronauti e per le analisi geologiche. C’è l’orto
marziano HortExtreme, una serra per coltivare ortaggi in ambienti estremi, coordinato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi). Sempre dell’Asi è il Field Spectrometry,
sviluppato con l’Inaf Iaps di Roma per misure di riflettanza e spettri
di radianza in un ambiente analogo a quello di Marte. E infine ScanMars, una collaborazione tra il Dipartimento di fisica e geologia dell’università di Perugia e l’Inaf Iaps di Roma.
«Lo strumento di ScanMars che acquisirà i dati durante la missione», spiega a Media Inaf uno dei responsabili dell’esperimento, Alessandro Frigeri, ricercatore all’Inaf Iaps di Roma, «è un ground penetrating radar
(Gpr), che permette ottenere delle vere proprie immagini del sottosuolo
tramite la ricetramissione di onde elettromagnetiche nel terreno. Nel
contesto dell’Oman, guideremo gli astronauti “analoghi”nell’acquisizione
di dati che ci permettono di osservare le evidenze geologiche
dell’azione dell’acqua in zone aride, che rappresenta l’analogo di
quello che stiamo studiando con le diverse missioni su Marte. Proprio
nell’ottica della preparazione alle prossime esplorazioni su Marte
dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, uno sforzo particolare si sta
facendo verso la sinergia con altri esperimenti, in particolar modo con
l’esperimento Field Spectrometry, lo spettrometro da campo dello Iaps e pi-ship Asi».
Fonte
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