Da oltre mezzo secolo, abbiamo esplorato il cielo nella banda
radio alla ricerca di segnali artificiali provenienti da sistemi
stellari appartenenti alla nostra galassia che potrebbero essere
l’evidenza indiretta di civiltà aliene.
Oggi, un gruppo di fisici dell’università della California, a Santa Barbara, sta proponendo una strategia diversa: rivelare sorgenti luminose molto brillanti osservando intere galassie.
Si tratta di un metodo promettente che potrebbe aiutare gli scienziati a
individuare la presenza di intelligenze extraterrestri in altri luoghi
al di fuori della Via Lattea. L’idea di utilizzare raggi luminosi per comunicare su scale astronomiche non è del tutto nuova.
Già nel 1874, il matematico finlandese Edvard Engelbert Novius suggerì
che la luce generata da oltre ventimila lampade potesse essere deviata
verso Marte mediante un sistema di specchi curvi. Sfortunatamente,
Novius non ricevette fondi per finanziare il suo progetto.
Il metodo proposto dai ricercatori americani è opposto a quello del
matematico finlandese e si basa sulla rivelazione passiva di segnali
luminosi di origine extraterrestre. O meglio, l’ambizione dei
fisici di Santa Barbara è quella di intercettare segnali prodotti da
sorgenti di luce incredibilmente brillanti che casualmente vengono
trasmessi verso Terra. Questo approccio deriva da uno studio
sviluppato sempre nella stessa università californiana. Diversi anni fa,
il fisico Phil Lubin suggerì di sincronizzare una serie di laser ad
alta potenza per produrre una sorgente di luce estremamente abbagliante.
La sua idea era quella di utilizzare una sorta di “super-laser”
per lanciare nello spazio una serie di sonde in miniatura verso stelle
vicine con una velocità pari a circa il 20 percento della velocità della
luce.
Qualcosa di complicato, ma non impossibile, e ora il progetto di
Lubin sta ricevendo fondi non solo dalla NASA ma anche da Breakthrough
Starshot, un’iniziativa privata fondata dall’imprenditore russo Yuri
Milner. Lubin è convinto che possano esistere civiltà
intelligenti così avanzate che si sono dotate di potenti laser ad uso
dei propri viaggi interstellari. Uno dei vantaggi di questo
progetto è dato dal fatto che tali sorgenti luminose sarebbero
facilmente visibili su scale astronomiche. Infatti, secondo alcuni
calcoli, un raggio laser estremamente luminoso sarebbe visibile da
enormi distanze e potrebbe persino superare la luminosità di stelle,
quasar e supernovae. Quasi certamente ce ne accorgeremmo. Il gruppo di
Santa Barbara utilizzerà piccoli telescopi per riprendere periodicamente
una serie di immagini della galassia di Andromeda, che dista 2,5
milioni di anni-luce. Poi, i ricercatori le confronteranno con alcune vecchie foto per vedere se appare una nuova “stella”, ossia una sorgente artificiale. Questo processo sarà automatizzato e l’esplorazione della galassia potrà andare avanti senza interruzione.
Ma perché proprio Andromeda? La ragione è semplice:
scegliere una galassia vicina significa scandagliare in tempi brevi una
vasta area di cielo. Inoltre, Andromeda, come la Via Lattea, contiene circa un trilione (ossia mille miliardi) di pianeti, da qui il nome del progetto: Trillion Planet Survey.
Ora, dato che i metodi di ricerca convenzionali si basano sul
monitoraggio di sistemi stellari vicini selezionati uno per volta, allo
stesso modo si spera che l’esplorazione di un’intera galassia possa
incrementare la probabilità di successo nel rivelare un segnale
artificiale di origine aliena. Tuttavia, tra gli esperti esistono alcune
perplessità.
Assumendo che Andromeda ospiti una civiltà avanzata i cui laser super brillanti scandagliano periodicamente il cielo, la rotazione del loro pianeta potrebbe ad esempio causare la mancata rivelazione del segnale da parte degli strumenti a Terra.
C’è da dire, poi, che Andromeda è stata studiata da molto tempo e
nessuno ha mai visto finora misteriosi segnali luminosi. In più, gli
astronomi che studiano le supernovae hanno già esplorato migliaia di
altre galassie con sistemi automatizzati. Sono state rivelate numerose esplosioni stellari e mai segnali luminosi riconducibili a sorgenti di tipo artificiale.
Naturalmente, il fatto di non avere mai rivelato sorgenti luminose
particolarmente brillanti non implica definitivamente la loro
esclusione. Del resto, gli attuali criteri di ricerca si basano
sul presupposto che eventuali civiltà aliene tecnologicamente avanzate
stiano trasmettendo segnali artificiali nello spazio oppure abbiano già
costruito delle megastrutture visibili da enormi distanze con i
telescopi.
Ad ogni modo, oggi esistono pochi programmi di ricerca che intendono
analizzare un insieme così grande di pianeti come la Trillion Planet
Survey. E chi lo sa, forse un giorno potremmo trovarci di fronte a un
caso inequivocabile dove una società tecnologicamente avanzata sta
davvero cercando di comunicare su scale intergalattiche utilizzando
sorgenti di luce artificiale estremamente luminose.
Corrado Ruscica
Commento di Oliviero Mannucci: Non c'è bisogno di cercare eventuali segnali luminosi nella galassia di Andromeda per trovare gli alieni. Basta studiare la casistica ufologica mondiale per capire che gli ET sono già tra noi. Sveglia!
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