MESSINA - Tutto pronto o quasi per
il cosiddetto Piano Sigonella 2012: da lunedì 5 novembre sino a
mercoledì 5 dicembre il più grande scalo militare Usa e Nato del
Mediterraneo ospiterà il traffico aereo civile del vicino aeroporto
internazionale di Catania Fontanarossa dove saranno effettuati i lavori
di rifacimento delle piste e di realizzazione delle strip di sicurezza.
Settantadue voli al giorno con quattro
movimenti l’ora tra partenze e ritorni, dalle ore 6 a mezzanotte, grazie
all’accordo sottoscritto tra l’Aeronautica militare italiana, l’ente
nazionale di aviazione civile (Enac) e Sac, la società di gestione dello
scalo etneo.
“Grazie a Sigonella 2012, l’aeroporto di
Fontanarossa, per tutta la durata dei lavori straordinari di
riqualificazione della pista, eccezionalmente resterà aperto al
pubblico, proprio in considerazione dell’importanza che esso riveste per
i siciliani”, spiegano i dirigenti Sac. Lo scalo catanese è oggi il più
grande del Sud Italia ed occupa il sesto posto fra quelli nazionali
quanto a volume di traffico, con circa 7 milioni di passeggeri l’anno.
Secondo la società di gestione, il trasferimento dei voli su Sigonella
causerà solo “difficoltà di ordine logistico” per gli utenti. Essi
dovranno raggiungere l’aeroporto di Catania per le operazioni di
check-in e controllo sicurezza almeno tre ore prima della partenza
prevista, mentre le operazioni di accettazione si chiuderanno 90 minuti
prima della partenza.
“Dopo il passaggio ai varchi di
sicurezza e le eventuali operazioni di dogana e frontiera i passeggeri,
ormai in area sterile, verranno trasportati a bordo di bus navetta nella
base di Sigonella, scortati da personale della security”, spiega la
Sac. I bagagli, invece, giungeranno a bordo di furgoni blindati. “Non è
consentito l’accesso autonomo a Sigonella da parte di passeggeri e/o
eventuali accompagnatori”, avvertono i gestori. “All’interno della base
non sarà consentito fare foto o riprese video e i trasgressori saranno
puniti secondo quanto previsto dal Codice penale”. Disagi pure
all’atterraggio: per lo sbarco e il trasporto con bus navetta a
Fontanarossa ci vorrà non meno di un’ora dall’arrivo a Sigonella. La Sac
però mette in guardia sulla possibilità di ulteriori ritardi “in
considerazione della complessità delle operazioni di sbarco e di
trasferimento a Catania dei bus per i passeggeri e dei furgoni per i
bagagli”. Sempre per ragioni di “sicurezza”, i passeggeri disabili e a
ridotta mobilità dovranno raggiungere Sigonella a bordo di “mezzi di
trasporto speciali” e senza i loro accompagnatori.
Il Piano Sigonella con relativo
vademecum per i passeggeri è stato approvato dalla società di gestione
lo scorso 28 settembre. La Sac si farà carico dei costi aggiuntivi per
il trasporto da e per Sigonella e di quelli per attrezzare lo scalo
militare all’attività del traffico civile, condizione richiesta da Enac e
ministero della Difesa per autorizzare l’uso delle piste.
L’accordo che consentirà di coprire il
60% circa del traffico massimo ospitato a Fontanarossa ha sollevato
perplessità e interrogativi tra gli attivisti della Campagna per la
smilitarizzazione di Sigonella che da un decennio invocano la
riconversione ad uso civile dell’infrastruttura e la sua trasformazione
in hub mediterraneo. “Dalla grande stazione aeronavale di Sigonella
decollano quotidianamente i famigerati droni, gli aerei senza pilota
utilizzati dalle forze armate statunitensi per la sorveglianza e i
bombardamenti in Africa e in Medio oriente”, afferma Alfonso Di Stefano.
“Oltre ad essere strumenti di morte, i velivoli telecomandati
rappresentano un rischio insostenibile per il traffico civile e le
popolazioni che risiedono nelle vicinanze dello scalo utilizzato per i
loro decolli e atterraggi. A questo punto è d’obbligo chiedersi se si
potrà volare da Sigonella solo con qualche disagio in più per i
passeggeri oppure in condizioni di sicurezza insufficienti. Chi ha
voluto che si utilizzasse la grande stazione Usa per il traffico aereo
civile è a conoscenza che l’intensità operativa dei droni crescerà in
modo esponenziale proprio il prossimo mese di novembre?”.
Gli attivisti No war siciliani rilevano
in particolare come lo scorso 3 settembre, prima che venisse varato il
Piano Sigonella, sono state emesse tre notificazioni a tutti i piloti di
aeromobili (i cosiddetti “NOTAM”), distinti dai codici B6164, B6166 e
B6167, che hanno prorogato sino al 30 novembre 2012 i provvedimenti che
impongono la sospensione delle procedure strumentali standard nelle fasi
di accesso, partenza e arrivo degli aerei a Catania Fontanorssa, “causa
attività degli Unmanned Aircraft”, gli aerei senza pilota delle forze
armate statunitensi e Nato. “Tre NOTAM con identiche prescrizioni sono
stati emessi pure per lo scalo di Trapani Birgi nel periodo compreso tra
il 31 agosto e il 28 novembre 2012 a riprova che il traffico dei droni
sarà intensissimo e riguarderà buona parte dello spazio aereo
siciliano”, aggiungono i portavoce della Campagna per la
smilitarizzazione.
A determinare l’ennesima escalation
nell’uso dei velivoli senza pilota, oltre all’acutizzarsi delle crisi in
Corno d’Africa, nella regione dei Grandi Laghi, in Yemen e in Siria, la
decisione della Casa Bianca di autorizzare un blitz militare in Libia
contro i presunti responsabili dell’attacco jihadista dell’11 settembre
scorso al consolato di Bengasi, nel quale furono uccisi l’ambasciatore
Chris Stevens, un agente dei servizi segreti e due contractor
statunitensi. Secondo alcuni quotidiani Usa, le attività d’intelligence
per individuare i potenziali obiettivi sono state affidate proprio ai
droni ospitati in Sicilia. E come accaduto lo scorso anno durante la
guerra in Libia, è presumibile che saranno ancora una volta gli aerei
telecomandati di Sigonella ad assumere un ruolo centrale nei
bombardamenti. Il Pentagono, congiuntamente alla Cia e al Dipartimento
di Stato, hanno predisposto piani di attacco con droni pure contro le
milizie di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) che hanno assunto il
controllo del Mali settentrionale.
Due anni fa, l’Aeronautica militare e
l’Enac siglarono un accordo tecnico per le attività di aeronavigazione
nello spazio aereo italiano dei Global Hawk, gli aeri senza pilota di
grandi dimensioni schierati a Sigonella da Washington. Senza attendere
una normativa europea che disciplini in via definitiva l’impiego degli
aeromobili a pilotaggio remoto nel sistema del traffico aereo generale, è
stato consentito che essi operino nell’ambito di spazi aerei
“determinati” e con l’adozione di procedure di coordinamento tra
autorità civili e militari “tese a limitare al massimo l’impatto sulle
attività aeree civili”. Secondo l’accordo, i profili delle missioni, le
procedure operative, le aree di lavoro e gli equipaggiamenti dovrebbero
essere stabiliti “nel rispetto dei principi della sicurezza del volo”,
fermo restando che in caso di “operazioni connesse a situazioni di crisi
o di conflitto armato” l’impiego dei droni non può essere sottoposto a
limitazioni di alcun genere.
La pericolosità di questi nuovi sistemi
d’arma è documentata in numerosi studi. “Effettivamente il rateo
d’incidenti dei sistemi aerei senza pilota (UAS) non è incoraggiante per
poter essere ottimisti sui tempi di integrazione di questi sistemi
nello spazio aereo nazionale”, ammette il maggiore dell’aeronautica
Luigi Caravita, autore di una ricerca sui droni pubblicata per il Centro
Militare di Studi Strategici (Cemis). “Da fonti ufficiali si apprende
che nelle prime 100.000 ore di volo il tasso d’incidente del MQ-1
Predator ammontava a 28, oltre il doppio del cacciabombardiere F16.
Altri sistemi a pilotaggio remoto come il Pioneer, l’Hunter e l’RQ-7
Shadow hanno invece un rateo di incidenti di almeno uno-due ordini di
grandezza superiore (…) Ad oggi gli UAS militari non sono autorizzati a
volare, se non in spazi aerei segregati, perché non hanno una banda
aeronautica protetta, non sono ancora considerati sufficientemente
affidabili, non sono dotati di una tecnologia sense & avoid (senti
ed evita) matura, non hanno ancora totalizzato un numero di ore di volo
sufficiente da costituire un safety case rappresentativo e convincente,
non è stata ancora dimostrata adeguata resistenza da attacchi di cyber
warfare”.
Nel marzo 2010, l’agenzia europea per il
controllo del traffico aereo (Eurocontrol) ha indicato le linee guida a
cui gli stati membri dovrebbero attenersi per la gestione dei Global
Hawk nello spazio europeo, considerato il fatto che “sino a 20 velivoli
Uav di questo tipo saranno schierati a Sigonella dalle forze armate
statunitensi o entreranno in funzione con la Nato con il nuovo programma
di sorveglianza terrestre AGS”. Eurocontrol raccomanda di prevedere
“normalmente rotte specifiche” evitando che i droni “sorvolino aree
densamente popolate aree o uno spazio aereo congestionato o complesso”.
In considerazione che i droni “mancano delle capacità di sense &
avoid e di prevenzione delle collisioni con altri velivoli che
potrebbero incrociare le proprie rotte”, Eurocontrol ha chiesto inoltre
d’isolare i Global Hawk nelle fasi di ascensione ed atterraggio (le più
critiche) e durante le attività di volo in crociera che “devono avvenire
in alta quota al di fuori dello spazio aereo riservato all’aviazione
civile”. Sigonella è tutt’altro che un aeroporto isolato e gli aerei che
atterrano a Fontanarossa eseguono rotte che sfiorano il perimetro della
base militare. Come sia stato possibile autorizzare la trasformazione
del grande scalo Usa in “capitale mondiale” dei droni è un interrogativo
sino ad oggi senza risposta. Che oggi si appresti a far convivere il
traffico civile con le evoluzioni belliche di Global Hawk e Predator
sembra quasi una follia.
Che l’uso dei droni fosse incompatibile
con l’ipotesi di trasferire a Sigonella il traffico aereo di
Fontanarossa, lo aveva ripetutamente dichiarato il comando del 41°
Stormo dell’Aeronautica militare italiana nel corso della prima decade
di settembre. In un articolo pubblicato l’8 settembre sul quotidiano La
Sicilia, il noto giornalista Tony Zermo, citando fonti militari, aveva
rilevato come il vero problema per il trasferimento degli aerei di linea
nella base militare fosse rappresentato proprio dai velivoli senza
pilota “che quando atterrano e decollano non possono avere vicini aerei
civili”. Tre giorni dopo, il capo ufficio stampa dell’Aeronautica,
colonnello Cazzaniga, pubblicava su La Sicilia una nota per spiegare le
ragioni che “impedirebbero il regolare flusso del traffico civile e
commerciale da e per l’aeroporto di Sigonella”: la presenza dei cavi di
arresto installati sulla pista per l’atterraggio dei caccia utilizzati
nel 2011 durante la guerra in Libia e – testuale - le operazioni dei
velivoli senza pilota (droni).
Ciononostante, sotto il pressing dei
parlamentari, degli industriali e degli operatori turistici siciliani e
dopo un vertice tra i ministri Corrado Passera (sviluppo economico) e
Giampaolo Di Paola (difesa), il 13 settembre veniva istituito un tavolo
tra l’Enac, l’Ami e la Sac per trovare una soluzione alle “criticità”
evidenziate e consentire di trasferire a Sigonella il traffico civile di
Fontanarossa. Giorno 16, era ancora Tony Zermo ad annunciare il
raggiungimento dell’accordo per l’utilizzo da parte degli aerei di linea
di “entrambe le piste di volo” di Sigonella. “I Global Hawk destinati a
controllare dall’alto le emergenze certamente si muoveranno, ma a
Sigonella sono soltanto tre”, aggiungeva l’editorialista. “L’unica
difficoltà che ci può essere è che quando questi grandi aerei
dall’apertura alare di 40 metri stanno per atterrare o stanno per
partire dalla base hanno bisogno di avere tutti gli spazi aerei: e
quindi gli aerei commerciali dovranno stare in stand by consumando più
benzina del solito. È un costo che le compagnie sosterranno”. Come dire
che pur di non perdere affari e profitti si è sempre pronti a tutto…
Fonte: http://www.dazebaonews.it
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