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Monday, October 24, 2011

Shuttle in pensione, l'astronauta Vittori: "Una perdita necessaria per dare il via allo sviluppo di nuove navicelle"



Con il pensionamento degli Shuttle la Nasa ha rinunciato ad uno strumento importantissimo, un “camion spaziale” in grado di trasportare nello spazio grandi quantità di materiale e, fino ad oggi, l’unico “mezzo” capace di gestire operazioni complesse grazie al braccio robotico: ora, con la Soyuz, tutto questo non sarà più possibile. Per comprendere cosa accadrà nel prossimo futuro abbiamo parlato con l’astronauta italiano Roberto Vittori, colonnello dell’Aeronautica Militare che vanta al suo attivo tre missioni spaziali: due a bordo della navicella russa e una sullo Shuttle.




Cosa significa essere astronauta e, nel suo caso, anche cosmonauta?

“Astronauta e cosmonauta sono la medesima figura professionale. Per chiarire diciamo che colui che viaggia nello spazio viene definito astronauta nelle missioni della Nasa e cosmonauta in quelle russe. Avere entrambe le esperienze è comunque importante, perché Soyuz e Shuttle sono macchine completamente differenti, gli stessi modi di operare di russi e americani sono diversi, le due culture sono in qualche modo contrapposte”.
Essere un militare, sebbene lei sia un alto ufficiale, significa spesso rispondere “sì” ad un comando: da astronauta c’è mai stata una volta che avrebbe voluto fare un passo indietro e dire no?
“Il dire sì non è certamente la caratteristica principale del mondo militare da cui operativamente provengo. Tutte le organizzazioni richiedono degli ingranaggi che funzionino nella direzione voluta, ma un pilota collaudatore non è tra questi, non si limita a rispondere sì ad ogni commando. Il nostro compito è quello di dare una spinta allo sviluppo tecnologico, provare nuove macchine e farlo in totale sicurezza. Personalmente dico pertanto sì, mi è capitato. Le nostre opinioni, quelle dei piloti, vengono tenute in alta considerazione: possiamo esprimere tranquillamente eventuali dubbi. Se c’è un’osservazione che riteniamo importante è fondamentale parlarne per poi procedere nella maniera più sicura possibile. Le osservazioni e i commenti vengono puntualmente fatti nel momento in cui si nota qualcosa che potrebbe avere un impatto su una missione e sulla sicurezza di un dato equipaggio”.
Tre missioni nello spazio, nel 2002, nel 2005 e nel 2011, ha mai avuto paura e nel caso in quale occasione?
“Nel 2002 e nel 2005 sulla Soyuz, nel 2011 con lo Shuttle. Tra queste tre esperienze spaziali ricordo con una certa ansia gli atterraggi con la Soyuz. Si tratta di una esperienza molto forte, traumatica sia per l’equipaggio che per la struttura. E’ un qualcosa di molto sicuro, estremamente abile, efficiente ma non è comodo anzi, è estremamente scomodo e all’interno è molto ‘dinamico’”.
Con il pensionamento degli Shuttle cosa cambierà per la vostra categoria e nella ricerca internazionale?
“Andare sullo spazio sarà ancora possibile, grazie alla Soyuz. Resta il fatto che senza gli Shuttle si è perso uno strumento importante. La navicella della Nasa era una sorta di camion spaziale, in grado di trasportare fino a 20mila chilogrammi e fare operazioni complesse grazie al braccio robotico: tutto questo non sarà più possibile con la Soyuz. Il suo pensionamento è una grande perdita, ma con il suo pensionamento si potranno destinare risorse ed energie allo sviluppo del suo sostituto”.
Attualmente la Nasa sta lavorando a nuove navicelle?
“Di idee ce ne sono, di progetti anche, ma non posso fare previsioni su quali tra i tanti abbiano più probabilità di diventare realtà. Sicuramente ci sarà un periodo, tra 5 - 10 anni, in cui rimarremo senza Shuttle o similari.
Sullo “Space lunch system” cosa può dirci?
“E’ uno dei progetti a cui facevo riferimento, ma non posso dire che tipo di fortuna possa incontrare. Ce ne sono stati anche degli altri, ma è difficile fare una previsione. Sono progetti estremamente complessi, impegnativi, che poi ad un certo punto vengono anche influenzati dal ciclo elettorale degli Stati Uniti. Al momento non è possibile capire quando e come lo Shuttle verrà definitivamente sostituito”.
L’America detiene il “quasi assoluto controllo delle missioni spaziali”, ora i Paesi emergenti stanno preso in mano le leve del commando?
“E’ uno scenario tutt’altro che impossibile, anche se parlare di cessione delle leve di commando è un po’ forte. Lo scenario oggi conosciuto potrebbe comunque cambiare. La Cina ha già lanciato i propri ‘takionauti’, l’equivalente dei nostri astronauti, ma per il momento il loro programma spaziale ripercorre le strade già presidiate e superate dalle agenzie occidentali. Non è tuttavia escluso che la Cina possa in futuro andare oltre i risultati ottenuti con la stazione orbitale, che ricordo esser il risultato di una collaborazione tra Russia, Stati Uniti, Europa, Canada e Giappone. Per quanto riguarda l’Italia ha un importante presenza all’interno dell’Esa, e quindi con la Nasa, ma dovrebbe continuare ad investire per continuare ad esser presente in un settore strategico. Cina e India nell’immediato hanno una caratteristica vincente, la dinamicità, una carta che in futuro potrebbe farle diventare protagoniste dell’esplorazione spaziale”.
Molti suoi colleghi hanno affermato negli anni di essersi imbattuti in oggetti volanti “non meglio identificabili”: lei crede nella possibilità che in un qualche remoto angolo del Cosmo vi siano altre forme di vita intelligente?
“Credo che sia improbabile che il genere umano, la nostra specie, sia l’unica presente in questo Universo, che ancor più appare infinito se lo si guarda dalla prospettiva della Stazione Spaziale Internazionale. Credo sia improbabile, però non ho avuto nessuna esperienza che mi possa portare ad andare oltre il discorso probabilistico”.

Redazione Tiscali

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