Andrebbe a schiantarsi con una velocità d’impatto di 90 chilometri al secondo per spostarne l'orbita
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Ricostruzione computerizzata di Apophis |
MINACCIA - Il corpo celeste ha infatti un diametro di duecento metri (altre valutazioni dicono 350 metri) e si muove alla velocità di 20 chilometri al secondo per cui l’impatto libererebbe un’energia spaventosa. Si pensi che l’asteroide o la cometa caduta a Tunguska nel 1908 distrusse 80 milioni di alberi lasciando traccia su 2.150 chilometri quadrati nella disabitata Siberia. E aveva solo 30 metri di diametro.
IPOTESI - Americani (e ci lavora persino il Pentagono) e russi stanno esaminando varie ipotesi, ma quella che sta emergendo con maggior interesse punta alla costruzione di una sonda spaziale capace di avvicinarsi ad Apophis facendogli in qualche modo cambiare rotta. Gli americani immaginano un veicolo il quale senza nemmeno sfiorare il corpo celeste ne influenza il cammino grazie all’effetto generato dalla sua massa. I russi invece pensano a una sonda che approda in superficie e azionando i suoi propulsori ne devia la traiettoria.
CINESI - I cinesi dell’Università di Tsinghua a Pechino studiano qualcosa di più sofisticato, anche se l’obiettivo rimane sempre quello di modificare il percorso evitando che incroci la Terra. In un articolo un gruppo di astronomi guidati dal professor Shengping Gong propone un veicolo spaziale dotato di una vela solare. Questa, spinta dalla pressione della radiazione dell’astro su un’orbita retrograda rispetto a quella di Apophis, andrebbe alla fine a schiantarsi su di esso con una velocità d’impatto di 90 chilometri al secondo; quanto basta per provocare appunto uno spostamento anche se la sonda è di piccole dimensioni. Il pericolo aguzza l’ingegno. E se anche Apophis poi cambiasse strada naturalmente, come è prevedibile, quello che si è imparato sarebbe utile per affrontare altre minacce analoghe. Sono centinaia gli asteroidi che incrociano l’orbita della Terra e qualcuno in futuro potrebbe diventare rischioso.
Giovanni Caprara23 agosto 2011
Fonte: http://www.corriere.it
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