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Monday, June 27, 2011

La tratta delle scorie

Rifiuti nucleari: treni radioattivi tra Italia e Francia.

di Maurizio Bongioanni

Dopo vittoria del «sì» al referendum, si cerca di capire come smaltire senza rischi le scorie prodotte dai quattro reattori italiani che hanno operato tra il 1963 e il 1990. Il materiale radioattivo prodotto si trova ancora a Saluggia, paesino agricolo del vercellese col più grande deposito italiano di scorie. Secondo i dati contenuti nel libro di Beppe Grillo, Spegniamo il nucleare (Rizzoli, 2010), i costi per i rifiuti nucleari nel 2007 hanno raggiunto la cifra di 500 milioni di euro all'anno.

Gli accordi bilaterali tra Italia e Francia prevedono che, entro la fine del 2012, 12 treni partiranno da qui per raggiungere il sito nucleare francese di Areva a Le Hague, dove le barre di uranio vengono “riprocessate” e rispedite al mittente.
Ma questi viaggi non sono privi di rischi. Lo dimostra quello che è successo nella notte fra l'8 e il 9 maggio alla stazione di Avigliana, in provincia di Torino, dove un convoglio (il secondo dei dieci previsti) fu bloccato da alcuni manifestanti del comitato No Tav e la protesta degenerò in uno scontro con la polizia.
Secondo Dominique Malvaud, rappresentante del sindacato dei ferrovieri Sud-Reil, «esistono tre problemi, tutti e tre legati alla disinformazione. In primo luogo, le misure di sicurezza indicano che un convoglio può sopportare un urto nei limiti dei 50 km/h e una caduta di nove metri. Nei tratti in cui passano questi treni, invece, si rischiano cadute fino a 20 metri a velocità maggiori», spiega Malvaud.
Inoltre, aggiunge, «un essere umano tollera circa 2 millisievert (mSv, l'unità di misura che si usa per le radiazioni) all'anno senza danni sostanziali al proprio organismo: a due metri di distanza, il treno emette 0,2 mSv/h mentre al contatto con gli imballaggi la radioattività salirebbe a 2 mSv/h».
Infine, va detto anche che «nei centri di smistamento, i treni rimangono fermi per ore e ai ferrovieri francesi non vengono dati in dotazione nemmeno una tuta protettiva o un paio di guanti. La radioattività viene portata nelle case dei ferrovieri attraverso i vestiti che vengono usati sul lavoro».

Fonte: http://www.lettera43.it/

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