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Friday, April 30, 2021

NASA Remembers Apollo Astronaut Michael Collins

Meanwhile Here On Earth: Richard M Dolan and Peter Robbins

UFO Secrecy in a Changing World Conference May 20

Baker Mayfield Talks the 2021 QB Draft Class and His Insane UFO Sighting...

Indian Army Encounters With UFO & Yeti | Indian Army Mysterious Incidents

WOW! A passenger catches a UFO in the sky of Bogota Colombia

Is This The NEW Secret Space Force Craft?! WHOA WATCH THIS! 2021

NAVE CREW DRAGON CASI COLISIONA CON UFO | A 10000 METROS FRENTE A OBJETO

  

Comment by Oliviero Mannucci: Dear readers of  I TEMPI SONO MATURI, I spent some time analyzing this video and do you know what conclusion I came to? NASA is not telling us the truth. The UFO reported to astronauts as a possible danger, is certainly not this. Or at least, not only this. In fact, I remember that in space, even a small object like the one shot in this video, given the enormous speed at which it travels, is a real bullet that can cause serious problems in case of impact. But the object in question detaches from the stadium that was going away and we then see it go through the whole frame to end up inside the spaceship. So the danger reported by NASA to the crew is not that, but something much greater that NASA does not talk about.

UFOS LLEGADOS DEL FUTURO LOS DOPPELGÄNGERS

Coronavirus: i Servizi avvertirono USA, alleati NATO e Israele. Altro che complotti! ( difesaonline.it )

 

(di David Rossi)
29/05/20

“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?” - Parafrasando Nanni Moretti, probabilmente a Roma qualcuno si è chiesto se sia meglio ammettere sottovoce di aver ricevuto delle comunicazioni classificate sul pericolo di una pandemia e di non averle lette (come sembra abbia fatto il presidente americano) o se valga la pena negare fino alla morte qualunque comunicazione. Per adesso, gli eroi italici sono arroccati sulla posizione della negazione ad ogni costo.

Andiamo per ordine e ricostruiamo per mezzo dei più illustri media internazionali quello che si sa.

Alcuni "geniali" commentatori degraderanno tutto questo a complotto: francamente, è un tentativo un po’ miserevole di coprire, anche in buona fede, che cosa è successo quando i danni della pandemia potevano essere ancora limitati.

La pandemia? Era attesa da almeno tre anni dalle spie USA

Partiamo da NBC1, secondo la quale è un fatto accertato che da anni l’intelligence americana tenesse un occhio puntato sul pericolo di una nuova pandemia causata da un coronavirus cinese: nonostante non fossero riuscite “ad anticipare alcuni grandi sviluppi, dalla disintegrazione dell'Unione Sovietica alla rapida crescita dell'ISIS… le spie hanno previsto qualcosa come il coronavirus”.

Per anni, le agenzie di intelligence americane hanno messo in guardia sui crescenti rischi di una pandemia globale che potrebbe mettere a dura prova le risorse e danneggiare l'economia del Pianeta, osservando che la frequenza e la diversità delle epidemie di malattie globali sono aumentate.

In una valutazione delle minacce in tutto il mondo nel 2018 e 20172,3, gli analisti dell'intelligence hanno persino citato un cugino dell'attuale COVID-19, affermando che aveva "potenziale pandemico… e per acquisire un'efficiente trasmissibilità da uomo a uomo". È del gennaio 2019 la valutazione dell'Ufficio del direttore dell'intelligence nazionale secondo il quale “gli Stati Uniti e il mondo rimarranno vulnerabili alla prossima pandemia… che potrebbe portare a massicci tassi di morte e disabilità, compromettere gravemente l'economia mondiale”.

NBC ricorda che gli Stati Uniti spendono più di 80 miliardi di dollari all'anno per la raccolta di informazioni.

L’epidemia già imperversava in Hubei a novembre

Secondo il canale israeliano Channel 12, la comunità dell'intelligence statunitense è venuta a conoscenza della malattia emersa a Wuhan nella seconda settimana del novembre 20194. D’altronde, “già a fine novembre, i funzionari dell'intelligence degli Stati Uniti si erano impegnati nell’avvertire le autorità che un contagio stava imperversando nella regione cinese di Wuhan, cambiando gli standard di vita e di lavoro e rappresentando una minaccia per la popolazione, secondo quattro fonti” arrivate ad ABC5.

A fornire tutti i dettagli fu un rapporto dell'intelligence prodotto nel novembre 2019 dal National Center for Medical Intelligence (NCMI) dell'esercito americano. Ad allarmare gli analisti era il fatto che una epidemia fuori controllo avrebbe costituito una grave minaccia per le forze statunitensi in Asia, forze che dipendono dal lavoro dell'NCMI. Non a caso consigliarono il governo statunitense di “intensificare gli sforzi di mitigazione e contenimento molto prima per prepararsi… a un evento che potrebbe essere catastrofico”.

Il rapporto fu fatto circolare ma Trump lo ignorò (come fa sempre)

Lungi dal finire solo sulla scrivania di Trump, “il rapporto NCMI è stato reso ampiamente disponibile alle persone con accesso alle informazioni della comunità di intelligence americana. In seguito al rilascio del rapporto, altri bollettini della comunità dell'intelligence hanno iniziato a circolare attraverso canali confidenziali in tutto il governo” attorno al 28 novembre. Secondo dette analisi, “la leadership cinese sapeva che l'epidemia era fuori controllo anche se teneva nascoste informazioni così cruciali ai governi stranieri e alle agenzie internazionali”6. Chi doveva leggerlo, cioè lo stesso presidente Trump, lo ignorò di proposito perché “si rifiuta notoriamente di leggere i rapporti di intelligence”. Non a caso, l’inquilino della Casa Bianca fece il suo primo commento sul coronavirus il 22 gennaio, dicendo alla CNBC che "l'abbiamo completamente sotto controllo ... andrà tutto bene." Ricordiamo che per adesso, il conto negli USA è di oltre 100.000 morti…

Israele e la NATO sapevano…

Nonostante il silenzio di Trump, gli americani decisero - pur non fornendo il testo del rapporto - di aggiornare due alleati strategici con alcuni contenuti classificati: la NATO e Israele. Gerusalemme prese talmente sul serio la cosa che “funzionari militari israeliani a fine novembre discussero circa la possibilità della diffusione del virus nella regione e di come questo avrebbe influenzato Israele e i paesi vicini”7. Viceversa, il ministero della Salute non ritenne di dover approntare misure precauzionali di sorta8. È bene ricordare che l’Italia è un membro della NATO e non è esclusa da nessun briefing e informazione anche classificata.  

La Cina voleva ancora nasconderlo a gennaio…

Mentre il mondo ancora sapeva poco o nulla della prossima pandemia, a gennaio il presidente cinese Xi Jinping era impegnato a fare pressioni sul direttore dell'Organizzazione mondiale della sanità “affinché si trattenesse dall'emettere un avvertimento globale sull'epidemia di coronavirus”9: la conversazione del 21 gennaio tra Jinping e Tedros Adhanom Ghebreyesus è stata pubblicata da Der Spiegel10, che ha citato un rapporto dei servizi di intelligence tedeschi. "Gli sforzi di Pechino per mettere a tacere scienziati, giornalisti e cittadini e diffondere la disinformazione hanno esacerbato i pericoli di questa crisi sanitaria", come dichiarato dal Dipartimento di Stato americano11.

Evidentemente, un po’ tutti all’estero hanno pubblicato liberamente dei rapporti riservati e delle informazioni classificate: poi, da noi, certi commentatori nostrani hanno frettolosamente derubricato tutto questo materiale come “complotti” solo per renderlo meno credibile per il lettore. Per favore, risparmiateci la caccia alla “strega complottista” e pensate che avremmo potuto almeno in parte prevenire il massacro.

David Rossi 

Fonte 

Ri-leggi anche: "Coronavirus: i cinesi mentono e i nostri dati lo confermano. Smettiamola di ringraziare Pechino!"

Ri-leggi anche: "Coronavirus: Parmitano fu informato a NOVEMBRE. Possibile che Conte non sapesse?"

11 https://www.reuters.com/article/us-health-coronavirus-china-sentiment-ex/exclusive-internal-chinese-report-warns-beijing-faces-tiananmen-like-global-backlash-over-virus-idUSKBN22G19C

Foto: presidenza del consiglio dei ministri / Ministry of National Defense of the People's Republic of China / web

 


Coronavirus: Parmitano fu informato a NOVEMBRE. Possibile che Conte non sapesse? ( Difesaonline.it )

 

“…a bordo abbiamo un collegamento quotidiano con le realtà terrestri; abbiamo anche accesso alla rete internet; possiamo comunicare con i centri di controllo e già da novembre, avevamo iniziato a seguire i primi contagi, inizialmente soltanto nei paesi asiatici, poi al mio rientro i primi contagi in Europa…” (25 aprile 2020 - trasmissione Petrolio, Rai 1)

“…sulla stazione abbiamo seguito quello che stava succedendo sulla Terra: anche prima del mio rientro già da novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto la gravità che si andava allargando a macchia d’olio proprio in Europa poco prima del mio rientro” (9 maggio 2020 - TG2 storie)

Così si è espresso ben due volte nell’ultimo mese Luca Parmitano. Anzi, il colonnello Luca Parmitano, ufficiale dell’Aeronautica Militare con 25 anni di servizio e la bellezza di sei missioni spaziali alle spalle. Non parliamo di una recluta emotiva, né di un uomo a caccia di visibilità mediatica (avrebbe usato altri mezzi…), tantomeno di uno con i nervi fragili: siamo di fronte a uno dei motivi di orgoglio di questo Paese, di un militare che è stato il primo italiano ad effettuare un'attività extraveicolare il 9 luglio 2013, con 6 ore e 7 minuti di passeggiata spaziale, e il primo italiano (e il terzo europeo) al comando della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) durante la Expedition 61. Non parliamo, quindi, di uno che confonde novembre con gennaio per ben due volte.

Ebbene, ha detto qualcosa di grosso, anzi di enorme, nel quasi totale silenzio dei media italiani.

Innanzitutto, il colonnello Parmitano per primo in Italia e con l’autorevolezza della sua persona e del suo grado, ha confermato ciò che all’estero riportano persino media mainstream1,2, cioè che l’intelligence americana avvertì gli alleati e altri governi, fra cui quello israeliano, già a novembre 2019, mentre ancora ufficialmente la Cina comunista non dichiarava alcuna epidemia da coronavirus.

Quello stesso rapporto, sicuramente già disponibile per tutti i leader prima del 28 novembre, secondo tutte le fonti avvertiva che il dilagare di una siffatta pandemia avrebbe provocato “un evento catastrofico”. Lo faceva, con dovizia di prove, molte settimane prima che il compianto dottor Li Wenliang, martire per la libertà assassinato da funzionari comunisti (in Rolls Royce) della Cina continentale, annunciasse al mondo il pericolo imminente.

Sarebbe interessante chiedere a Parmitano chi lo teneva informato: se direttamente gli USA o le autorità italiane o anche una pluralità di governi, come pare più probabile (in quanto comandante della ISS). Nelle interviste fa capire che dette informazioni circolavano normalmente fra tutti i membri della missione, anche costituita da cosmonauti russi: pare, quindi, ovvio dedurre che anche Mosca sapesse o fosse stata informata.

All’epoca, la Corea del Sud e il Giappone avevano ricevuto le stesse comunicazioni - e forse di più - e si erano adeguati perché avevano fatto le terribili esperienze della SARS e della MERS molto da vicino e, per ragioni storiche e geopolitiche, si fidano della Repubblica Popolare Cinese molto poco.

In Occidente, gli avvertimenti non sono stati ritenuti meritevoli di reazione, a parte averli fatti circolare come pare di capire, fra gli stessi governanti che poi hanno, più o meno maldestramente, gestito la crisi. 

(N.d.B) In Italia il piano pandemico non era stato aggiornato da molti anni, infatti! )

Coronavirus, l'Intelligence americana avvertì Israele nel Novembre 2019 

Poi, Parmitano parla di un fenomeno grave che, prima del 6 febbraio, nel nostro Continente “si andava allargando a macchia d’olio”. Si noti bene: non ha usato l’espressione “a macchia di leopardo”, cioè con tante modeste localizzazioni separate fra di loro come appariva a qualunque osservatore in quel periodo, ma a “a macchia d’olio”, cioè con la dinamica che il fenomeno davvero aveva, ma che le cronache e i ministeri della salute hanno scoperto solo nella seconda metà di marzo.

Esistono uno o più rapporti o studi dei servizi americani - o di un altro Paese che ha partecipato alla missione Expedition 61 - sull’andamento probabile del contagio da COVID-19 che non sono stati resi pubblici ma sono circolati fra le persone in posizione apicale, fra cui appunto il comandante della ISS? Se sì, ne è stato tenuto conto al momento in cui si sono impostate le prime strategie di gestione della pandemia? Francamente, pare ovvio che gli stessi servizi che avevano elaborato il primo rapporto siano, per così dire, rimasti sul pezzo, anche quando la Repubblica Popolare ha ammesso l’esistenza dell’epidemia e di averla messa sotto controllo.

Verrebbe da chiedere al Governo italiano (la delega ai servizi è nelle mani del presidente del consiglio) se una volta informato - ci rifiutiamo di credere che il premier Conte a novembre ne sapesse meno del comandante della ISS - abbia preso misure cautelative, come sottoporre a visita medica i militari che avevano partecipato ai giochi di Wuhan il 18-27 ottobre (v.articolo), appunto il territorio da cui stava dilagando un’epidemia potenzialmente catastrofica. Se sì, con quali risultati? Se no, perché?

Tante domande, tantissimi morti e un danno economico incalcolabile. Per adesso, nessuna risposta. Ma una luce si è accesa in fondo al tunnel…

David Rossi 

Fonte 

Ipotesi ‘Peste Marziana’: portare campioni di Marte sulla Terra potrebbe non essere una buona idea?

 Il virus che arriva dallo spazio - LiberEtà

Mentre sul Pianeta Rosso il rover Perseverance studia la geologia, l’elicottero ingenuity scatta foto e tutto procede spedito con il programma di raccolta campioni di suolo per portarli sulla Terra, alcuni scienziati esprimono cautela – e se i campioni una volta portati sul nostro pianeta si scoprisse contengano batteri?

La National Aeronautics and Space Administration (NASA) e l'Agenzia spaziale europea (ESA) stanno lavorando insieme alla missione Mars Sample Return Campaign al programma di portare rocce e campioni di suolo marziano sulla Terra per test dettagliati. In particolare hanno in programma di lanciare un lander nel 2026 per recuperare i campioni raccolti con cura nel frattempo dal rover Perseverance, atterrato sul pianeta rosso a febbraio.

Tutto apparentemente entusiasmante, l’intero mondo scientifico non vede l’ora di poter posare i microscopi su tali straordinari reperti. L’intera Storia del pianeta nostro vicino potrebbe essere svelata nei nostri laboratori terrestri.

Ma c’è un però

Oltre ai tanti entusiasmi, si sono alzate anche alcune voci di dissenso. Qualcuno si è detto non molto convinto possa trattarsi di una buona idea. Qualsiasi batterio eventualmente presente nel suolo marziano, se attivo, ma anche solo se latente e riattivabile al contatto magari con l’ossigeno, sarebbe un batterio ignoto al nostro pianeta contro il quale alcuno dei nostri organismi biologici potrebbe avere difesa immunitaria.

L’ipotesi di una superpandemia, in tempi già di per sé non serenissimi sull’argomento, ha indotto non solo molti cultori di fantascienza, ma anche fior di scienziati, a riflettere seriamente sulla reale opportunità di tutto questo.

 


È così che è ufficialmente nato persino un Comitato internazionale specificatamente contro il ritorno dei campioni di Marte sulla Terra, chiamato ICAMSR, e che prende molto seriamente in considerazione i rischi che potrebbero essere connessi all’eventualità che batteri extraterrestri possano malauguratamente sfuggire dai laboratori terrestri.

Ipotesi teorica, ma vale la pena?

L’ingegnere statunitense Gilbert Levin, che ha lavorato al programma Viking della NASA negli anni tra il 1975 fino al 1983, ha detto in un’intervista al Daily Star che esiste una "reale possibilità" che il Pianeta Rosso sia abitato da forme di vita che potrebbero trapelare sulla Terra, causando potenzialmente una nuova pandemia devastante da cui non avremmo difese.

"Temo che, anche se un contenitore Mars Sample Return sicuro possa essere realizzato e portato sulla Terra, ci sarebbe una buona probabilità che una parte del campione possa scappare dal laboratorio" dato che comunque dovrebbe in un modo o nell’altro “venire aperto", ha detto Levin.

Gli scienziati dell'ICAMSR esprimono una cautela simile, citando il leggendario astronomo Carl Sagan, che mise in guardia sulle conseguenze del prelievo di campioni in un suo libro già nel 1973: "Proprio perché Marte è un ambiente di grande potenziale interesse biologico, è possibile che vi siano agenti patogeni, organismi che, se trasportati nell'ambiente terrestre, potrebbero causare enormi danni biologici ... una piaga marziana".

Alternative e precauzioni?

Il direttore dell'ICAMSR Barry DiGregorio suggerisce che una delle alternative sarebbe quella di portare i campioni raccolti prima sulla Luna dove eventuali microrganismi potrebbero essere identificati e messi in isolamento, in una cosiddetta stazione spaziale intermedia. I campioni potrebbero quindi essere studiati lì per assicurarsi che non vengano rilasciate infezioni contro le quali non avremmo immunità alcuna.

Tuttavia, tutti sanno che solo i laboratori sulla Terra dispongono delle sofisticate apparecchiature per condurre gli approfonditi test necessari a trarre conclusioni certe sulla geologia e sulla Storia di Marte, che è l'intero scopo della missione Mars 2020 e di tutto ciò che stanno facendo sul pianeta nostro vicino Perseverance e ingenuity in questo momento.

Fonte  

Commento di Oliviero Mannucci: E se il COVID 19 arrivasse dallo spazio in forma attenuata e fosse stato potenziato successivamente in laboratorio per trarne una arma batteriologica? Chi sa parli per favore, non raccontate fregnacce alla gente.

 

Amateur Astronomer captures UAP in orbit on 07/26/2020

Thursday, April 29, 2021

The Men In Black-Master Cut (Official Music Video)

The Growing Threat of “Deepfake Geography” ( The Debrief )

                          Deepfake satellite imagery poses a not-so-distant threat, warn geographers  - The Verge

This use of artificial intelligence to create compelling false images or videos depicting people doing or saying something that has never actually occurred, commonly known as “deepfakes,” is a reality people have become increasingly familiar with. However, a group of scientists from Washington State University is sounding the alarm about another deepfake concern that could become a growing problem in the near future. 

“Deepfake geography” or “location spoofing.” 

“This isn’t just Photoshopping things. It’s making data look uncannily realistic,” said Dr. Bo Zhao, an assistant professor of geography at the University of Washington and lead author of a study of deepfake geography published April 21 in the journal Cartography and Geographic Information Science.

“The techniques are already there. We’re just trying to expose the possibility of using the same techniques and of the need to develop a coping strategy for it.”

deepfake

What may appear to be an image of Tacoma is, in fact, a simulated one, created by transferring visual patterns of Beijing onto a map of a real Tacoma neighborhood. (Image Source: Zhao et al., 2021, Cartography and Geographic Information Science)

 

In the recent study, Zhao and his co-authors point out inaccuracies in mapmaking are hardly new and extend into ancient times. To some extent, inconsistencies are unavoidable due to the nature of translating physical locations and features into readable map form.

While it is nearly impossible to capture exact geographic details on a map, not all inaccuracies are unintended. For various reasons, mapmakers will sometimes place false mountains, rivers, or even “paper towns” on maps showing features or cities that don’t actually exist.

One can find a humorous example of intentional false geography in the official 1978 Michigan Department of Transportation highway map, which showed the fictional towns of “Beatosu” and “Goblu,” lying just south of Toledo, Ohio. 

The fake towns were added by then-Chairman of the Michigan State Highway Commission, Peter Fletcher, as a nod to his alma mater, the University of Michigan, and a jab at Michigan’s bitter college football rival, Ohio State University. “Goblu” representing “Go Blue,” and “Beatosu” more directly signaling, “Beat OSU.” 



deepfake

1978 Michigan Department of Transportation highway map.

Trolling your college football rival with fake towns on a map is relatively harmless, and except for Ohio State fans, at minimum, worth a good chuckle. However, in an increasingly data and computational-driven era, sophisticated deepfake geographic spoofing is a genuine concern and legitimate national security risk. 

The potential for deepfake satellite imagery is especially concerning given National Geospatial-Intelligence Agency (NGA), the U.S. agency primarily responsible for collecting, analyzing, and distributing geospatial intelligence, has begun increasingly using unclassified, open-source imagery to monitor activities around the globe. 

In a speech at the GEOINT Symposium in 2019, the director of NGA, Vice Admiral Robert Sharp, said, “Most of the innovation now happening in geospatial intelligence centers around automation — using artificial intelligence algorithms to analyze imagery and combine that data with other sources of intelligence.” 

With greater reliance on geographic information systems, such as Google Earth or other satellite imaging systems, comes increased risk of sophisticated deepfake spoofing. In essence, bad actors could potentially use advanced AI techniques to create false geographic features, even entire fake towns or military build-ups, that would be nearly indistinguishable from the real thing. 



deepfake


This simplified illustration shows how a simulated satellite image (right) can be generated by putting a base map (City A) into a deepfake satellite image model. This model is created by distinguishing a group of base map and satellite image pairs from a second city (City B). (Image Source: Zhao et al., 2021, Cartography and Geographic Information Science)

To study how deepfake satellite images could be created, Zhao and his team from the University of Washington used a popular deepfake machine learning technique called Cycle Generative Adversarial Network, or CycleGAN.

Unlike other Generative Adversarial Network models, CycleGAN allows for the automatic training of image-to-image translation models without paired examples. The models used a deep convolutional neural network trained in an unsupervised manner using a collection of images from the source and target domain that do not need to be related to each other. 

CycleGAN allows for the development of translation models in instances when no training datasets exist. Popular image filters that can map the features of a human face onto a cat are an example of this type of machine-learning technique. 

Researchers used satellite images from Seattle, Washington, and Beijing, China, to explore how AI could use geographic features and urban structures to produce new deepfake images on a base map of Tacoma, Washington. 

As co-author of the study, University of Washington Ph.D. candidate Chunxue Xu notes, “It is difficult to quantify geographic features with a certain character or pattern, especially taking spatial variability and heterogeneity into account. Landscape exhibits various patterns and processes in different scales.”

However, researchers found that CycleGAN could extract some of the available features from the spatial distribution of city structures of Seattle and Beijing to create a highly realistic deepfake version of Tacoma. 

“The untrained eye may have difficulty detecting the differences between real and fake. A casual viewer might attribute the colors and shadows simply too poor image quality,” the researchers point out. 


synthetic imaging

“Some simulated satellite imagery can serve a purpose,” says Zhao. “Especially when representing geographic areas over periods of time to, say, understand urban sprawl or climate change.” 

Researchers note that one positive benefit from deepfake geospatial imaging could be instances when no images for a specific time frame exist for a location. Creating new images based on existing ones could help fill in the gaps and help provide perspective on how a region has changed over time. 

Ultimately, researchers say the goal of their study wasn’t to prove that geospatial can be falsified. Instead, the authors hope that by learning how deepfake geography can be produced it will lead to the development of techniques to detect false images and data literacy tools for public benefit. 

Researchers say they are now examining the more technical aspects of false geospatial image processing, “such as color histograms and frequency, and spatial domains” to better identify deepfake geography.  

“As technology continues to evolve, this study aims to encourage more holistic understanding of geographic data and information so that we can demystify the question of absolute reliability of satellite images or other geospatial data,” said Zhao in a press release. “We also want to develop more future-oriented thinking in order to take countermeasures such as fact-checking when necessary.”  

Tim McMillan 

Source News 


Astronaut Michael Collins, Apollo 11 pilot, dead of cancer ( Wect6 News )

 Astronaut Michael Collins, Apollo 11 pilot, dead of cancer

(AP) - Apollo XI astronaut Michael Collins, who orbited the moon alone while Neil Armstrong and Buzz Aldrin made their historic first steps on the lunar surface, died Wednesday. He was 90.

Collins died of cancer in Naples, Florida. “Mike always faced the challenges of life with grace and humility, and faced this, his final challenge, in the same way,” his family said in a statement.

Collins was part of the three-man Apollo XI crew that in 1969 effectively ended the space race between the United States and Russia and fulfilled President John F. Kennedy’s challenge to reach the moon by the end of the 1960s.

Though he traveled some 238,000 miles to the moon and came within 69 miles, Collins never set foot on the lunar surface like his crewmates Aldrin and Armstrong, who died in 2012. None of the men flew in space after the Apollo 11 mission.

“It’s human nature to stretch, to go, to see, to understand,” Collins said on the 10th anniversary of the moon landing in 1979. “Exploration is not a choice really — it’s an imperative, and it’s simply a matter of timing as to when the option is exercised.”

Collins was later the director of the National Air and Space Museum in Washington.

“Michael Collins wrote and helped tell the story of our nation’s remarkable accomplishments in space,” said President Joe Biden in a statement, noting that Collins “demanded that everyone call him, simply, Mike.”


 

Collins spent the eight-day Apollo XI mission piloting the command module. While Armstrong and Aldrin descended to the moon’s surface in the lunar lander, Eagle, Collins remained alone in the command module, Columbia.

“I guess you’re about the only person around that doesn’t have TV coverage of the scene,” Mission Control radioed Collins after the landing.

“That’s all right. I don’t mind a bit,” he responded.

Collins was alone for nearly 28 hours before Armstrong and Aldrin finished their tasks on the moon’s surface and lifted off in the lunar lander. Collins was responsible for re-docking the two spacecraft before the men could begin heading back to Earth. Had something gone wrong and Aldrin and Armstrong been stuck on the moon’s surface — a real fear — Collins would have returned to Earth alone.

Though he was frequently asked if he regretted not landing on the moon, that was never an option for Collins, at least not on Apollo XI. Collins’ specialty was as a command module pilot, a job he compared to being the base-camp operator on a mountain climbing expedition. As a result, it meant he wasn’t considered to take part in the July 20, 1969, landing.

“I know that I would be a liar or a fool if I said that I have the best of the three Apollo XI seats, but I can say with truth and equanimity that I am perfectly satisfied with the one I have,” he wrote in his 1974 autobiography, “Carrying the Fire.” “This venture has been structured for three men, and I consider my third to be as necessary as either of the other two.”


 

Aldrin, the remaining Apollo XI astronaut, tweeted a picture Wednesday of the three crewmates laughing, saying: “Dear Mike, Wherever you have been or will be, you will always have the Fire to Carry us deftly to new heights and to the future.”

Collins was born in Rome on Halloween 1930. His parents were Virginia Collins and U.S. Army Maj. Gen. James L. Collins. After graduating from the U.S. Military Academy in 1952, a year behind Aldrin, Collins joined the Air Force, where he became a fighter pilot and test pilot.

John Glenn’s 1962 flight making him the first American to orbit the Earth persuaded Collins to apply to NASA. He was accepted on his second try, in 1963, as part of the third group of astronauts selected. Collins’ first mission was 1966′s Gemini 10, one of the two-man missions made in preparation for flights to the moon.

Along with John Young, Collins practiced maneuvers necessary for a moon landing and performed a spacewalk during the three-day mission. During the spacewalk, he famously lost a camera, which is frequently cited as one of the items of “space junk” orbiting Earth.

On Jan. 9, 1969, NASA announced that Collins, Armstrong and Aldrin would be on the crew of Apollo 11, the United States’ first moon landing attempt. Of his fellow Apollo 11 astronauts, Collins said they were: “Smart as hell, both of them, competent and experienced, each in his own way.” Still, Collins called the group “amiable strangers” because the trio never developed as intense a bond as other crews.

“We were all business. We were all hard work. And we felt the weight of the world upon us,” Collins said in 2019.

Of the three, Collins was the acknowledged jokester. Aldrin called him the “easygoing guy who brought levity into things.” In summarizing Kennedy’s famous challenge to go to the moon, for example, Collins later said: “It was beautiful in its simplicity. Do what? Moon. When? End of decade.”

The Apollo XI crew trained for just six months before launching on July 16, 1969, from Florida’s Kennedy Space Center. The mission insignia — an eagle landing on the moon with an olive branch in its talons — was largely Collins’ creation.

Collins said one of the things that struck him most was the way the Earth looked from space — peaceful and serene but also delicate.

“As I look back on Apollo XI, I more and more am attracted to my recollection, not of the moon, but of the Earth. Tiny, little Earth in its little black velvet background,” Collins said while marking the mission’s 50th anniversary in 2019.

In contrast, he said the moon seemed almost hostile. In fact, it was considered so hostile that on their return, Collins, Armstrong and Aldrin all spent several days in a quarantine trailer. They received visitors, including President Richard Nixon, staring through a window.

When the group was finally deemed safe, they went on a world tour, visiting 25 countries in just over five weeks.

Collins often remarked that he was surprised that everywhere they went people didn’t say “Well, you Americans finally did it.” Instead, they said, “Well, we finally did it,” meaning “we” humans.

Early on, Collins said Apollo 11 would be his last mission, though officials at NASA wanted him to continue flying. Collins soon left NASA and joined the State Department as assistant secretary for public affairs. Though he enjoyed the people he later wrote that “long hours in Washington flying a great mahogany desk” didn’t suit him.

After about a year, he left and joined the Smithsonian Institution. There, he led a team responsible for planning and opening the National Air and Space Museum. The Apollo 11 capsule is in the museum’s collection along with many of Collins’ personal items from that mission, including his toothbrush, razor and a tube of Old Spice shaving cream.

“Whether his work was behind the scenes or on full view, his legacy will always be as one of the leaders who took America’s first steps into the cosmos,” acting NASA administrator Steve Jurczyk said in a statement.

Collins is survived by two daughters and grandchildren. He died on the 64th anniversary of his wedding to Patricia Finnegan Collins, who died in 2014.

Along with his autobiography, Collins wrote a book on his experience for younger readers, “Flying to the Moon: An Astronaut’s Story.” In a 1994 preface to the book, Collins urged more spending on space exploration and on an astronaut mission to Mars.

“I am too old to fly to Mars, and I regret that. But I still think I have been very, very lucky,” he wrote. “I was born in the days of biplanes and Buck Rogers, learned to fly in the early jets, and hit my peak when moon rockets came along. That’s hard to beat.”

Source News 

 


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Il caso Zanfretta

UFO Researcher Updates His Book, 'From Adam to Omega,' to Reflect New Knowledge From Government Officials ( yahoo! Finance)

                                           Amazon.com: From Adam to Omega: An Anatomy Of UFO Phenomena (Revised and  Updated) (9781532093128): Roberts, A R: Books

Author A.R. Roberts publishes 'From Adam to Omega: An Anatomy Of UFO Phenomena (Revised and Updated)' to provide up-to-date information regarding UFO sightings on Earth

LAKE WORTH, Fla., April 26, 2021 /PRNewswire-PRWeb/ -- After 23 years of in-depth UFO and alien research that initiated due to a personal sighting, author A.R. Roberts complied the information he gathered into a comprehensive book. Roberts recently published "From Adam to Omega: An Anatomy Of UFO Phenomena (Revised and Updated)," which updates his research from the 2012 edition of the book to incorporate new information that has been obtained through whistleblowers and high-ranking officials.

                                                           A.R. Roberts (Author of From Adam to Omega)

                                                                         A.R. Roberts

 

 

When Roberts was younger, he lived in a town that had many interesting phenomena occurring at a local Air Force base. One night, Roberts had a personal up-close experience with a UFO after venturing into the forest with local newscasters. They all saw a huge, white oval-shaped craft that was emitting sparks. This object disappeared from their physical view in about five seconds, but the image is still burned into Roberts' brain. This sighting inspired him to conduct his own research 33 years later, which is presented in "From Adam to Omega."

"With over 500 research citations, I have provided substantial evidence that connects the dots regarding an alien agenda that began thousands of years ago," said Roberts. "I hope to inform readers about this evidence to showcase how these beings could be furthering the development of humankind, which impacts their day-to-day life."

"From Adam to Omega" looks at human vs. alien interaction in the past and present, including reference to how events have occurred even back in the biblical era. Roberts presents various stories from the Bible and looks at them through an investigative lens, including scientific research and evidence associated with alien interaction that could have occurred in biblical stories.

"As a fan of ufology, this book was savored by me as I paged a rather lengthy recap of virtually every topic of the alien encounters' history, past and present, as well as most interestingly his future predictions," said Beth Adams on Pacific Book Review. "Author Roberts doesn't succumb to any quick and emotional conclusion, yet he doesn't shy away from letting his expert beliefs go unsaid."

This book ends with information regarding preparation for Omega. Roberts provides various messages and warning signs that have surfaced regarding an end to society as it is currently perceived. He discusses how, soon, the world will wake up to the reality of life on other planets.

Overall, Roberts encourages readers to take the facts presented within this book and use their own judgment to come up with a conclusion. He believes that with the substantial evidence he has provided, that readers might begin to reevaluate their own beliefs and change the way they view the world… and beyond.

"From Adam to Omega: An Anatomy Of UFO Phenomena (Revised and Updated)"
By A.R. Roberts
ISBN: 978-1-5320-9311-1 (softcover); 978-1-5320-9312-8 (hardcover); 978-1-5320-9310-4 (e-book)
Available through iUniverse, Amazon, and Barnes & Noble

Source News 



Troveremo gli alieni tra pochi mesi, secondo uno scienziato molto importante ( Esquire )

 
Alien contact could be made soon says Michio Kaku in shocking space  revelation | Science | News | Express.co.uk

Le dichiarazioni del professor Michio Kaku sul James Webb Space Telescope ci fanno sognare.

 

Segnatelo sulla vostra agendina: "ottobre 2021 alieni". Non sarà un incontro alla Independence Day, con delle enormi astronavi nere che si parcheggiano nei cieli del pianeta, tantomeno (speriamo) come in Alien, dopo aver trovato delle strane uova da qualche parte. Sarà un po' diverso, anzi ancora non siamo sicuri come avverrà. A scatenare queste ipotesi sono state le parole dette dal celebre fisico Michio Kaku a The Guardian e hanno principalmente a che vedere con un momento molto importante del nostro avanzamento tecnologico e scientifico, ovvero il lancio del telescopio spaziale di ultima generazione James Webb.

 

 


Questo telescopio estremamente potente sarebbe dovuto andare in orbita lontano dalla Terra già 10 anni fa ma tanti problemi, anche imbarazzanti per la comunità scientifica, hanno impedito a lungo l'avvenimento. Problemi ingegneristici, errori, sforamenti nel budget, blocchi di ogni tipo hanno impedito il lancio, che però sembra finalmente arrivato.

Il James Webb Space Telescope ci permetterà di osservare da vicino moltissimi esopianeti, con un livello di analisi che non avevamo mai avuto. Al professor Kaku è stata fatta una domanda specifica su eventuali civiltà aliene e lui ha risposto in questo modo:

"Presto avremo il telescopio Webb in orbita e avremo migliaia di pianeti da guardare, ed è per questo che penso che le probabilità siano piuttosto alte che possiamo entrare in contatto con una civiltà aliena. Ci sono alcuni miei colleghi che credono che dovremmo metterci in contatto con loro. Penso che sia un'idea terribile. Sappiamo tutti cosa è successo a Montezuma quando ha incontrato Cortés in Messico centinaia di anni fa. Personalmente, penso che gli alieni là fuori sarebbero amichevoli, ma non possiamo scommetterci. Quindi penso che ci metteremo in contatto, ma dovremmo farlo con molta attenzione ". Ok quindi le cose stanno così: in caso di avvistamento pensiamoci 10 volte prima di agire. Non possiamo sapere che tipo di civiltà avranno, a che livello tecnologico sono, saranno in grado di sentire i nostri segnali radio? Magari sono ancora nel loro medioevo e dovremo lasciarli stare. Speriamo avranno l'indole di E.T. più che quella dei mega insetti di Starship Troopers.

In ogni caso il lancio del James Webb è previsto a ottobre. Intanto preoccupiamoci di quello, aspettare altri 10 anni sarebbe davvero troppo. 

Source News 

 

Oggi è un altro giorno, Massimo Boldi: “Ho visto un UFO con la D’Urso” ( bloglive.it )

                     Fascio di luce ufo isolato. illustrazione vettoriale | Vettore Premium 

Ospite di Serena Bortone a ‘Oggi è un altro giorno’ è il grande Massimo Boldi: l’attore rivela di aver avvistato un UFO con Barbara D’Urso e non solo

 Torna l’appuntamento quotidiano con Oggi è un altro giorno, programma pomeridiano condotto da Serena Bortone. Infatti anche oggi alle 14 su Rai 1 la conduttrice ha aperto le danze insieme ai soliti opinionisti in studio Jessica Morlacchi e Memo Remigi, dando il benvenuto al primo ospite in studio, Massimo Boldi. Il grande attore comico che fa ridere il popolo italiano da decenni, si è raccontato davanti a Serena Bortone, partendo dagli esordi, arrivando all’amicizia con Christian De Sica, che definisce fratello, e la sua famiglia. A sorprendere tutti è però l’aneddoto che racconta con Memo Remigi, dove afferma di aver visto un UFO negli anni settanta, insieme a Barbara D’Urso.

 Massimo Boldi: "Potenti vogliono terrorizzarci, mascherine per tapparci  bocca" 

                          L'attore Massimo Boldi in una trasmissione televisiva

Oggi è un altro giorno, Massimo Boldi e Memo Remigi raccontano di aver visto un UFO in compagnia di Barbara D’Urso

 Massimo Boldi e Memo Remigi in diretta                                L'attore Massimo Boldi con il cantante Memo Remigi

 Una puntata dalle grande risate quella odierna a ‘Oggi è un altro giorno’, con ospite di Serena Bortone il grande Massimo Boldi. L’attore nel corso della puntata racconta sia la propria carriera che un aneddoto inaspettato che coinvolge sia Memo Remigi, presente come sempre in studio, che a sorpresa Barbara D’Urso. Infatti Boldi racconta: “Questa bisogna dirla. Nel 1977-78, Memo e Barbara D’Urso presentavano un programma su TeleCity e io andavo con loro come batterista. Tornando sull’autostrada noi tre abbiamo visto un fascio di luce accecante che faceva avanti e indietro ad una velocità incredibile. Non poteva essere nient’altro che un UFO”. Una storia pazzesca che ovviamente si fa fatica a credere, ma che fa divertire molto i protagonisti in studio. Chissà se sulla questione racconterà qualcosa anche la D’Urso.

Marco Deiana 

Fonte 

Commento di Oliviero Mannucci: La domanda che mi faccio è questa? Chi è questa Barbara D'Urso?

 

Interview of TERRY LOVELACE, Abduction at Devil's Den, Arkansas!!

Alieni come animali nella “Guida galattica per naturalisti” di Arik Kershenbaum ( Il BOlive.unipd.it )

By definition, this is a UFO since it's a flying object and we don't know what it is. Check out the footage the man captured while driving down a Wyoming highway and see what you think it is.

This was just shared on YouTube, and it's obvious that he took the video while driving. There are some unique things about what he saw.



Read More: Intriguing Video Footage of a UFO Over a Wyoming Highway | https://kool1079.com/ufo-over-wyoming-highway/?utm_source=tsmclip&utm_medium=referral

          Libro segreto Russo, il censimento delle razze aliene sulla terra #alieni  #attivitàaliena #cosmo #extraterrestri #librosegreto #libr… | Libro  segreto, Alieni, Libri

Le conoscenze che abbiamo acquisito nel corso dei secoli sui meccanismi biologici ed evolutivi che regolano la vita sulla terra sono in grado di darci anche qualche indizio per capire come potrebbe funzionare quella aliena? Secondo Arik Kershenbaum, la risposta è sì.
 

Kershenbaum è uno zoologo dell'università di Cambridge che per anni si è occupato di studiare la comunicazione animale. Nel suo libro Guida galattica per naturalisti, pubblicato nella traduzione italiana da Il Saggiatore, sostiene con ottimismo una tesi per certi versi ambiziosa: ci sono buoni motivi per ritenere che certi processi evolutivi siano universali, o che quanto meno non valgano solo per il nostro pianeta. Con quale presunzione potremmo pensare che il mondo in cui viviamo sia l'unico per cui valgono le regole della vita così come la conosciamo?

Si potrebbe pensare che non abbia senso cercare di immaginare come potrebbero essere le forme di vita aliene, poiché non disponiamo di dati sufficienti per confrontare le nostre ipotesi.
Al contrario, sostiene Kershenbaum, se studiamo gli altri pianeti utilizzando le leggi della fisica, perché non dovremmo fare lo stesso con i loro abitanti, basandoci su quelle della biologia? In questa singolare guida galattica, l'autore cerca infatti di sfruttare le molte conoscenze sui meccanismi che permettono la vita e l'evoluzione sul nostro pianeta per formulare ipotesi su quelle aliene.

Certo, questo sforzo richiede una certa cautela, ma senza rinunciare a una buona dose di ottimismo. Kershenbaum non pretende certo di descrivere come funziona la biochimica degli alieni. Si propone, però, di formulare ipotesi più generali. Ad esempio, scrive, ci sono buone ragioni per ritenere che l'evoluzione della vita aliena si basi anch'essa sulla selezione naturale, che è l'unico meccanismo in grado di generare diversità a partire dalla semplicità e che “non dipende dal dna, né da alcun tipo di biochimica legata alla Terra. Non occorre perciò sapere esattamente come funziona la biochimica aliena; comunque funzioni, sarà determinata dalla selezione naturale”.

A meno che, ovviamente, non sia stata progettata da un'altra forma di vita intelligente. No, Kershenbaum non sta parlando della creazione divina, ma di un popolo di macchine artificiali: un mondo di alieni robot. In tal caso, le regole del gioco cambierebbero radicalmente, anche perché, come sappiamo, la selezione naturale non punta a raggiungere un disegno già prestabilito. Al contrario, pensare ad alieni costruiti a tavolino da un'altra forma di vita intelligente ci costringerebbe a chiederci “come sarebbe la vita se invece avesse saputo a cosa mirava?”. Questa, almeno per il momento, è una domanda destinata a rimanere senza risposta.

La riflessione di Kershenbaum, perciò, si concentra su quegli alieni non costruiti a tavolino.

Seguirò questo approccio nel parlare di vita aliena: per quanto essa sia insolita, possiamo comunque trarre alcuni insegnamenti dallo svolgimento della vita sulla Terra. I processi evolutivi osservati qui sono dovuti a pressioni e meccanismi che hanno ottime probabilità di verificarsi anche altrove. Il movimento, la comunicazione, la cooperazione: questi sono esiti evolutivi che risolvono problemi universali”.

Arik Kershenbaum, “Guida galattica per naturalisti”, il Saggiatore 2021.

 

L'indagine di Kershenbaum è rivolta perciò al comportamento degli alieni, non al loro aspetto esteriore. Ciò che si chiede l'autore, infatti, non è “come esiste la vita?”, poiché per rispondere servirebbero conoscenze sugli extraterrestri che ancora non abbiamo: hanno un DNA? Sono forme di vita a base di carbonio? L'acqua è un elemento essenziale per loro come per noi? La domanda che si pone Kershenbaum si trova, in un certo senso, più a monte. Ciò che vuole capire è “come si sviluppa la vita?”

Secondo quali meccanismi funziona la selezione naturale? Cosa sono gli animali? E poi, cosa sono e da cosa vengono causati il movimento, l'intelligenza, la socialità, il linguaggio? Le risposte a domande come queste non riguardano solo gli abitanti del nostro pianeta, ma possono essere un punto di partenza molto solido anche per gli astrobiologi.
Ad esempio, sembra che spesso l'evoluzione trovi “maniere simili di risolvere lo stesso problema”. L'autore riporta in questo caso l'esempio degli uccelli e dei pipistrelli, le cui ali hanno una struttura simile.

 

                                     10 razze aliene sulla terra - YouTube

Se volessimo studiare il modo in cui si muovono gli alieni, dovremmo partire non dai vincoli che derivano dalle leggi fisiche, ma da quelle dell'evoluzione. Queste ci dicono che il movimento nasce dal bisogno.
Per questo, se, come dice l'autore, due cose sono presenti in tutto l'universo e queste sono lo spazio e l'energia, allora qualunque alieno avrà bisogno di muoversi nello spazio per usare a suo vantaggio le fonti di energia, per quanto le strategie di movimento che metteranno in atto e le fonti di energia a loro disposizione potrebbero essere molto diverse da quelle del nostro pianeta.

In questo senso, la strategia di movimento favorita dall'evoluzione si baserà sulle caratteristiche dell'ambiente in cui hanno bisogno di muoversi e, sempre secondo le leggi dell'evoluzione, queste variabili condizioneranno anche la forma dei loro corpi. Il numero delle zampe (se di zampe si può parlare), ad esempio.

Gli alieni che vivono in un fluido rarefatto come l’aria galleggeranno come palloncini o, sfruttando il flusso d’aria, dovranno generare portanza così da non precipitare. Quelli che vivono in un fluido più denso come l’acqua potrebbero avere un galleggiamento neutro, ma avanzeranno pagaiando, ondeggiando o usando schizzi di fluido come il nautilo. È straordinario che probabilmente il paesaggio alieno ci sembrerà riconoscibile all’istante, grazie alla sola maniera in cui i suoi abitanti si muovono nel loro mondo”.
Arik Kershenbaum, “Guida galattica per naturalisti”, il Saggiatore 2021.

 

 

                             Razze aliene: il Blue Planet Project descrive fatti reali? | Alieni, Cose  da disegnare, Fantascienza

 

Una riflessione particolarmente interessante affrontata da Kershenbaum è sicuramente quella dedicata alla socialità.

Gli alieni sono esseri sociali? È forse la domanda più importante che ci poniamo in questo libro, e non solo perché ci farebbe piacere sederci a prendere un tè con loro Arik Kershenbaum, “Guida galattica per naturalisti”, il Saggiatore 2021.

Anche in questo caso, la domanda di partenza per ricercare la socialità degli alieni non è quella che il lettore si aspetta. Il punto di partenza, infatti, non è l'indagine delle strutture sociali degli esseri umani, bensì quelle degli animali. Comprendere i meccanismi alla base del comportamento animale, e quindi anche i motivi per cui questi vivono in gruppo, può aiutarci a formulare ipotesi più generali sulla socialità aliena.

Gli animali che vivono in gruppo hanno dei vantaggi riproduttivi e le loro strutture sociali riflettono delle organizzazioni parentali. Non sappiamo se tutto ciò possa valere anche per gli alieni perché non sappiamo e non possiamo ancora sapere come si riproducono.

Per fortuna, esistono altri motivi alla base della socialità animale. Vivere insieme, infatti, offre maggiori probabilità di sfuggire alla predazione – che pure, ci dice Kershenbaum, è un tipo di interazione importante per la selezione naturale che troveremmo anche nel mondo alieno – e di sopravvivere più facilmente in condizioni ambientali difficili. Per questo, se in altri mondi dovessero esserci luoghi particolarmente impervi, allora sarebbe ragionevole immaginare alieni che vivono organizzati in gruppi.

I gruppi sociali, inoltre, sono importanti per la trasmissione di conoscenze: sono luoghi in cui si insegna e si impara. Questo è un punto importante perché osservando le strutture sociali costruite dagli animali sul nostro pianeta, vediamo che più una struttura è complessa (e la complessità massima sulla Terra è raggiunta dalle società umane) più lo sono anche le relazioni tra gli individui, che hanno bisogno di trasmettere molte informazioni e di disporre, quindi, di mezzi comunicativi più articolati.
È a questo punto che l'attenzione di Kershenbaum si sposta dall'analisi del comportamento animale a quella degli esseri umani. Si sta per concentrare, infatti, su qualcosa che riguarda unicamente la nostra specie: il linguaggio.

L’unica cosa che non siamo riusciti a trovare da nessun’altra parte sulla Terra è il linguaggio. Ci conferisce un’abilità unica: vedere nelle menti degli altri come non potremo mai vedere in quelle degli animali. Il linguaggio modella anche la nostra maniera di pensare e ci rende ciò che siamo”.
Arik Kershenbaum, “Guida galattica per naturalisti”, il Saggiatore 2021.

Per quanto sia difficile indagare l'evoluzione del linguaggio, la sua natura sembra legata alla complessità cognitiva della specie che lo usa. Per questo motivo, dice Kershenbaum, è plausibile, anche se non inevitabile (infatti le api e le formiche hanno società molto complesse eppure non parlano), che se gli alieni hanno evoluto cervelli complessi e vivono in società strutturate, allora abbiano qualche tipo di linguaggio.

Questo ovviamente non esclude che ci siano altri processi evolutivi che hanno portato gli abitanti di altri pianeti a sviluppare un linguaggio, ma ci permette se non altro di formulare qualche ipotesi sulla base di ciò che è avvenuto sulla Terra. Con il suo solito ottimismo, infatti, Kershenbaum scrive: “ci sono buone possibilità che almeno in alcune civiltà aliene la storia evolutiva del linguaggio sia analoga alla nostra”. Che poi questo si basi su suoni o gesti o impulsi elettrici non possiamo saperlo, ma ci auguriamo di poterlo capire (sarebbe davvero un peccato dover rinunciare a prenderci quel tè con loro).

                 50 alieni che hanno fatto la storia del cinema - Wired 

                                 Sveglia terrestri! E' da tempo che visitiamo il vostro pianeta.

 

Naturalmente, accettare il ragionamento proposto da Kershenbaum non è scontato. Si potrebbe anche accettarne le basi (come lui spera) senza condividerne necessariamente tutte le conclusioni. Ma se decidessimo di farlo, o di farlo almeno in parte, troveremmo nuovi motivi per dubitare della nostra unicità.

Gli esseri umani sono speciali, nessuno può dubitarne. Ma se davvero crediamo alla forza e all’universalità delle leggi biologiche esaminate in tutto il libro, insorge un problema difficile: forse siamo speciali, ma non siamo unici Arik Kershenbaum, “Guida galattica per naturalisti”, il Saggiatore 2021.

Sarebbe molto probabile, infatti, che un giorno scopriremo che la selezione naturale non esiste solo per noi, e allo stesso modo l'intelligenza, il movimento, il linguaggio, o persino la forma del nostro corpo. Cosa penseremmo, infatti, se incontrassimo degli alieni che ci somigliano, con braccia, mani e gambe simili alle nostre? Probabilmente capiremmo che tante cose che ci caratterizzano non sono nostre specificità.

La vita segue certe regole; conoscerle ci porta a comprendere la vita ovunque. Lo so, volevate che vi dicessi che aspetto hanno gli alieni e, in particolare, se sono davvero verdi Arik Kershenbaum, “Guida galattica per naturalisti”, il Saggiatore 2021

Quindi no, Kershenbaum non ci ha detto se gli alieni sono verdi, e neanche se sono buoni o cattivi. Eppure, ha fatto qualcosa in più. Ci ha spinti a riflettere sulla vita in generale e su cosa succederebbe se incontrassimo alieni simili agli animali che conosciamo, o addirittura simili a noi. Dovremmo metterci a ripensare, a quel punto, al significato della parola umanità?

Federica D'Auria 

Fonte

 

 

By definition, this is a UFO since it's a flying object and we don't know what it is. Check out the footage the man captured while driving down a Wyoming highway and see what you think it is.

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Wednesday, April 28, 2021

An overview of Human-looking extraterrestrials & their agendas - 4th Int...

SCHOOL ARIEL CONTACT, UNO STRAORDINARIO INCONTRO TRA EXTRATERRESTRI E BA...

Marte, nel sottosuolo le condizioni per la vita ( ANSA )

        C'era vita su Marte e non solo il sabato sera | Il primo blog italiano sulla  mamma di tutte le crisi

Lo indica l'analisi dei meteoriti. I rover che la stanno cercando

 

Sotto la superficie di Marte si nascondono tutti gli ingredienti necessari per sostenere la vita. Lo indica la composizione dei meteoriti distaccati dalla crosta marziana e caduti sulla Terra: messi a contatto con l'acqua, come quella che potrebbe scorrere nel sottosuolo del Pianeta Rosso, danno vita a reazioni chimiche che producono l'energia necessaria alla sopravvivenza di microrganismi, simili a quelli che vivono nelle buie profondità della crosta terrestre. Lo ha scoperto il gruppo internazionale guidato da Jesse Tarnas, ricercatore del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa e dottorando alla Brown University negli Stati Uniti. Lo studio, pubblicato su Astrobiology, alimenta ancora di più l'attesa per i risultati delle esplorazioni del pianeta, mai così affollato come in questo periodo.

Sulla sua superficie è già attivo da quasi nove anni Curiosity, il rover della Nasa che ha scoperto l'esistenza di antichi laghi e di condizioni favorevoli alla vita nel passato di Marte. A questo si è aggiunto da poco Perseverance, destinato a raccogliere i primi campioni del suolo marziano che nel 2031 saranno riportati sulla Terra.

Da febbraio è in orbita anche la missione Hope degli Emirati Arabi Uniti, che studierà l'atmosfera marziana, mentre a maggio la prima missione cinese su Marte Tianwen-1 rilascerà il suo rover, che le autorità hanno appena chiamato 'Zhurong' come il dio del fuoco per "accendere la fiamma dell'esplorazione planetaria della Cina". A queste missioni dovrebbe aggiungersi nel 2022 l'europea ExoMars, l'unica progettata per cercare la vita fino a due metri di profondità. Le sue indagini potranno dare un assaggio di quello che il pianeta nasconde nel sottosuolo.

"Ovunque ci sia acqua di falda su Marte, c'è una buona possibilità di avere sufficiente energia chimica per sostenere vita microbica", dice Jesse Tarnas del Jpl della Nasa. L'energia a cui fa riferimento è quella prodotta da reazioni come la radiolisi, che si verifica quando elementi radioattivi presenti nelle rocce reagiscono con l'acqua intrappolata in pori e fratture del suolo. La reazione scinde la molecola d'acqua nei suoi componenti: l'idrogeno, che si dissolve nell'acqua restante, e l'ossigeno, che viene acquisito da minerali come la pirite per formare minerali solfati. Alcuni microrganismi possono fare il pieno di idrogeno come fosse combustibile e usare l'ossigeno dei solfati per bruciarlo.
Lo studio, in particolare, dimostra che gli ingredienti per queste reazioni sono presenti in abbondanza in diversi tipi di meteoriti marziani, soprattutto le brecce di regolite, provenienti da rocce della crosta vecchie di più di 3,6 miliardi di anni.

"Si tratta di un lavoro molto interessante per le sue implicazioni nella ricerca della vita su Marte», commenta su Media Inaf Roberto Orosei, il ricercatore dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) che nel 2018 ha guidato uno studio che indicava la possibile esistenza di un lago sotterraneo sotto una calotta di ghiaccio nelle regioni meridionali di Marte.

Nel sottosuolo del pianeta, spiega l'esperto, "si arriva a un punto in cui l'acqua nel terreno è liquida e la vita potrebbe essere possibile. Il problema, per chi volesse prelevare campioni, è che la profondità a cui ciò avviene è, per quanto ne sappiamo, superiore al chilometro. Questo pone una sfida tecnologica difficile, ma la posta in gioco è così alta che spero che un giorno si possano trovare le risorse per affrontarla e vincerla".

Fonte 

 

Commento di Oliviero Mannucci: Che bella notizia che è uscita! Ma per me non è certo una novità. Chimi conosce bene sa quante volte ho detto che su Marte c'è vita. E ora permettetemi di mandare a cagare tutti coloro ho informato di questa notizia nel corso degli anni, astrofili, astronomi,esobiologi della minchia, e che facevano la faccine da cazzo. Bene adesso, andate a cagare, e rimanete sulla tazza del cesso per il resto della vostra vita, che quello è il vostro posto naturale. Molti si domanderanno perchè tanta acredine da parte mia verso queste persone? E'presto detto! Coloro che non ragionano con il loro cervello, perchè hanno il QI al pari delle amebe, seguono il pensiero prevalente, in quanto non sono capaci di fare altro. E se arriva qualcuno, che evidentemente ne sa più di loro, perchè ha studiato più di loro, non solo si permettono di prenderti in giro, ma ti considerano un eretico da allontanare dalla lor cerchia di amicizie. Poi quando li incontri e gli fai presente che si sbagliavano, in quanto le notizie evidenziano quanto avevo ragione, dicono: Ma lo dicevo sempre anche io, non ti ricordi? Ecco quelli che fanno così, non devono andare a cagare una volta, ma per sempre. Coglioni!  E adesso voglio vedere quando verrà confermata l'esistenza di vita complessa ( pesci ) nell'acqua presente nel sottosuolo marziano.

Close Encounter with Space X Capsule Remains Unexplained

Group of UAPS over Bloomington Indiana on 04/12/2021

Fred Valentich Radio Transmission, before he went off RADAR from an Abdu...

CE5 UAP Contacts using Night Vision

UAPS Are fact! We have the data! - Lue Elizondo

BUDD HOPKINS - Alien Abductions and Trace Evidence

Pentagon UFO report: They ‘acknowledged the reality,’ whistleblower says ( New York Post )

Luis Elizondo conosce segreti UFO che pochi sanno

The US government is actually gearing up to share information about the “reality” of UFOs with the public — and not a moment too soon, says the man who claims to have run the Pentagon’s UFO program for 9 years.

Former President Donald Trump’s $2.3 trillion appropriation bill for 2021 contained a mandate that the Pentagon and spy agencies must file a report about “unidentified aerial phenomena” or UAP. Most of us just call them flying saucers or UFOs.

Whatever the jargon, noted whistleblower Luis Elizondo — former head of the Advanced Aerospace Threat Identification Program, which operated out of the secretive fifth floor of the Pentagon’s C Ring — told The Post about the resulting blockbuster document, which is reportedly slated for release in June.

Tied to the mandate, Elizondo said the upcoming report touches down on the unexplainable. Longtime UFO believers are hungry for explanations of the tic-tac-shaped objects the Navy encountered in 2004, the strange “cubes within spheres” seen by Navy pilots in 2014, or the mysterious black triangles continually reported around the world.

Such details promise to come via the much anticipated report — and at least one evolution of belief: “I think the government has acknowledged the reality of UAP,” Elizondo exclusively told The Post, despite signing what he refers to as a “lifelong” NDA before he resigned from the Pentagon in 2017. “I think they all want answers and I think they are all willing to ask the hard questions.”

 

‘This is not a conversation like fine wine where the longer we keep a cork on it, the better it gets.’

Luis Elizondo, former head of the Advanced Aerospace Threat Identification Program

 

During a press conference this week, Elizondo made clear that UFOs have been observed to have qualities that are nothing less than otherworldly. He described vessels flying at 11,000 miles-per-hour and being able to turn “instantly.” Providing a comparison, he explained, for our most advanced jets going at the same speed, “if you wanted to make a right-hand turn, it would take you about half the state of Ohio to do it.”

He also detailed Spielberg-worthy operational capabilities that fall into the realm of “transmedium travel.” Elizondo explained that the eye-popping vessels can fly 50-feet above the Earth’s surface or 80,000 feet in the sky and even submerge underwater without a compromise in performance: “When you see that, you recognize you are dealing with a technology more advanced than ours.”

That was despite apparent threats to security of the United States. Elizondo was particularly disturbed by the locations where UFOs or UAPs tended to hover.

Even the way in which these inexplicable flying-machines manage to lift-off blows away rational engineering. “[These] things have no wings, no cockpits, no control surfaces, no rivets in the skin, no obvious signs of propulsion — and somehow they are able to defy the natural effects of Earth’s gravity,” Elizondo said. “How is that possible?”

The existence of the AATIP wasn’t revealed until 2017, along with what Trump described as a “hell of a video” montage captured by the Navy featuring a dark circular object flying in front of a military jet, along with another small object racing over land at astonishing speeds in 2004 and 2015, respectively. The Department of Defense confirmed the authenticity of the footage, and a Navy spokesman confirmed the objects in the videos to be UAP.


 

At the time, former Senate Majority Leader Harry Reid (D-Nev.) took credit for arranging $22 million in annual funding for the AATIP, telling the New York Times that it was “one of the good things I did in my congressional service.”

By 2019, the Pentagon had confirmed to The Post for the first time that they research and investigate UFOs and continue to do so.

Meanwhile, UFO sightings in NYC were up 31% in 2020 — 46, compared to 35 the previous year — marking a whopping 283% spike from 2018’s dozen, according to the National UFO Reporting Center.

However, for generations, and for all the wrong reasons, national security bigwigs did not want to release more information to the public, Elizondo claims.

“They felt that it made them look inept,” he said. “They felt in some cases that it challenged their philosophical and theological belief systems … They just couldn’t process it.”

“There seems to be a very distinct congruency between UAP activity and our nuclear technology,” he continued. “That’s concerning to the point where we’ve actually had some of our nuclear capabilities disabled by these things … There is absolutely evidence that UAPs have an active interest in our nuclear technology.”

If this starts to sound like a “Twilight Zone” episode – Elizondo talks about UFOs pulling as many as 700 G-forces when our most technologically advanced aircraft can stand only 17 before falling apart (and that’s to say nothing about pilots at the controls) — it’s easy to hope for a fast and satisfactory wrap-up.

Clearly, that is what Elizondo is gunning for.

“This is not a conversation like fine wine where the longer we keep a cork on it, the better it gets,” he said. “This is a conversation like rotten fruit or vegetables in the refrigerator. And the longer it stays in there, the more it’s going to stink.”

Michael Kaplan - Steven Greenstreet 

Source News