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Friday, October 22, 2021

Valentina Sumini: le nostre case extraterrestri ( Focus )


 

Come saranno le future basi lunari e marziane che ospiteranno i primi insediamenti umani? Lo abbiamo chiesto a Valentina Sumini, che le progetta.


In attesa dei viaggi interstellari, di cui parliamo ampiamente nel tema di copertina del numero 349 di Focus, le tappe intermedie dell'esplorazione umana ci porteranno prima sulla Luna e poi su Marte. Dove andremo per restare, costruendo delle basi. Ne abbiamo parlato con Valentina Sumini, che progetta ambienti, case e strutture "extraterrestri" e che sarà protagonista anche a Focus Live, il festival della scienza di Focus in programma al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano dall'11 al 14 novembre. Vedi anchela gallery di immagini dei progetti ai quali Valentina Sumini ha partecipato.Lei è ingegnere e architetto, ed è titolare del primo corso in Italia di "Architecture for Human Space Exploration" al Politecnico di Milano: com'è arrivata a progettare habitat per altri corpi celesti?

Il mio percorso è stato piuttosto lungo e fortemente multidisciplinare. Ho una doppia laurea architettura-ingegneria al Politecnico di Torino e a quello di Milano, un master all'Alta Scuola Politecnica su gestione dell'innovazione, un Erasmus all'Università Tecnica di Delft all'Hyperbody Research Group, un dottorato di ricerca al Politecnico di Milano con esperienza all'Illinois Institute of Technnology sulla conservazione strutturale di grattacieli in cemento armato degli anni '50-'60, e diversi anni di postdoctoral associate al Massachusetts Institute of Technology sui temi di Space Architecture e Computational Design. È proprio questo approccio al design che porta a cercare contesti in cui da un lato la libertà creativa sia massima, dall'altro sia anche molto sfidante per via delle condizioni difficili per la vita degli esseri umani, come appunto è lo Spazio.

 

Quali sono le caratteristiche principali che dovrà avere un ambiente che consenta di vivere sulla Luna? Mi riferisco in particolare al Moon Village, ipotizzato dall'Esa per il 2030.

Ipotizzare un insediamento permanente sulla Luna significa essere in grado di risolvere moltissimi problemi collaterali, come quelli relativi a energia, acqua, cibo, protezione da micrometeoriti e radiazioni. Tutte sfide tecnicamente molto complesse. Ma era importante, com accaduto per il Moon Village, avere un'idea guida, un masterplan in grado di canalizzare idee e progetti nell'ottica di una "città ideale", come già altre volte accaduto nella storia - pensiamo a grandi architetti del passato come Le Corbusier o Niemayer. Il progetto del Moon Village, risultato della collaborazione fra l'Agenzia spaziale europea (ESA), lo studio di architettura Skidmore, Owings & Merrill (SOM) e il Massachusetts Institute of Technology (MIT AeroAstro e MIT Media Lab), rappresenta il maggior sforzo organico fino ad ora effettuato per la definizione il più possibile operativa della struttura e delle modalità di realizzazione di una città sulla Luna, ed è la prima space architecture a essere presentata alla Biennale Architettura di Venezia 2021 con il tema "How will live together", come vivremo insieme. È comunque già un successo che questa "sensibilità" ai problemi sia ormai quasi un patrimonio comune, perché ci aiuta a comprendere meglio il significato della "sostenibilità", anche sul nostro pianeta.

 

Lei ha partecipato al progetto di Redwood Forest, una città sostenibile su Marte, che comprende anche una serraquali sono le caratteristiche di queste strutture?

L'idea di base per Redwood Forest era un insediamento in grado di sostenere la vita di migliaia di persone, ottimizzando struttura, servizi, sistemi vitali, ma in particolare garantendo una possibilità di riconnessione con l'ambiente terrestre. Da qui l'accoppiamento fra struttura e la configurazione che riprende il design di strutture biologiche come quelle vegetali. Un ecosistema interconnesso di biosfere a cupola ispirato alla foresta di sequoie secolari in California, creato vicino al Polo Nord di Marte (Elysium Depression), dove c'è maggiore probabilità di trovare residui di ghiaccio sotterraneo, sarà in grado di usare le risorse locali per lo sviluppo di una comunità di 10.000 abitanti. Per ogni "albero/biosfera", un sistema di "radici" estrarrà l'acqua, mentre i "rami" interni la distribuiranno fino alla superficie esterna per schermare dalle radiazioni. L'acqua scorrerà attraverso cisterne balneabili e vasche d'acqua attraversabili a nuoto, così da ridurre l'effetto straniante di un ambiente esterno fortemente ostile e difficile. La sfida principale, infatti, è ricreare una condizione di sicurezza, protezione e felicità in un contesto alieno, lontano ed estremo. La progettazione di sistemi integrati di serre idroponiche/aeroponiche/aquaponiche è senz'altro un elemento di fondamentale importanza per produrre in situ tutte le risorse alimentari necessarie per il sostentamento di una missione umana sul Pianeta Rosso.

 

Quali sono gli aspetti ancora da risolvere per un insediamento umano su Marte?

Finora su Marte sono arrivati solo dei robot. Stiamo imparando molte cose sul suolo - grazie anche ai campioni che sta raccogliendo il rover Perseverance nel cratere Jezero e che saranno disponibili sulla Terra grazie alla missione Sample Return entro il 2031 - sul clima, sulla possibilità di estrarre acqua. Ma l'idea di un insediamento è ancora lontana nel tempo. Dobbiamo affrontare questi problemi con lo stesso spirito con cui nel passato si progettavano e costruivano cattedrali: difficilmente chi le immaginava le vedeva compiute. Tuttavia, man mano che la conoscenza progredisce anche i progetti si raffinano e diventano sempre più realistici.

 

Che similitudini e differenze ci sono tra un habitat lunare e uno marziano?

La differenza fondamentale rispetto alla Terra è di tipo strutturale: le difficoltà di realizzare strutture che devono "contenere" la pressurizzazione interna invece che semplicemente sostenere, e in condizioni di gravità molto diverse. Su Marte abbiamo una leggera atmosfera e una gravità circa un terzo di quella terrestre, mentre sulla Luna l'atmosfera è assente e la gravità è circa un sesto di quella terrestre. Sia sulla Luna sia su Marte non abbiamo un campo magnetico in grado di proteggerci dalle radiazioni come sulla Terra e quindi parte della progettazione è dedicate allo studio di sistemi di schermatura sia passivi, con materiali ad alta densità, sia, in futuro, attivi.

 

Per entrambe le destinazioni, Luna e Marte, sarà fondamentale sfruttare le risorse disponibili in situ. Che cosa si può utilizzare, e per fare che cosa?

Dopo il ritorno sulla Lunaprevisto nell'arco di 10 anni, è molto probabile che le prime attività che si svilupperanno saranno robotizzate e di tipo estrattivo, per minerali ed elementi che sulla Terra cominciano a scarseggiare. Questo si affiancherà alle maggiori conoscenze sulle disponibilità di acqua e materiali di costruzione, come la regolite lunare, creando le condizioni per insediamenti permanenti. Per Marte, sarà estremamente interessante valutare la compatibilità del suolo (la regolite marziana) con le strutture biologiche vegetali terrestri, ma un campione significativo di suolo marziano da analizzare lo avremo di ritorno solo fra un decennio. Intanto, l'esperimento MOXIE della Nasa, installato sul rover Perseverance, consentirà di valutare la possibilità di estrarre ossigeno direttamente sul Pianeta Rosso.

 

Quando possiamo aspettarci, secondo lei, di vedere la prima base permanente sulla Luna?

Il programma Artemis della Nasa, nel quale l'Italia ha già un ruolo fondamentale nella progettazione del Lunar Gateway grazie all'Agenzia Spaziale Italiana e all'esperienza pluriennale maturata da Thales Alenia Space, prevede, dopo una prima fase puramente robotica, il ritorno dell'umanità sulla Luna attraverso la progettazione di un avamposto entro il 2030. La mia speranza è che in questa fase si continui a lavorare "for all mankind", in nome di tutta l'umanità, in modo condiviso e accessibile come si è fatto dalle missioni Apollo fino alla Stazione spaziale internazionale.


Gianluca Ranzini


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