Dopo aver percorso 470 milioni di chilometri, il rover della NASA affronterà i "sette minuti di terrore" di un atterraggio marziano
Dopo avere viaggiato per 203 giorni coprendo una distanza di oltre 470 milioni di chilometri, questa sera il robot automatico (rover) Perseverance della NASA proverà ad atterrare su Marte, la destinazione del suo lungo viaggio iniziato la scorsa estate. Il rover, grande più o meno quanto un SUV, dovrà effettuare una manovra piuttosto complessa in pochi minuti per rallentare la sua corsa e raggiungere la superficie marziana. Se tutto si svolgerà come previsto, Perseverance ci aiuterà a rispondere alla domanda delle domande: c’è mai stata vita su Marte?
“Sette minuti di terrore”
Tra le tante cose che si possono fare nel nostro sistema solare, compiere un atterraggio controllato su Marte
è una delle più complicate. L’atmosfera marziana è più rarefatta di
quella terrestre e di conseguenza un oggetto che l’attraversa non
rallenta molto. Il tempo per effettuare l’ingresso nell’atmosfera, la
discesa e l’atterraggio è relativamente poco, senza contare che la
grande distanza dalla Terra (in media 254 milioni di chilometri) rende
impossibile un controllo diretto. In quei “sette minuti di terrore”,
come li definisce la NASA, Perseverance dovrà fare tutto da solo con i
suoi sistemi di bordo e senza la possibilità di interventi e correzioni
dal centro di controllo.In quasi sette mesi di viaggio interplanetario, Perseverance è rimasto
protetto all’interno di un involucro, un grande guscio a campana, chiuso
nella parte inferiore da uno scudo termico, per disperdere il calore
durante il turbolento ingresso nell’atmosfera marziana. Quando saranno
trascorsi quattro minuti dall’inizio dell’attraversamento degli strati
atmosferici più alti di Marte, Perseverance avrà raggiunto una velocità
di 1.600 chilometri orari (rispetto al pianeta) e dovrà per forza
rallentare ancora per evitare di schiantarsi al suolo. Lo farà aprendo
un grande paracadute quando si troverà a un’altitudine di 11mila metri.
Una volta aperto il paracadute, si sgancerà lo scudo termico e la parte inferiore del rover sarà esposta per la prima volta all’ambiente marziano. A poco più di un minuto dall’atterraggio, anche la parte superiore dell’involucro si separerà dal resto di Perseverance e inizierà la parte più acrobatica della missione.
Il rover sarà infatti calato al suolo da un argano agganciato sulla sua sommità: attiverà i propri retrorazzi per stabilizzare la discesa e calerà infine Perseverance nel modo più delicato possibile: sarà un po’ come vedere una marionetta (il rover) mossa dal suo marionettista (l’argano). Alla fine, l’argano si sgancerà da Perseverance e userà i retrorazzi per allontanarsi il più possibile dal punto di contatto con il suolo del rover, per non interferire con le sue attività ed evitare danni.
Tutto questo avverrà automaticamente e, se tutto procederà secondo i piani, Perseverance sarà sano e salvo su Marte alle 21:55 (ora italiana). Marte è però lontanissimo da noi e solo dopo 12 minuti sapremo se sarà andato tutti secondo i piani. Perseverance invierà un segnale quando inizierà la discesa sul pianeta, ma per quando lo avremo ricevuto il rover avrà già terminato i suoi “sette minuti di terrore” e sarà da cinque minuti sulla superficie. Nelle ore seguenti, i suoi strumenti invieranno dati e riprese dell’atterraggio, con prospettive mai viste finora di un arrivo sul pianeta.
Ricorrere a un argano volante può apparire una complicazione per una procedura di atterraggio, ma il suo impiego è essenziale per poter depositare nel modo meno traumatico possibile un rover come Perseverance che ha una massa di una tonnellata. Un sistema analogo era già stato impiegato per fare atterrare su Marte il rover Curiosity nel 2012, ma la soluzione è stata ulteriormente affinata per rendere più preciso il punto di atterraggio del nuovo rover.
Jezero
L’obiettivo di Perseverance è un cratere largo quasi 50 chilometri che si chiama Jezero, “lago” in diverse lingue slave: si trova sul lato occidentale della grande pianura Isidis Planitia
nella parte orientale del pianeta. La zona è stata scelta sulla base
delle ricerche svolte negli ultimi anni, e basate sulle rilevazioni
fornite da diverse sonde in orbita intorno a Marte. I ricercatori
ritengono che un tempo Jezero ospitasse un fiume, che sfociava
in un lago. Il corso d’acqua avrebbe portato con sé sedimenti e minerali
che nel lago avrebbero costituito la giusta ricetta per alimentare
microbi, e forse altre forme di vita.
Per cercare tracce di esseri viventi molto semplici, che potrebbero avere popolato Marte miliardi di anni fa, Jezero è sicuramente un buon punto di partenza. Nel suo remoto passato, il pianeta probabilmente ricordava la Terra: era parzialmente ricoperto da acqua ed era meno brullo e inospitale rispetto a come ci appare oggi.
Perseverance avrà il compito di cercare fossili molecolari, cioè strutture e minerali dovuti alla presenza un tempo di esseri viventi. Gli indizi potrebbero essere di diverso tipo: elementi chimici frutto di processi biologici, o molecole composte da carbonio e idrogeno, tra gli ingredienti base della vita, almeno per come la conosciamo sulla Terra.
Mars 2020
La missione di cui fa parte Perseverance si chiama Mars 2020 e ha richiesto più di sette anni di preparazione, soprattutto da parte delle centinaia di persone che lavorano presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL),
il laboratorio della NASA a Pasadena (in California) che si occupa
dell’esplorazione dello Spazio con sonde, lander e rover. A oggi, gli
Stati Uniti sono l’unico paese ad avere realizzato con successo
atterraggi controllati, portando diversi rover su Marte (in primavera ci proverà per la prima volta la Cina).
Il più grande di tutti, Curiosity, è ancora in funzione dopo quasi 9
anni di attività sul pianeta e ha permesso di ottenere immagini e dati
preziosi.
Perseverance ricorda molto Curiosity, sia per le dimensioni (3 metri di lunghezza per 2,7 di larghezza) sia per la forma, con sei ruote e la caratteristica torretta con videocamere e altri sensori. Il nuovo rover è però una versione evoluta del suo predecessore: i responsabili del JPL hanno lavorato per renderlo più affidabile, imparando dagli errori di progettazione e dagli imprevisti che ha incontrato Curiosity durante il suo soggiorno marziano.
Le ruote, una parte essenziale per assicurarsi che il rover possa spostarsi nel cratere, sono state riprogettate per essere più resistenti alle asperità del suolo, visti i danni subiti da quelle dei rover precedenti. Le fotocamere sono state aggiornate con sensori più potenti, che consentiranno di avere immagini più definite. Vedremo Marte con una maggiore definizione, un vantaggio non solo per avere panorami migliori di quel mondo lontano, ma anche per consentire ai ricercatori di svolgere analisi più accurate su Jezero.
Perseverance farà inoltre una cosa mai tentata prima su Marte.
Marte a domicilio
Il rover ha con sé 43 provette di titanio, che diventeranno una sorta di
mini magazzino per conservare sul pianeta i campioni che Perseverance
raccoglierà con il suo trapano, in attesa di una successiva missione per
riportarli sulla Terra. Il trapano è collocato su un braccio robotico e
potrà utilizzare nove punte per perforare le rocce marziane. Ogni
provetta sarà poi immagazzinata nella parte inferiore del rover e
fotografata per assicurarsi che sia chiusa ermeticamente in modo da non
subire contaminazioni.
Prima di avviare la raccolta dei campioni, i responsabili della missione dovranno decidere in quali aree effettuarla, sapendo di avere un numero ristretto di tentativi a disposizione. Il progetto prevede che siano raccolti almeno 20 campioni da portare sulla Terra in futuro, anche se i ricercatori sperano di riuscire a riempire tutte e 43 le provette.
Raccolti i campioni, i ricercatori dovranno anche decidere dove farli lasciare a Perseverance sul suolo marziano. Non è ancora chiaro se faranno depositare il carico in un solo punto, o se decideranno di creare almeno due depositi distinti, in modo da avere campioni di riserva nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto. Le provette dovrebbero garantire l’integrità dei campioni almeno per 20 anni su Marte, un tempo congruo per lo sviluppo della missione di recupero, sulla quale ci sono ancora molti aspetti da chiarire.
L’iniziativa è portata avanti dalla NASA in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA): l’idea è di inviare in futuro un nuovo rover su Marte per recuperare i campioni e caricarli su un mini razzo, che dovrebbe poi portarli in orbita intorno a Marte. A questo punto una sonda dovrebbe intercettare il contenitore con le provette e portarlo sulla Terra. Non è mai stato tentato nulla di simile, ma avere quei campioni sul nostro pianeta consentirebbe di effettuare analisi molto più approfondite e precise alla ricerca di indizi sulla vita marziana.
Ogni missione verso Marte aumenta il rischio di contaminare il pianeta con sostanze e microbi provenienti dal nostro pianeta. La NASA, come le altre agenzie spaziali, fa il possibile per ridurre al minimo il rischio, utilizzando ambienti sterili e sottoponendo ad alte temperature i propri robot prima di inviarli verso mondi lontani dal nostro. Nessun sistema garantisce però una sterilizzazione totale e per questo le provette potrebbero rivelarsi molto utili per isolare campioni senza contaminazioni, o per lo meno con contaminanti che potranno essere confrontati con quelli noti e che potremmo avere portato accidentalmente sul pianeta, in modo da escluderli dalle analisi.
Ingenuity
A fare compagnia a Perseverance ci sarà Ingenuity (“Ingegno” in
inglese), un drone di piccole dimensioni che ricorda un elicottero. Se
funzionerà, sarà il primo oggetto nella storia delle esplorazioni
marziane a decollare sul pianeta e a esplorarlo, seppure per spostamenti
brevi. Ingenuity è un prototipo per capire se ci siano sistemi più
pratici e praticabili per spostarsi su Marte, considerato che un rover
percorre pochi metri al giorno.
I gruppi di lavoro per Mars 2020 presso il JPL, in una foto di gruppo nel luglio del 2019 (NASA/JPL-Caltech)
Umani
Nel complesso, Perseverance ha con sé sette strumenti che comprendono,
oltre alle fotocamere, radar e sistemi laser per l’analisi del suolo e
della sua composizione. Sono stati costruiti, come il resto del rover,
da centinaia di donne e uomini qui sulla Terra, che hanno seguito il
lungo viaggio interplanetario del loro rover: molti di loro questa sera
vivranno i sette minuti più intensi di tutta la loro carriera, dedicata
allo studio di un mondo lontano popolato da robot.
Emanuele Menietti
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