Independence Day | Will Smith e l’esplosivo 4 Luglio di Roland Emmerich ( hotcorn.com )
Alieni e patriottismo: vi raccontiamo la storia “dietro” uno dei blockbuster più influenti della storia
MILANO – “Non avrei mai macchiato la mia anima con quella schifezza (di film ndr)”. Fu lapidario e molto esplicito Ewan McGregor. All’indomani del successo di Trainspotting
le offerte fioccavano. Secondo i suoi agenti avrebbe dovuto fare due
film per sé stesso e due per il conto in banca. Tra quest’ultimi ci
sarebbe potuto essere proprio Independence Day per cui l’ex Mark Renton arrivò a spendere parole come: “un abominio. […] Uno schifoso film-evento fatto solo per soldi”.
Eppure, nonostante per McGregor il kolossal disaster di Ronald Emmerich
rappresentasse, al tempo, il più che perfetto simulacro della Hollywood
industriale macina-incassi, dall’altra, a venticinque anni di distanza
dal rilascio in sala, la prova del tempo dimostra come ci sia ancora
bisogno di parlare di Independence Day e delle sue peculiarità.
Ironia della sorte, l’idea per Independence Day nacque quasi per caso.
Durante il tour promozionale europeo di Stargate un giornalista chiese a Emmerich come avesse potuto realizzare un’opera come quella senza credere all’esistenza degli alieni.
Una delle scene più iconiche degli Anni 90…
In tutta risposta il regista tedesco iniziò ad immaginare come sarebbe
stato svegliarsi una mattina e scoprire che astronavi del diametro di
ventiquattro chilometri, sorvolassero sulle più grandi città del mondo.
Parte proprio da qui Independence Day. La storia immaginaria della più
grande invasione aliena (mancata) sulla Terra mostrataci dal punto di
vista del Presidente Thomas J. Whitmore (Bill Pullman) e della First
Lady Marilyn (Mary McDonnell), dal Capitano Steven Hiller (Will Smith),
dallo specialista in telecomunicazioni e sistemi informatici David
Levinson (Jeff Goldblum) e dal disinfestatore di campi alcolizzato
Russell Casse (Randy Quaid). Nonostante la sua aura da blockbuster di
puro intrattenimento semplicistico infatti c’è parecchia grazia
artistica tre le fila della narrazione di Independence Day. A
partire, ad esempio, dalla scelta di parole del titolo. Quel
Independence Day (che in origine sarebbe dovuto essere Doomsday) con cui
Emmerich gioca di simbiosi con il passato rielaborando la lezione
storica dei coloni in funzione del racconto.
Will Smith e Jeff Goldblum
Sulle note di una narrazione armonica nella gestione della massiccia
componente disaster e del dramma umano sullo sfondo fatto di redenzione,
sacrifici umani e unità familiare ora saldate ora risolte, il regista
tedesco inverte l’inerzia del più che tipico agire americano e dei suoi
valori, ricalibrando il liberarsi dal giogo coloniale inglese nel 1776
al servizio di un attacco totale nei confronti dell’assalto alieno.
Intenti lasciati navigare nel fiume del sottotesto narrativo infine
esplicitati alle pendici del terzo atto dal monologo ormai leggendario
del Presidente Whitmore con cui Emmerich, in quel “il 4 luglio non
sarà più ricordato solo come una festa americana. Ma come il giorno in
cui il mondo, con una sola voce, ha dichiarato: noi non ce ne andremo in
silenzio nella notte!” cementifica la ratio filmica del racconto
attraverso un’affermazione di dignità del popolo – di indipendenza che
diventa sopravvivenza – con cui propagare la carica esplosiva del sogno
americano e dei suoi valori su scala mondiale. L’alieno diventa così, a
detta delle parole dello stesso Emmerich, l’opportunità con cui “fare un film patriottico in cui tutti gli esseri umani si sarebbero potuti identificare”.
Altra scena iconica
Ma se John Adams guardò oltre al suo tempo immaginando il Giorno
dell’Indipendenza come una grande festa fatta di giochi, spari, e falò
da un’estremità all’altra del continente, per Emmerich è una pioggia di
esplosioni, battaglie per il destino dell’umanità, effetti speciali da
Oscar e tensione drammaturgica. Quest’ultima che seppur dissipata da una
climax banale – specie se rapportata all’impianto narrativo nel suo
insieme – finisce con l’essere il perfetto coronamento di un racconto
che lungo il suo sviluppo cita apertamente classici del genere come Ultimatum alla terra, La guerra dei mondi e 2001: Odissea nello spazio,
fa sua l’anima della fantascienza sociale, ricalibrandola al servizio
dello spettatore moderno. Come ampiamente prevedibile con più di
ottocento milioni di dollari Independence Day fu il film di maggior incasso globale del 1996; superando di netto Twister e Mission: Impossible.
Bill Pullman è il Presidente Thomas J. Whitmore
Tante erano le aspettative sull’opera di Emmerich da spingere la Warner
Bros a fissare la data della première proprio nella prima settimana di
luglio (sfruttando così l’inerzia simbiotica del racconto), a
posticipare il rilascio in sala di Mars Attacks! di cinque mesi, e da convincere Steven Spielberg a spostare di quasi un decennio la lavorazione de La guerra dei mondi.
E fu un successo per tutti. Per Bill Pullman che ha dato vita a un
Presidente Whitmore dalla carica valoriale benevola non dissimile da
quella del Presidente Bartlett (Martin Sheen) di The West Wing; per Jeff Goldblum il cui Levinson sembra quasi il figlio spirituale del Malcolm di Jurassic Park;
perfino per Robert Loggia (Gen. William Grey) che a un certo punto, per
via di un fraintendimento con il produttore e co-sceneggiatore Dean
Devlin, era convinto che avrebbe preso parte a un’opera-parodia; ma
soprattutto per un Will Smith già raffinato interprete tra piccolo e
grande schermo, che di lì in avanti vivrà la propria stagione d’oro al
botteghino. Un evergreen per tutte le stagioni insomma, non soltanto per
il 4 luglio.
Francesco Parrino
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