La NASA ha pubblicato i risultati di un test che confermerebbe la controversa propulsione elettromagnetica, che potrebbe farci arrivare su Marte in 70 giorni e senza carburante, sfidando però i principi dela fisica
di Nadia Drake e Michael Greshko
Il prototipo dell'EmDrive utilizzato nel test della NASA. Fotografia per gentile concessione AIAA
Dopo anni di speculazioni, un team di ricercatori sperimentali del Johnson Space Center della NASA è giunto a un traguardo che molti ritenevano impossibile: testare la possibilità di costruire un sistema a propulsione elettromagnetica che consenta a una navicella spaziale di viaggiare nel vuoto senza usare alcun tipo di propellente.
Secondo il team che ha pubblicato lo studio su Aerospace Research Central, il motore a propulsione elettromagnetica, o EmDrive, converte l'elettricità in propulsione semplicemente facendo rimbalzare microonde in uno spazio chiuso. In teoria, un motore così leggero potrebbe un giorno inviare una navicella su Marte in soli 70 giorni.
Il problema è che l'Em Drive sembra sfidare le leggi della fisica classica: gli stessi ricercatori che dicono che potrebbe funzionare non sanno perché lo faccia. Altri studi su questo tipo di motori sono stati accolti con enorme scetticismo, e molti fisici relegano l'EmDrive al mondo delle pseudo-scienze.
La differenza è che lo studio più recente è passato attraverso un livello di scrutinio da parte di studiosi indipendenti che suggerisce la possibilità
che l'EmDrive funzioni davvero. Siamo all'inizio di una rivoluzione nei viaggi spaziali o alla nuova "falsa partenza" di un motore spaziale "impossibile"? Andiamo per ordine.
Cos'è un EmDrive?
Proposto per la prima volta quasi vent'anni fa dallo studioso britannico Roger Shawyer, l'attuale modello di EmDrive è stato sviluppato e testato dai tecnici dell'Advanced Propulsion Physics Research Laboratory della NASA, o più familiarmente Eagleworks.
In poche parole, l'EmDrive dell'Eagleworks genera spinta facendo rimbalzare energia elettromagnetica (nella fattispecie, fotoni nello spettro di frequenza delle microonde) in una camera chiusa a forma di cono. Adando a sbattere contro le pareti della camera, i fotoni in qualche modo spingono il dispositivo in avanti, nonostante il fatto che nulla fuoriesca dalla camera; è il contrario di ciò che avviene ad esempio con alcuni motori a ioni in uso attualmente presso la NASA, che creano spinta ionizzando un propellente (perlpiù gas xenon) e rilasciando fasci di atomi carichi.
Ciò significherebbe - posto che l'EmDrive superi ulteriori esami - che in futuro un veicolo potrebbe sfrecciare nello spazio senza bisogno di trasportare tonnellate di carburante. Nei viaggi spaziali, la possibilità di viaggiare leggeri è cruciale per coprire velocemente e a costi contenuti lunghe distanze.
Perché questo motore va contro le leggi della fisica?
Nel lontano 1687, Sir Isaac Newton pubblicò le tre leggi della dinamica che costituiscono la base della meccanica classica. Nel tre secoli successivi alla loro formulazione, queste leggi sono state verificate innumerevoli volte.
Il problema è che l'EmDrive viola la terza legge di Newton, quella che stabilisce che a ogni azione corrisponde un'uguale e opposta reazione. È il principio che spiega ad esempio perchè una canoa avanza quando remiamo: la forza applicata nel muovere il remo all'indietro nell'acqua spinge la canoa nella direzione opposta; lo stesso principio vale per i motori a getto che fanno volare gli aeroplani.
Stranamente però l'EmDrive non espelle nulla, e questo non concorda né con la legge di Newton né con un altro caposaldo della meccanica classica, ovvero la legge di conservazione della quantità di moto. Per fare un paragone, è come se qualcuno sostenesse che una macchina può muoversi in avanti se il guidatore batte ripetutamente le mani sul volante.
È stato mai testato prima?
Nel 2014, i ricercatori dell'Eagleworks suscitarono grande scalpore annunciando che i primi test effettuati su motori EM suggerivano che potessero effettivamente funzionare. Da allora, il team ha testato l'EmDrive in condizioni sempre più ardue, fino all'ultimo esperimento descritto nello studio.
Altri gruppi di ricercatori stanno conducendo test su forme diverse di propulsione elettromagnetica. Oltre agli studi condotti da istituti di ricerca in Europa, Stati Uniti e Cina, esiste anche una vasta comunità di inventori fai-da-te impegnata a costruirsi il proprio motore impossibile. Nessuno però finora è riuscito a dimostrare in maniera inequivocabile che questo tipo di propulsione esista. (Diciamo la verità: ai fisici non piacciono queste invenzioni apparentemente "miracolose").
Cos'è cambiato ora?
La novità è che i ricercatori della NASA impegnati nell'EmDrive hanno pubblicato i risultati dello studio in una cosidetta rivista peer-reviewed, dove cioè quello che viene pubblicato viene sottoposto al vaglio di altri studiosi indipendenti. Questo non garantisce la validità di una scoperta, ma almeno assicura che altri ricercatori hanno analizzato gli esperimenti condotti trovando validi sia il metodo utilizzato che i risultati ottenuti.
Nello studio i ricercatori spiegano di aver testato l'EmDrive in un vuoto quasi assoluto simile a quello che incontrerebbe nello spazio. Gli studiosi hanno messo il motore su un pendolo di torsione, lo hanno acceso e determinato la spinta prodotta in base a quanto si è mosso. Ne è emerso, secondo le stime dei ricercatori, che l'EmDrive sarebbe in grado di produrre 1,2 millinewton per kilowatt di energia.
Non è granché paragonato alla spinta di motori più tradizionali, ma è tutt'altro che insignificante considerando la totale assenza di carburante. Tanto per fare un paragone, le vele o altre tecnologie simili generano solo una frazione di quella spinta, tra i 3,33 e i 6,67 micronewton per kilowatt.
Prima d'ora, una delle contestazioni principali rivolte all'EmDrive era che, poiché si riscaldava quando veniva attivato, era l'aria calda che lo circondava a produrre la spinta. Testare il dispositivo nel vuoto ha costretto almeno in parte ad accantonare questae obiezione, anche se i dubbi da sciogliere restano ancora tanti.
Com'è possibile?
Per prima cosa, non è ancora chiaro se l'EmDrive produca effettivamente spinta, un'affermazione che necessita ulteriori verifiche. Ma c'è già chi formula ipotesi sul possibile funzionamento del motore.
I ricercatori dell'Eagleworks che hanno testato l'EmDrive ritengono che le microonde di fotoni spingano contro un "plasma virtuale", ovvero coppie particelle-antiparticelle prodotte e riassorbite quasi istantaneamente dal vuoto quantistico. Il problema è che non sappiamo neppure se il "plasma virtuale" esista, dice il fisico Sean Carroll di Caltech.
Nello studio, il team di Eagleworks fa riferimento alla cosiddetta teoria pilot-wave della meccanica quantistica per spiegare come il vuoto quantistco possa generare spinta, pur ricordando che questa interpretazione non è "predominante nella fisica attuale".
Secondo Mike McCulloch, fisico della University of Plymouth, l'EmDrive dimostrerebbe una nuova teoria sull'inerzia relativa alla cosiddetta radiazione di Unruh, una sorta di calore che subirebbero gli oggetti in accelerazione. A suo dire, poiché le estremità ampia e stretta del cono dell'EmDrive permettono diverse lunghezze d'onda della radiazione di Unruh, l'inerzia dei fotoni all'interno della cavità deve necessariamente cambiare mentre rimbalzano avanti e indietro, e questo, in modo da conservare la quantità di moto, produrrebbe la spinta.
Il modello di McCulloch però dà per assunto che la radiazione di Unruh esista (mentre non è stata confermata in via sperimentale); inoltre suggerisce che la velocità della luce all'interno del cono dell'EmDrive sia variabile, il che viola a sua volta la teoria della relatività speciale di Einstein, obietta il fisico Brian Koberlein del Rochester Institute of Technology.
Esiste poi l'ipotesi del fisico Jim Woodward, il quale ritiene che ioni carichi di energia subiscano fluttuazioni transitorie di massa quando vengono accelerati. Questa ipotesi, ancora non confutata a livello teorico, può spiegare come la navicella si muoverebbe nello spazio senza violare il principio della conservazione della quantità di moto.
Potrebbe rivelarsi un'altra bufala?
Assolutamente si. Esiste una lunga serie di scoperte che apparentemente sfidano le leggi della fisica (qualcuno ricorderà la storia dei neutrini più veloci della luce) che alla fine si rivelano frutto di esperimenti fallosi.
Nello studio, gli autori identificano nove possibili fonti di errore nella sperimentazione. Nessuna è da escludere in maniera assoluta, quindi saranno necessari ulteriori test... e chissà che la prossima volta non vengano effettuati nello spazio.
Dopo anni di speculazioni, un team di ricercatori sperimentali del Johnson Space Center della NASA è giunto a un traguardo che molti ritenevano impossibile: testare la possibilità di costruire un sistema a propulsione elettromagnetica che consenta a una navicella spaziale di viaggiare nel vuoto senza usare alcun tipo di propellente.
Secondo il team che ha pubblicato lo studio su Aerospace Research Central, il motore a propulsione elettromagnetica, o EmDrive, converte l'elettricità in propulsione semplicemente facendo rimbalzare microonde in uno spazio chiuso. In teoria, un motore così leggero potrebbe un giorno inviare una navicella su Marte in soli 70 giorni.
Il problema è che l'Em Drive sembra sfidare le leggi della fisica classica: gli stessi ricercatori che dicono che potrebbe funzionare non sanno perché lo faccia. Altri studi su questo tipo di motori sono stati accolti con enorme scetticismo, e molti fisici relegano l'EmDrive al mondo delle pseudo-scienze.
La differenza è che lo studio più recente è passato attraverso un livello di scrutinio da parte di studiosi indipendenti che suggerisce la possibilità
che l'EmDrive funzioni davvero. Siamo all'inizio di una rivoluzione nei viaggi spaziali o alla nuova "falsa partenza" di un motore spaziale "impossibile"? Andiamo per ordine.
Cos'è un EmDrive?
Proposto per la prima volta quasi vent'anni fa dallo studioso britannico Roger Shawyer, l'attuale modello di EmDrive è stato sviluppato e testato dai tecnici dell'Advanced Propulsion Physics Research Laboratory della NASA, o più familiarmente Eagleworks.
In poche parole, l'EmDrive dell'Eagleworks genera spinta facendo rimbalzare energia elettromagnetica (nella fattispecie, fotoni nello spettro di frequenza delle microonde) in una camera chiusa a forma di cono. Adando a sbattere contro le pareti della camera, i fotoni in qualche modo spingono il dispositivo in avanti, nonostante il fatto che nulla fuoriesca dalla camera; è il contrario di ciò che avviene ad esempio con alcuni motori a ioni in uso attualmente presso la NASA, che creano spinta ionizzando un propellente (perlpiù gas xenon) e rilasciando fasci di atomi carichi.
Ciò significherebbe - posto che l'EmDrive superi ulteriori esami - che in futuro un veicolo potrebbe sfrecciare nello spazio senza bisogno di trasportare tonnellate di carburante. Nei viaggi spaziali, la possibilità di viaggiare leggeri è cruciale per coprire velocemente e a costi contenuti lunghe distanze.
Perché questo motore va contro le leggi della fisica?
Nel lontano 1687, Sir Isaac Newton pubblicò le tre leggi della dinamica che costituiscono la base della meccanica classica. Nel tre secoli successivi alla loro formulazione, queste leggi sono state verificate innumerevoli volte.
Il problema è che l'EmDrive viola la terza legge di Newton, quella che stabilisce che a ogni azione corrisponde un'uguale e opposta reazione. È il principio che spiega ad esempio perchè una canoa avanza quando remiamo: la forza applicata nel muovere il remo all'indietro nell'acqua spinge la canoa nella direzione opposta; lo stesso principio vale per i motori a getto che fanno volare gli aeroplani.
Stranamente però l'EmDrive non espelle nulla, e questo non concorda né con la legge di Newton né con un altro caposaldo della meccanica classica, ovvero la legge di conservazione della quantità di moto. Per fare un paragone, è come se qualcuno sostenesse che una macchina può muoversi in avanti se il guidatore batte ripetutamente le mani sul volante.
È stato mai testato prima?
Nel 2014, i ricercatori dell'Eagleworks suscitarono grande scalpore annunciando che i primi test effettuati su motori EM suggerivano che potessero effettivamente funzionare. Da allora, il team ha testato l'EmDrive in condizioni sempre più ardue, fino all'ultimo esperimento descritto nello studio.
Altri gruppi di ricercatori stanno conducendo test su forme diverse di propulsione elettromagnetica. Oltre agli studi condotti da istituti di ricerca in Europa, Stati Uniti e Cina, esiste anche una vasta comunità di inventori fai-da-te impegnata a costruirsi il proprio motore impossibile. Nessuno però finora è riuscito a dimostrare in maniera inequivocabile che questo tipo di propulsione esista. (Diciamo la verità: ai fisici non piacciono queste invenzioni apparentemente "miracolose").
Cos'è cambiato ora?
La novità è che i ricercatori della NASA impegnati nell'EmDrive hanno pubblicato i risultati dello studio in una cosidetta rivista peer-reviewed, dove cioè quello che viene pubblicato viene sottoposto al vaglio di altri studiosi indipendenti. Questo non garantisce la validità di una scoperta, ma almeno assicura che altri ricercatori hanno analizzato gli esperimenti condotti trovando validi sia il metodo utilizzato che i risultati ottenuti.
Nello studio i ricercatori spiegano di aver testato l'EmDrive in un vuoto quasi assoluto simile a quello che incontrerebbe nello spazio. Gli studiosi hanno messo il motore su un pendolo di torsione, lo hanno acceso e determinato la spinta prodotta in base a quanto si è mosso. Ne è emerso, secondo le stime dei ricercatori, che l'EmDrive sarebbe in grado di produrre 1,2 millinewton per kilowatt di energia.
Non è granché paragonato alla spinta di motori più tradizionali, ma è tutt'altro che insignificante considerando la totale assenza di carburante. Tanto per fare un paragone, le vele o altre tecnologie simili generano solo una frazione di quella spinta, tra i 3,33 e i 6,67 micronewton per kilowatt.
Prima d'ora, una delle contestazioni principali rivolte all'EmDrive era che, poiché si riscaldava quando veniva attivato, era l'aria calda che lo circondava a produrre la spinta. Testare il dispositivo nel vuoto ha costretto almeno in parte ad accantonare questae obiezione, anche se i dubbi da sciogliere restano ancora tanti.
Com'è possibile?
Per prima cosa, non è ancora chiaro se l'EmDrive produca effettivamente spinta, un'affermazione che necessita ulteriori verifiche. Ma c'è già chi formula ipotesi sul possibile funzionamento del motore.
I ricercatori dell'Eagleworks che hanno testato l'EmDrive ritengono che le microonde di fotoni spingano contro un "plasma virtuale", ovvero coppie particelle-antiparticelle prodotte e riassorbite quasi istantaneamente dal vuoto quantistico. Il problema è che non sappiamo neppure se il "plasma virtuale" esista, dice il fisico Sean Carroll di Caltech.
Nello studio, il team di Eagleworks fa riferimento alla cosiddetta teoria pilot-wave della meccanica quantistica per spiegare come il vuoto quantistco possa generare spinta, pur ricordando che questa interpretazione non è "predominante nella fisica attuale".
Secondo Mike McCulloch, fisico della University of Plymouth, l'EmDrive dimostrerebbe una nuova teoria sull'inerzia relativa alla cosiddetta radiazione di Unruh, una sorta di calore che subirebbero gli oggetti in accelerazione. A suo dire, poiché le estremità ampia e stretta del cono dell'EmDrive permettono diverse lunghezze d'onda della radiazione di Unruh, l'inerzia dei fotoni all'interno della cavità deve necessariamente cambiare mentre rimbalzano avanti e indietro, e questo, in modo da conservare la quantità di moto, produrrebbe la spinta.
Il modello di McCulloch però dà per assunto che la radiazione di Unruh esista (mentre non è stata confermata in via sperimentale); inoltre suggerisce che la velocità della luce all'interno del cono dell'EmDrive sia variabile, il che viola a sua volta la teoria della relatività speciale di Einstein, obietta il fisico Brian Koberlein del Rochester Institute of Technology.
Esiste poi l'ipotesi del fisico Jim Woodward, il quale ritiene che ioni carichi di energia subiscano fluttuazioni transitorie di massa quando vengono accelerati. Questa ipotesi, ancora non confutata a livello teorico, può spiegare come la navicella si muoverebbe nello spazio senza violare il principio della conservazione della quantità di moto.
Potrebbe rivelarsi un'altra bufala?
Assolutamente si. Esiste una lunga serie di scoperte che apparentemente sfidano le leggi della fisica (qualcuno ricorderà la storia dei neutrini più veloci della luce) che alla fine si rivelano frutto di esperimenti fallosi.
Nello studio, gli autori identificano nove possibili fonti di errore nella sperimentazione. Nessuna è da escludere in maniera assoluta, quindi saranno necessari ulteriori test... e chissà che la prossima volta non vengano effettuati nello spazio.
Fonte
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