Uno dei principali problemi dei primi uomini che andranno su Marte, sarà tornare sulla Terra. Portarsi dietro anche il carburante necessario per il viaggio di ritorno sarebbe troppo complicato e costoso perciò gli scienziati stanno studiando alcune soluzioni per produrre in situ metano ed ossigeno, gli elementi chiave nei sistemi di propulsione.
Il metano
Per il metano, un suggerimento arriva dall'Università della California, dove il professore di fisica ed astronomia Houlin Xin, ha teorizzato un processo che meglio si adatta ai viaggi spaziali.
Il carburante per razzi a base di metano nasce da un'idea di Elon Musk, il fondatore e CEO della SpaceX.
Fu il magnate americano a suggerire che si sarebbe potuta utilizzare l'energia prodotta da una farm
di pannelli solari sulla superficie del Pianeta Rosso, per attivare
l'elettrolisi dell'anidride carbonica concentrata nei ghiacci marziani e
nell'atmosfera, per produrre metano. Producendo propellente in loco, la
nave spaziale eviterà di partire dalla Terra già carica di carburante
per il ritorno.
Attualmente, i razzi creati dalla Lockheed Martin e dalla Boeing utilizzano l'idrogeno liquido, così come prevedevano anche i primi progetti della famiglia dei motori Raptor di SpaceX. Ma nel 2012 Musk annunciò il passaggio al sistema methalox,
metano liquido e ossigeno liquido, proprio perché questo gas meglio si
adatta alla colonizzazione di Marte. Può essere trovato e prodotto sul
posto e lo stoccaggio è relativamente più facile rispetto all'idrogeno
liquido. Le sue proprietà chimiche e di combustione lo rendono inoltre
più adatto ai sistemi riutilizzabili. Nel methalox, il metano è il
carburante e l'ossigeno è il comburente, ossia agisce come ossidante per
bruciare il carburante.
I motori Raptor alimentano la prossima generazione dei veicoli spaziali SpaceX, Starship / Super Heavy. Lo sviluppo di questa nave spaziale sembra stia procedendo a pieno ritmo, con l'intento di portare il primo uomo su Marte entro il 2026.
Sul Pianeta Rosso, metano (CH4) ed ossigeno (O2) verrebbero prodotti attraverso la cosiddetta reazione di Sabatier, utilizzata attualmente dagli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per ottenere ossigeno respirabile dall'acqua. In questo processo, l'anidride carbonica reagisce con l'idrogeno in presenza di un catalizzatore, generalmente nichel, in condizioni di temperatura ottimale compresa tra 300-400 gradi Celsius e alta pressione, producendo metano ed acqua. Tuttavia, uno dei principali problemi con il processo Sabatier è che si tratta di una procedura in due fasi che richiede grandi abilità per lavorare in modo efficiente.
Xin suggerisce di utilizzare, nella reazione, un catalizzatore di zinco a singolo atomo che semplificherà l'attuale processo in due fasi in una reazione a singola fase, utilizzando un dispositivo più compatto e, quindi, più portatile. "Il processo che abbiamo sviluppato bypassa il processo acqua-idrogeno e converte invece in modo efficiente la CO2 in metano con un'elevata selettività", ha affermato Xin.nella press release.
Nonostante la svolta, l'idea di Xin è lungi dall'essere implementata. Attualmente il team ha solo "prove di concetto", il che significa che sono stati fatti dei test in laboratorio ma nessuna prova di applicazioni nel mondo reale. Oltre a questo, non dimentichiamo che l'estrazione del metano su Marte avverrebbe principalmente scavando il ghiaccio dal sottosuolo e questo sarà un altro ostacolo. Il recente insuccesso della sonda termica di Insight, nota come la "talpa", ha dimostrato che il terreno potrebbe non collaborare.
L'ossigeno
L'ossigeno su Marte sarà fondamentale
per molte attività. Non solo per la sopravvivenza sul pianeta ma anche
per il viaggio di ritorno sulla Terra. La sottile atmosfera del Pianeta
Rosso è composta per il 95% da anidride carbonica ma inviare qualsiasi
cosa nello spazio richiede carburante e bruciarlo richiede ossigeno
(anche nei motori Raptor di Musk!).
Il rover della NASA Perseverance che sta per arrivare sul Pianeta Rosso, trasporta MOXIE (Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment), un piccolo esperimento propedeutico.
"La NASA non vuole assolutamente lasciare le persone su Marte", ha detto Asad Aboobaker, un ingegnere del Jet Propulsion Laboratory della NASA. MOXIE potrebbe indicare la via e, se funzionerà, potrebbe essere implementato su larga scala. Riportare l'uomo sulla Terra, dopo averlo spedito su Marte, è uno dei nodi da sciogliere per i viaggi verso il Pianeta Rosso. Il problema più grande è proprio avere a disposizione la grande quantità di propellente necessaria per il rientro. "Tutto quello che devi fare per convincerti di questo è guardare un razzo mentre viene lanciato dalla Terra", ha detto Michael Hecht, direttore associato al MIT e responsabile di MOXIE. "C'è un enorme serbatoio di ossigeno per sollevare una piccola capsula in cima."
L'esperimento MOXIE viene installato su Perseverance - Crediti: NASA/JPL-Caltech
Con le dimensioni di una batteria per auto (una scatola cubica di circa 30 centimetri per lato), MOXIE è progettato per dimostrare una tecnologia che converte l'anidride carbonica in ossigeno con un processo elettrolitico. All'interno del contenitore si trovano un compressore, un filtro e una pila di ceramica rigorosamente testata che esegue la reazione elettrolitica.
Ogni elemento deve funzionare da remoto, con precisione ed in condizioni difficili.
L'atmosfera
su Marte è 170 volte più sottile che sulla Terra e produrre ossigeno in
quantità non sarà così semplice. Anche se l'aria è molto ricca di
anidride carbonica da cui estrarre ossigeno, la bassa pressione
atmosferica limita fortemente la quantità di aria ambiente che fluttua
nel nucleo reattivo di MOXIE. Il compressore di MOXIE, tuttavia, aspira
l'anidride carbonica nelle vicinanze ed alimenta l'unità di elettrolisi a
una pressione simile a quella terrestre. Lì, un catalizzatore chimico
che opera a 800 gradi Celsius, strappa un atomo di ossigeno da ogni
molecola di CO2 in arrivo. Quindi, le coppie di atomi di ossigeno si
combinano rapidamente per formare l'ossigeno biatomico stabile, che esce
con il monossido di carbonio.
Dato che MOXIE tende a surriscaldarsi, mantenere l'attrezzatura al sicuro e mantenere al sicuro gli altri strumenti di Perseverance ha richiesto un isolamento altamente tecnologico. Inoltre, dovrà resistere ai notevoli sbalzi termini tipici di Marte: "Vogliamo
dimostrare che possiamo far lavorare [MOXIE] di giorno e di notte, in
inverno ed in estate, e quando fuori c'è polvere... in tutti i diversi
ambienti", ha detto Hecht. Come isolante leggero e durevole, gli ingegneri della NASA hanno utilizzato aerogel nati anni fa per un progetto completamente diverso.
Un
altro inconveniente è che MOXIE dovrà condividere le preziose risorse
energetiche con gli altri esperimenti e le attività di routine della
missione, quindi sarà soggetto a cicli di accensione e spegnimento che
potranno degradare il meccanismo. Oltre al fatto che, da quando lo
strumento è stato assemblato nel rover e fino all'arrivo su Marte,
saranno passati 2 anni: "Per cominciare, restare fermi su uno scaffale per due anni è una sfida", ha commentato Hecht. "Per non parlare dell'estrema violenza che subirà passando dallo stare fermo sullo scaffale all'accensione su Marte". In pratica, basterà davvero poco per rovinare questo esperimento.
MOXIE non riempirà nessun serbatoio con l'ossigeno prodotto su Marte. Invece, gli scienziati monitoreranno il successo con tre misure indipendenti: un sensore di pressione lungo il percorso del gas; una molecola fluorescente che si attenua dopo aver incontrato l'ossigeno e monitorando la corrente elettrica dalla reazione. Inoltre, attraverso i microfoni di Perseverance, cercheranno di ascoltare il ronzio di un compressore sano.
In futuro, un'unità pienamente efficiente, dovrà funzionare almeno 1000 volte più a lungo di MOXIE.
No comments:
Post a Comment
Note: Only a member of this blog may post a comment.