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Friday, June 24, 2022

Ufologi a Phoenix e un grigio “caso Amicizia” ( Maurizio Baiata )

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La mente torna ai tre anni trascorsi a Phoenix a cavallo del 2010, quando mi apparve chiaro che l’Arizona era diventata il sancta sanctorum dei ricercatori UFO americani e stranieri, scegliendola come loro residenza. 

 Fra questi, due autentici “veterani”, come Wendelle Stevens, l’ex colonnello USAF che abitava a Tucson e il sergente maggiore dell’US Army Robert O‘Dean che viveva ad Awatukee, con i quali avevo instaurato un sincero rapporto di amicizia e ormai venuti a mancare da diversi anni. Lo stesso era accaduto con la psicologa Ruth Hover, stimata terapeuta della famiglia, formatasi nello studio delle “Abduction” accanto al compianto dottor John Mack e responsabile del settore Esperienze di Contatto della sezione MUFON (Mutual UFO Network) Arizona, a Phoenix guidata da Stacey Wright e Jim Mann, che ne hanno poi preso le redini per l’intero Stato. Fra gli inglesi, il britannico Nick Pope si è trasferito in Arizona nel 2011 e ha scelto Tucson per viverci con la moglie americana, Elizabeth.

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 L’ingresso della Redazione di Open Minds

 

Open Minds

Personalmente, avevo deciso di trasferirmi a Tempe due anni prima, frazione di Phoenix vicina alla elegante Scottsdale, a seguito della proposta di impiego triennale come Direttore della rivista Open Minds, incarico che avevo accettato con grande entusiasmo, che però mi avrebbe portato a vivere un’esperienza coercitiva e dolorosa sino a costringermi al rientro in Italia nel Marzo 2011. Dirigere il bimestrale, dovendone costruire da zero un “editorial department” adeguato alle richieste del committente (il signor John Rao), ovvero una redazione al top negli USA, mi aveva consentito di entrare in contatto con il gotha dell’ufologia americana. Di quel periodo possiedo ancora gran parte degli articoli originali dei collaboratori americani, pubblicati e non, da me coordinati nel primo anno e mezzo di direzione, prima del mio declassamento a staff editor. Il MUFON Arizona per me costituiva un supporto importante.

Da altri punti di vista, l’appeal dell’Arizona si spiega velocemente. Oltre a Roswell in New Mexico e al Nevada con la mitica Area 51, l’Arizona era e resta sinonimo di fenomeni UFO, grazie alle cosiddette Phoenix Lights, le luci che ne invasero il cielo nel Marzo 1997. Altri punti di forza sono le meravigliose montagne rosse e i vortici di energia di Sedona, il Grand Canyon, il gioiellino Flagstaff e le White Mountains dove avvenne il rapimento di Travis Walton… cos’altro chiedere come polo d’attrazione per gente avvezza agli UFO skywatch notturni in tutto lo Stato?

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La scena dell’esplosione della villa nel film “Zabriskie Point”

E poi spunta un capolavoro di Michelangelo Antonioni come “Zabriskie Point” a completare il quadro, con una citazione cinematografica. La Casa della Cascata, la villa sospesa nel vuoto con le sue immense vetrate e i cui interni furono scelti dal regista italiano per mostrarne la modernistica “grandiosità”, si trova a Cave Creek, nel deserto a Nord Est di Phoenix. Realizzata dal famoso architetto Frank Lloyd Wright, ovviamente, la struttura non è quella che si vede esplodere davanti agli occhi della meravigliosa protagonista Daria Halprin nella spettacolare sequenza con il micidiale sottofondo dei Pink Floyd. Buona parte del percorso dei due giovani, che faranno l’amore nello scenario mozzafiato della Death Valley, si svolge lungo la highway desertica che collega Los Angeles a Phoenix e ha il suo climax allo Zabriskie Point. E ancora, andando a ritroso nel tempo nei luoghi che ho avuto modo di visitare, ci sono le molte aree di insediamento dei nativi americani, ricche di petroglifi e di sacralità stellare e poi c’è Tombstone, scenario intatto rimasto tale dall’epoca della sfida fra gli uomini di legge con Wyatt Earp e il clan dei Clanton all’OK Corral.

Le Luci di Phoenix

L’aria che si respira nella Valle di Phoenix, se è rovente per buona parte dell’anno, è unica e per me, rappresenta un crocevia di esperienze di vita indimenticabili e di conoscenze importanti, che mi auguro di riuscire a descrivere in un prossimo libro. Fra le conoscenze, l’analista ottico Jim Dilettoso, gli inquirenti Jim Nichols (famoso illustratore e ricercatore UFO, scomparso all’inizio del 2022) Len Kasten, autore di un saggio sul caso “Serpo”, il giornalista aerospaziale Larry Lowe e la dottoressa Lynn Kitey, specialisti delle Phoenix Lights. 

Nella copertina del libro di Lynn Kitey, la foto da lei scattata di tre oggetti luminosi in formazione

 

Dei diversi incontri ai quali ho partecipato come osservatore e relatore, ricordo soprattutto l’edizione 2010 del meeting dedicato ai fenomeni delle Luci di Phoenix del 13 Marzo 1997. In quell’occasione, Larry Lowe, allora in forza al quotidiano online “Examiner”, insieme a testimoni oculari Mike Fortson e Tim Ley, e alla battagliera consigliera comunale Frances Barwood, ebbero il coraggio di denunciare l’amministrazione della capitale dello Stato per l’assurda incuria, sul piano civile e politico, nella gestione delle “Luci di Phoenix”, il più importante avvistamento di massa dell’era moderna. Ricostruiti millimetricamente da Larry Lowe, gli eventi ebbero una dinamica complessa e mai “risolta” dalle spiegazioni di comodo di allora, come il lancio di razzi di segnalazione o di “flares” dell’Aeronautica Militare USA. L’incipit del suo intervento basato su analisi tecniche e grafiche, fu il seguente: “Se una fotografia vale più di mille parole, allora una ricostruzione animata al computer ne vale migliaia perché, solo considerando il gigantesco triangolo volante avvistato dalla torre di controllo di Sky Harbor (l’aeroporto civile di Phoenix, N.d.R), nessun discorso può riprodurre l’impatto che tale visione ebbe sulla popolazione. Secondo la testimonianza di Mike Fortson, tuttavia, sembra che tutto il personale aeroportuale in servizio in quel momento fosse impegnato a guardare in un’altra direzione, cercando di capire cosa fossero quelle luci che si vedevano a sud della South Mountain. Un giorno, in qualche modo, dovremmo essere in grado di mettere insieme i tasselli di questo puzzle e cercare di fare chiarezza su quanto avvenne quella sera”.

Larry sottolineò che avremmo dovuto porre nella giusta prospettiva le Luci di Phoenix e comprendere perché, a distanza di tredici anni, nonostante una gigantesca astronave e diversi altri oggetti non identificati si fossero palesati in modo tanto spettacolare su una metropoli statunitense – e in questo la mancanza di migliori documenti fotografici e di video si fa ancora sentire – simile manifestazione non era stata sufficiente a smuovere le coscienze dormienti di tutta la nazione americana. Inoltre, quelle “luci” potrebbero essere state solo un’avanguardia, una sorta di avvertimento di qualcosa di molto più grande che prima o poi potrà accadere e che non è detto si riveli positivo.

 

 Da sinistra, Larry Lowe, M. Baiata, Jim Nichols, Bob Dean e Dee Andrews

 

 

Contattismo di Massa all’italiana

Personalmente, sosterrei la tesi di Lowe, di guardare al fenomeno UFO con la massima apertura mentale e di non escludere alcuna prospettiva che possa derivarne. Altrimenti, dovremmo accettare passivamente gli oltre settanta anni di segretezza governativa e dar credito all’idea che qui sulla Terra esistano o siano esistite situazioni stanziali che avrebbero visto razze aliene in contrasto fra loro, come nel caso italiano “Amicizia”.

In tal senso, i colleghi del MUFON Phoenix, nel 2009 furono affascinati dalla pubblicazione negli USA di “Mass Contacts”, edizione in inglese del libro “Contattismi di Massa” dell’ingegnere Stefano Breccia. Anche lui, come altri testimoni più o meno diretti dell’intera vicenda, aveva preferito restare in silenzio per lunghi anni su un presunto processo di infiltrazione di due razze aliene avvenuto nel nostro Paese con il favore di un numero imprecisato di compartecipi rimasti quasi tutti nell’ombra. E ora, improvvisamente, se ne parlava. Sotto la mia direzione, su “Open Minds” apparve un ottimo orticolo in due parti a firma del ricercatore croato Nikola Duper, che riportava le dichiarazioni di un “insider” di “Amicizia” a supporto dell’autenticità del caso.

                      

 L’edizione statunitense del libro di Stefano Breccia “Contattismi di Massa”

In seguito, certi ricercatori americani fecero notare come dal libro di Breccia (e dal suo sequel “50 Years of Amicizia”) non emergessero elementi valevoli a sorreggere fattualmente un racconto che pretendeva di ricostruire venti e più anni di una vicenda rimasta sempre sommersa, sino al “conflitto finale” tra le fazioni aliene W56 e CTR, quando nel 1978 il mare Adriatico fu teatro di eventi drammatici e fenomeni inspiegabili associati alla presenza di UFO, meglio sarebbe dire USO (oggetti sommersi non identificati). Senza la possibilità di approfondire, scomparsi Breccia e testimoni che si sono portati nella tomba la verità, il caso vale soprattutto per la preziosa testimonianza, le fotografie e le audio registrazioni in possesso di Gaspare De Lama, a parte quella poco credibile del W56 “Kenio” alto tre metri, ma lascia in bocca un sapore amaro. Nella complessa vicenda infatti sarebbero rimaste invischiate persone in buona fede, forse vittime di un raggiro di colossali dimensioni, con un inquietante risvolto giudiziario. Sussiste il sospetto che tutto possa essere stato architettato ad arte sulla base di un assunto che suonerebbe così: “Facciamo credere a tutti che qui in Italia gli alieni ci sono stati per anni e anni, ben nascosti nelle loro basi sotterranee. Noi lo sapevamo, ma non lo abbiamo mai rivelato”.

In mancanza di riscontri oggettivi, sul “caso Amicizia” mi atterrei alla prudente posizione del grande ufologo e fisico nucleare Stanton Friedman, il quale era solito riporre i casi privi di spiegazione logica ed evidenze in un suo “grey basket”, un cestino pieno di oggetti né bianchi né neri…

Maurizio Baiata 

Fonte 

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