Esistono pianeti che non fanno parte di un sistema e che quindi non orbitano intorno ad una stella. Le prime conferme che questi pianeti, da sempre teorizzati, esistono davvero nella via Lattea sono arrivate solo nel corso degli ultimi anni: le difficoltà nell’intercettarli sono palesi visto che non producono effetti su una stella né passano davanti ad essa.
Pianeti erranti potrebbero essere usati dalle civiltà aliene
Secondo un nuovo studio condotto da una ricercatrice dello Houston Community College, Irina Romanovskaya, questi pianeti vaganti potrebbero essere utilizzati da civiltà aliene sufficientemente avanzate a livello tecnologico per ottenere un “passaggio” cosmico e raggiungere luoghi desiderati o comunque di interesse, come riferisce un nuovo articolo di Sci-News che riprende uno studio apparso sull’International Journal of Astrobiology.[1]
Pianeti fluttuanti
È stato teorizzato che pianeti fluttuanti, anche se non possono godere dell’energia che arriva da una stella, possono comunque avere degli oceani liquidi sotto un denso strato di ghiaccio e in questi oceani potrebbero esserci forme di vita semplici. I pianeti fluttuanti possono essere espulsi dal proprio sistema causa di complesse interazioni gravitazionali
Viaggi interstellari
I
viaggi interstellari sono difficoltosi. Finché c’è da spostarsi da un
pianeta all’altro di un sistema, almeno per le civiltà con un livello
tecnologico simile o di poco superiore al nostro, i problemi che possono
essere più o meno agevolmente superati. Quando però si tratta di
spostarsi da un sistema all’altro, per compiere i cosiddetti “viaggi
interstellari”, le cose cominciano a complicarsi tantissimo visto che le
distanze possono essere enormi.
E le difficoltà diventano ancora più grandi se a spostarsi devono essere
grossi gruppi o intere popolazioni. Potrebbe essere il caso, per
esempio, di una civiltà che costretta ad abbandonare il proprio pianeta
di origine.
Pianeti “fluttuanti” usati per vere e proprie migrazioni
Secondo
la Romanovskaya una possibilità per effettuare spostamenti
interstellari potrebbe risiedere nell’utilizzo dei pianeti “fluttuanti”
onde effettuare vere e proprie migrazioni di stella in stella e quindi
colonizzare almeno una parte della nostra galassia.
Civiltà ancora più avanzate potrebbero inoltre pensare di usare
complessi sistemi di propulsione o sfruttare le complesse interazioni
gravitazionali per convertire piccoli pianeti non erranti, ad esempio
uno simile a Sedna che si trova nelle zone più periferiche del nostro
sistema solare, per trasformarli in pianeti fluttuanti e quindi
cominciare a migrare in un altro sistema.
Fusione nucleare controllata
Come
fonte di energia i gruppi presenti su questi pianeti fluttuanti
potrebbero usare la fusione nucleare controllata mentre gli habitat
potrebbero essere collocati in sottosuolo o addirittura sotto gli
oceani, il tutto per ottenere un riparo dalle potenti radiazioni
cosmiche.
Una volta raggiunto un sistema con pianeti interessanti ed abitabili, il
trasferimento dal pianeta fluttuante a questi pianeti diventerebbe poi
relativamente agevole.
Come scoprire civiltà che soggiornano su un pianeta fluttuante
Ma
come scoprire civiltà che soggiornano su un pianeta fluttuante in
attesa di trovare un sistema interessante? Bisognerebbe rilevare le
firme tecnologiche. E in tal senso il misterioso segnale “Wow!”
intercettato il 15 agosto 1977, che tanti grattacapi ha dato e sta dando
ancora agli astronomi e ai cacciatori di alieni, potrebbe essere stato
prodotto proprio da una civiltà presente su un pianeta fluttuante. E
questo potrebbe essere uno dei motivi per i quali non siamo più riusciti
ad intercettarlo.
La ricercatrice propone anche che il concetto di migrazione
interstellare che sfrutta i passaggi ravvicinati delle stelle, cosa che
facilita naturalmente il trasferimento da un sistema all’altro, può
essere usata in concomitanza con il concetto di migrazione interstellare
tramite l’utilizzo dei pianeti erranti.
Intercettare dei segnali insoliti e potenzialmente artificiali
Un metodo per scoprirli potrebbe essere, spiega la ricercatrice, intercettare dei segnali insoliti e potenzialmente artificiali: la possibilità, benché minima, che qualche pianeta fluttuante con una specie intelligente su di esso possa essersi avvicinato al nostro sistema potrebbe esistere. A tal proposito la ricercatrice propone una nuova branca della ricerca SETI: la “search for migrating extraterrestrial intelligence” (ricerca dell’intelligenza extraterrestre migrante o SMETI).
Note e approfondimenti
- Migrating extraterrestrial civilizations and interstellar colonization: implications for SETI and SETA | International Journal of Astrobiology | Cambridge Core (DOI: 10.1017/S1473550422000143)
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