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Thursday, June 7, 2018

Psicologi Usa: per andare su Marte serve anche una buona dose di humor

LA generazione che metterà i piedi su Marte è già nata. E tutti vogliono Marte: la Nasa è pronta a tornare sulla Luna come volano per le future missioni sul Pianeta Rosso e il visionario Elon Musk ha messo in cantiere la costruzione del super razzo BFR, con lo scopo di inviare il primo equipaggio su Marte entro il 2024. 
 
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 Ma il tempo che passerà da qui a quel giorno non servirà unicamente a comprendere quali sono le tecnologie migliori per spedire un equipaggio sul Pianeta Rosso e garantirne la sopravvivenza: bisognare anche capire come rendere quella spedizione un successo dal punto di vista psicologico. E per scongiurare disastri - e mandare in fumo miliardi di investimenti - serviranno prima di tutto spiccate capacità di team working, riassume oggi un documento presentato sulle pagine di American Psychologist, la rivista dell'Associazione americana di psicologia (Apa).  
 
Marte, estremo tra gli estremi. Intendiamoci, non che le abilità di team working siano un'esclusiva di Marte, gli astronauti subiscono già una ferrea selezione e un addestramento che mira a sviluppare le caratteristiche più adatte anche sotto questo aspetto. Perché lo spazio, come ricordano gli autori, rappresenta la quintessenza degli ambienti isolati, confinati ed estremi (isolated, confined, and extreme, ICE). E se possibile Marte è ancora più estremo: gli equipaggi delle missioni dirette verso il Pianeta Rosso potranno infatti vivere anni lontani da casa, condividere un ambiente che per quanto comodo sarà comunque ristretto e non potranno contare sull'assistenza in real time da parte delle stazioni di controllo, a causa del ritardo nelle comunicazioni tra Marte e la Terra (fino a 45 minuti). Tutte queste condizioni non faranno che amplificare lo stress sperimentato dagli astronauti durante le missioni spaziali.  
 
 Il fiore su Marte
 
Le simulazioni non bastano. Certo, ricordano gli autori, esistono simulazioni eccellenti sulla Terra che cercano di riprodurre in parte l'isolamento sperimentato durante le missioni spaziali o il ritardo nelle comunicazioni e le difficoltà che incontreranno i futuri marziani. Ma tutte le simulazioni effettuate non possono simulare il grado di pericolo reale cui andranno incontro gli astronauti diretti su Marte. L'ambiente più adatto in questo senso sarebbe la Stazione spaziale internazionale, ma il tempo a disposizione per raccogliere dati relativi ad aspetti più psicologici, quali appunto le capacità di lavorare in gruppo in ambienti rispetti e isolati, è limitato. Così come scarsi sono i dati disponibili dalla letteratura nel campo ricordano gli autori, per motivi diversi: dal numero limitato di astronauti coinvolti nelle missioni di lunga durata, alla mancanza di standard per effettuare le misurazioni, alla provenienza degli astronauti da culture diverse che magari negli studi usano modelli differenti. Ciò non toglie che la ricerca sul campo sia attiva, e la raccolta di dati più meramente psicologici già cominciata. 
 
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Humor e resilienza. Nel frattempo però è possibile stilare una sorta di caratteristiche ideali per gli astronauti diretti su Marte raccolte dalle esperienze passate. Per esempio essere emotivamente stabili, coscienziosi, aperti a nuove esperienze, resilienti, non troppo introversi né troppo estroversi sono tutte qualità che potrebbero essere d'aiuto. Così come saranno utili buone dosi di motivazione e adattabilità, adeguate strategie di problem solving e gestione dello stress. E perché no, un buon sense of humor: "L'humor è una sorta di meccanismo di difesa sublimato, che ci permette di dire cose che magari dette in altro modo potrebbero ferire gli altri", commenta Roberto Ibba, psicologo del lavoro dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, secondo cui tra le qualità da allenare in vista di missioni su Marte andrebbe messa in primo luogo la flessibilità psicologica: "A livello teorico è la capacità dell'individuo di non identificarsi con le proprie emozioni o pensieri, che potrebbero non rispecchiare la realtà, e che a volte possono generare sospetto e conflittualità. A livello più pratico ha a che fare con la capacità di poter modificare le proprie abitudini, adattarsi alle situazioni, non spaventarsi difronte alle situazioni che cambiano", spiega lo psicologo.  
 
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Ma soprattutto team working. Accanto alle capacità individuali, importantissime saranno però altrettanto quelle di gruppo. Nella preparazione a missioni di lunga durata, scrivono i ricercatori, sarà fondamentale dunque prestare attenzione alle attività di pianificazione, alla capacità di prendere decisioni o risolvere conflitti. Così come definire in modo chiaro gli obiettivi, avere precise norme di comunicazione e debriefing e costruire rapporti di fiducia prima del lancio. "Non è possibile stabilire a priori una squadra di lavoro ideale, perché di volta in volta i gruppi presentano dei livelli più o meno favorevoli alla collaborazione o alla competitività - riprende Ibba  - ma di certo si può lavorare per favorire un lavoro di gruppo armonico ed efficiente, per esempio tramite un addestramento che miri a ricreare le situazioni che potrebbero presentarsi in futuro, contemplando anche quelle estreme in cui le persone sono sottoposte a un forte stress, osservando le reazioni dei singoli e allenandoli a gestirle". E non è detto che non si riveli d'aiuto anche l'intelligenza artificiale, specie considerando l'isolamento e la distanza degli equipaggi marziani. Sistemi che monitorano parametri fisiologici, come la frequenza respiratoria o il battito cardiaco potrebbero essere utilizzati per predire situazioni di forte tensione: "Magari in futuro potremmo contare su dei sistemi intelligenti che a partire da queste informazioni generino degli allarmi, e aiutino a fornire consigli su come mitigare la situazione prima che diventi critica", conclude Ibba.  

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