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Thursday, April 11, 2019

Einstein aveva ragione. La stella e il buco nero confermano la legge della Relatività

Uno studio condotto su tre astri che ruotano vicino al centro della nostra galassia è una nuova prova che la teoria formulata più di un secolo fa dal fisico tedesco non sbaglia. L’orbita di una di esse è calcolabile grazie alla Relatività generale e non dalle leggi di Newton, perché deformata dall’immenso campo gravitazionale.

 HANNO PROVATO (e proveranno di nuovo) a coglierlo in fallo, ma Einstein ha vinto ancora una volta. E sono ancora le stelle a ribadire quanto sia solida la teoria della Relatività generale, anche dopo più di un secolo dalla sua formulazione. La conferma questa volta arriva dal buco nero al centro della nostra galassia e dalle stelle che gli ruotano attorno a circa 26.000 anni luce di distanza da noi.
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In questa famosa foto, Albert Einstein, sembra mandare un messaggio preciso a chi cercherà di screditare le sue teorie.






Un team di astronomi tedeschi e cechi ha calcolato l’orbita di tre di questi astri che gravitano molto vicino al gigante supermassiccio, di massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole e che quindi genera un fortissimo campo gravitazionale. Una di esse, S2, lo 'sfiora' a una distanza pari ad appena 120 volte quella tra il Sole e la Terra.

 Analizzando le osservazioni accumulate con il Vlt (Very large telescope) dell'Eso in Cile e altri telescopi negli ultimi 20 anni, hanno scoperto delle discrepanze nell’orbita di S2, se calcolata attraverso le leggi della gravitazione di Newton. Differenze spiegabili invece con la teoria della Relatività. La forma dell’ellissi seguita dalla stella è ‘deviata’ di pochi punti percentuali, abbastanza da poter essere misurata. Gli “effetti relativistici” infatti sono trascurabili se le forze in gioco non sono davvero enormi, proprio come le onde gravitazionali: quelle rilevate chiamano in causa addirittura collisioni tra buchi neri.

  
Einstein aveva ragione. La stella e il buco nero confermano la legge della Relatività



Rappresentazione artisitica della curvatura dello spaziotempo e della missione Gravity Probe B (fonte: NASA) 



Gravità estrema. Quelle qui misurate sono condizioni ideali per verificare la teoria del fisico tedesco. Einstein calcolò che in situazioni estreme, come questa, le traiettorie degli oggetti subiscono effetti misurabili che non sono spiegabili con la gravità classica di Newton. Accade così per la luce, che viene piegata da oggetti di grande massa come una stella o una galassia. Succede anche per le traiettorie delle stelle quando hanno a che fare con giganteschi buchi neri. E con la misurazione del tempo, che passa più lento per chi si muove molto velocemente rispetto a noi. Perché la gravità è una deformazione spaziotemporale.

Con la sua legge della Relatività, Einstein superò Newton. Le leggi della gravitazione universale dello scienziato inglese, infatti, sono “buone” fino a che non si ha a che fare con oggetti davvero massicci a distanze ridotte (gli effetti della gravità aumentano al diminuire della distanza) o con velocità molto elevate. Per questo motivo anche l’orbita di Mercurio rimase per molto tempo un mistero. È il pianeta più vicino al Sole e i calcoli della sua traiettoria non sono mai stati precisi fino a un secolo fa. Tanto da chiamare in causa l’ipotetica presenza di un altro misterioso pianeta (Vulcano), che non esiste. Solo le formule scritte da Einstein hanno potuto spiegare il suo strano comportamento.

Superare la Relatività. Einstein avrà ragione, dunque, fino a quando non avrà torto. Il concetto lapalissiano è l’anima della ricerca scientifica. La teoria della Relatività generale infatti funziona fino a che non si scende nell’infinitamente piccolo. Non è coerente, per esempio, con la meccanica quantistica. Questo pregiudica la possibilità di arrivare al sacro Graal della scienza: la “teoria del tutto”. Anche per questo gli scienziati tentano (e sperano) ogni volta di trovare errori o limiti alle sue leggi.

Alcuni astrofisici confidano di farlo presto grazie a un altri terzetto di stelle a circa 4.200 anni luce di distanza da noi. Una pulsar e due nane bianche, talmente vicine che le loro orbite sono più strette di quella della Terra attorno al Sole. Anche qui le forze in gioco sono enormi e molto complesse e gli scienziati che le studiano si aspettano proprio da qui un nuovo passo in avanti, per superare Einstein così come Einstein aveva superato Newton.


Fonte 

Commento di Oliviero Mannucci: Lui si che era avanti, altro che i terrapiattisti di questo cavolo!

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