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Thursday, July 25, 2019

La curiosità dell'uomo a proposito dell’esistenza di altri mondi abitati

Dai filosofi greci all'equazione di Frank Drake. Per arrivare ai programmi di ricerca di segnali extraterrestri più moderni come SETI. Storia di una fascinazione umana senza fine (?)

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Hanno cominciato a chiederselo i filosofi greci, e continuano a chiederselo tutti gli astronomi impegnati nella ricerca di una nuova Terra (tra le migliaia di pianeti extrasolari che sono stati scoperti negli ultimi anni) insieme a quelli che cercano un segnale che non possa essere spiegato con cause naturali, quindi presumibilmente dovuto a qualche tipo di civiltà intelligente.
In effetti, la ricerca del segnale è iniziata una trentina d’anni prima che gli astronomi riuscissero a sviluppare metodi che permettono di rendersi conto della presenza di un pianeta in orbita ad un’altra stella. 

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 La storia inizia nel settembre 1959 con la pubblicazione di un articolo intitolato “Searching for Interstellar Communication”. Gli autori erano Giuseppe Cocconi e Philip Morrison, due eminenti fisici che sostenevano che, se davvero da qualche parte lassù ci sono esseri intelligenti, potrebbero aver creato un sistema di comunicazione indirizzato al resto dell’universo.
Le onde radio sono il metodo più efficiente ( *non è vero!) per trasmettere un segnale a distanza. Cocconi e Morrison suggerirono di usare le nuove antenne della radioastronomia, che proprio allora stava diventando una branca importante dell’astronomia, per mettersi in ascolto. Suggerirono di sintonizzarsi sulla frequenza caratteristica dell’atomo di idrogeno, che abbonda ovunque nel cosmo.  I due autori, con grande onestà, ammettevano di non avere idea delle probabilità di successo di questa ricerca alla cieca, tuttavia concludevano che, se non si prova, le probabilità di successo sono certamente nulle.
Questo visionario articolo, 60 anni fa, suscitò curiosità e qualcuno fu talmente entusiasta dell’idea da mettersi alla ricerca di segnali provenienti da civiltà extraterrestri. Iniziò Frank Drake nell’aprile 1960 utilizzando il nuovo Osservatorio nazionale radioastronomico NRAO degli Stati Uniti, appena creato a Green Bank, in Virginia. 
Drake era (e continua ad essere) un sognatore ma aveva idee molto chiare sull’impresa a cui si accingeva. Per cercare di valutare la probabilità di successo scrisse una formula poi diventata famosa. L’equazione di Drake aveva (ed ha) l’obiettivo di stimare il numero N delle civilizzazioni nella nostra galassia capaci di inviare segnali radio che noi potremmo ricevere. 
Secondo Drake, per calcolare la probabilità di un contatto, ossia il numero di civiltà sufficientemente avanzate presenti nella Galassia, bisogna moltiplicare tra loro il tasso di formazione di stelle con potenziali zone abitabili, la frazione di queste stelle con sistemi planetari, la frazione dei pianeti con condizioni favorevoli alla vita, la frazione di questi dove la vita si sia effettivamente sviluppata, la frazione di questi dove la vita produce civiltà intelligenti, l’ulteriore frazione in cui le civiltà acquisiscono una tecnologia in grado di inviare segnali radio nello spazio, e infine il lasso di tempo per cui i segnali vengono effettivamente inviati, cioè la durata della civiltà extraterrestre.  Usando una formulazione più compatta, si scrive:

N = R* · fp · ne · fe · fi · fc · L

 ( * la formula in questione è del tutto arbitraria e omocentrica e non ha nessun valore     scientifico perché basata su supposizioni e infatti ultimamente non è più presa in considerazione da nessuno all'interno del mondo scientifico in quanto è giudicata superata )

dove
R* è il ritmo a cui si formano stelle
fp è la frazione di quelle stelle che hanno sistemi planetari
ne è la frazione di quei pianeti ove ci sono condizioni favorevoli alla vita
fe è la frazione di tali pianeti dove la vita effettivamente si sviluppa
fi è la frazione dei pianeti in cui, una volta sviluppatasi la vita, sorgono civiltà intelligenti
fc è la frazione delle civiltà che sviluppa una tecnologia in grado di inviare segnali radio nello spazio
L è il lasso di tempo coperto dall’invio dei segnali.

I termini dell’equazione sono chiaramente di due tipi: si parte dall’astronomia per arrivare alla biologia come mostrato da questa elaborazione grafica dell’equazione.
Attenzione, che occorre tenere conto anche del tempo di transito del segnale da chi lo ha prodotto a noi che lo ascoltiamo. Una civiltà potrebbe esistere dall’altro capo delle galassia, ma il suo segnale impiegherebbe 50 mila anni per raggiungerci. D’altro canto, una civiltà potrebbe essersi estinta durante il tempo di transito del segnale.
L’equazione di Drake serve per riassumere il problema, ma non è di grande aiuto per stimare davvero la probabilità di stabilire un contatto con una civiltà extraterrestre. Ricordiamo che quando è stata scritta, nel 1960, la scoperta dei pianeta extrasolari era ancora di là da venire e non si aveva assolutamente idea se per stelle come il nostro Sole avere un pianeta fosse un’eccezione oppure la normalità.
Ma sessant’anni non sono passati invano. Oggi abbiamo un’idea molto più precisa del tasso di formazione di stelle «abitabili», del tasso di formazione di sistemi planetari e della probabilità che un pianeta possa essere (vagamente) compatibile con la vita come la intendiamo noi. Grazie a quello che abbiamo imparato dallo studio dei sistemi planetari extrasolari (un argomento in crescita esplosiva come dimostrato da questo video che è l’Astronomy Picture Of the Day -APOD- del 10 luglio), adesso sappiamo che il prodotto di R x fp x fe, cioè il numero dei pianeti terrestri che orbitano nella zona di abitabilità della loro stessa, si aggira intorno alle decine di miliardi. 
È un passo avanti, ma non basta: siamo ancora ben lontani dal saper calcolare il numero N di civilizzazioni nella Via Lattea attive oggi. (* anche perché ci sono forme di vita del tutto diverse dalla nostra e alcune di esse vivono su piani o dimensioni parallele, famoso il documento desecretato della FBI in cui si spiega che alcune tipologie di alieni sono esseri multidimensionali ) 

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S.E.T.I lo struzzo, mentre il leone arriva mette la testa sotto la sabbia e pensa di aver risolto il problema non vedendolo, ma poi il leone arriva e se lo mangia lo stesso









Anzi, siamo ancora lontani dal capire se ne esista almeno un’altra. (* è lapalissiano che non siamo soli nell'universo, ce lo dice la statistica e la casistica ufologica che il S.E.T.I continua ad ignorare deliberatamente proprio come fa lo struzzo con il leone)  Tuttavia, visto il numero sterminato di pianeti potenzialmente abitabili, sono molti a pensare che altre forme di vita siano una necessità matematica anche se non si è ancora visto alcunché. Sicuramente non si può dire che non si sia provato a cercare. (* i segnali radio da noi inviati sono poco più efficienti dei segnali di fumo fatti dagli indiani d'America, se si usasse la telepatia invece, formando dei grandi gruppi di trasmissione si che si avrebbe successo, il segnale telepatico è infatti istantaneo)
Dopo i pionieristici tentativi di Drake, si sono susseguiti molti programmi di ricerca di segnali extraterrestri. Il più famoso è sicuramente SETI (Search for ExtraTerrestrial Intelligence) che è stato finanziato dalla NASA dal 1971 al 1993. Poi, la mancanza di risultati ha prosciugato i fondi e SETI ha continuato ad esistere grazie a donazioni private ed alla creatività degli scienziati che hanno inventato il calcolo distribuito (a costo zero) per analizzare i dati usando i personal computer che uno stuolo di volontari mettono a disposizione quando non vengono utilizzati. SETI@home è stato il primo dei programmi BOINC  (per Berkeley Open Infrastructure for Network Computing) che sfruttano le capacità dei numerosi PC (collegati in rete) quando non sono utilizzati dai proprietari per ottenere gratuitamente prestazioni vicine a quelle dei costosi supercomputer. ( *guarda il video sottostante)


Recentemente l’interesse nei programmi SETI ha avuto un notevole incremento grazie a Yuri Milner, un miliardario di origine russa (ma basato in California), che ha promesso donazioni per un totale di 100 milioni di dollari in 10 anni.
Finanziando le Breakthrough Initiatives, Yuri Milner vuole aumentare nel pubblico, specialmente nei giovani, l’interesse per la scienza che è la chiave del nostro futuro. Lui dice di avere la ricerca spaziale nel suo DN., Dopo tutto, l’hanno chiamato Yuri in onore di Gagarin. Anche il grande Stephen Hawking si era fatto affascinare dall’idea e, nel 2015, era diventato testimonial delle Breakthrough Initiatives.
Persino la NASA ci ha ripensato e ha deciso di riaprire i cordoni della borsa per cercare technological signatures (letteralmente, firme tecnologiche, un eufemismo per evitare la parola SETI). Non resta che aspettare fiduciosi ma coscienti di tutti i parametri ancora ignoti dell’equazione di Drake.
Rimane sempre vero quello che dicevano 60 anni fa Cocconi e Morrison. Non sappiamo quali siano le possibilità di successo, ma, se non proviamo, le probabilità sono sicuramente nulle.

Patrizia Caraveo


Commento di Oliviero Mannucci: Riepilogando... non è vero che le onde radio sono il sistema più efficiente per comunicare con gli extraterrestri a distanze interstellari. Se, come dicono gli scienziati, pur non sapendo le probabilità di successo dobbiamo provare a inviare segnali radio altrimenti le probabilità sono sicuramente nulle, tanto vale usare anche la telepatia non vi pare? ( E qui il S.E.T.I fa continua a fare come gli struzzi). La tanto osannata equazione di Drake, che ultimamente è stata messa al bando, si basa su una serie di supposizioni del tutto arbitrarie. Anche io potrei creare una formula per cercare di sapere quale squadra alla fine del campionato vincerà lo scudetto, ma pur capendo un poco di calcio, le variabili  sono così tante che non ci riuscirei sicuramente, bè sappiate che la mia formula sarebbe sicuramente più realistica di quella di Drake, perché se non altro si baserebbe su dati che esistono e non sono supposti ( le formazioni di ogni squadra, gli arbitri, se giocano in casa o fuori casa, gli allenatori, i marcatori,  etc. etc.). La statitistica è comunque chiara, dato il grande numero di stelle e di pianeti esistenti, le innumerevoli dimensioni, gli innumerevoli universi, sicuramente non siamo soli!!!!  Chi sostiene il contrario può fare domanda per entrare a far parte di quel club di sciagurati che sostengono che la Terra è piatta. 

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Una mia foto sotto la parabola del radiotelescopio di Medicina



La cosa divertente sapete qual'è? Che una volta misi in imbarazzo un astrofisico dell'Università di Bologna, che ci faceva da guida al radiotelescopio di Medicina, a me e ad altri visitatori. Ad un certo punto un visitatore fece la domanda che aspettavo: avete mai ricevuto qualche segnale extraterrestre? e l'astrofisico " Non escludiamo l'esistenza di tali esseri, ma non potremo mai incontrarli perché la velocità della luce è limitata e insuperabile e quindi noi non raggiungeremo mai loro e loro mai noi ( * la solita stronzata che raccontano a tutti per addormentare il cervello della gente). E io dissi: Mi scusi, questo non è esatto. Quando negli anni '80 avete smesso di inviare segnali radio nello spazio è perché come dissero alcuni suoi colleghi era pericoloso farlo, perché in pratica stavamo segnalando a tutto l'universo la nostra posizione e questo avrebbe potuto far si che giungessero sulla Terra degli alieni  interessati a trasformare il genere umano in carne in scatola. Allora lo sapete che questo è possibile, perché raccontate panzane alla gente? E l'astrofisico stringendo i denti: In effetti...!!! ( * In effetti...!!! Ma li mortacci v.....)
Quindi capito cari amici lettori, gli astrofisici sanno che con i viaggi a curvatura, di cui parla anche Einstein, gli alieni ci possono raggiungere eccome, e quindi si limitano adesso a cercare di ricevere i segnali, senza inviarli, e quando arrivano li ignorano, perché lo struzzo preferisce  non vedere il leone che si avvicina per mangiarlo, ma poi di fatto fa proprio quella fine li. CHE BELLA SCIENZA!!!! COMPLIMENTI!!!!

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