Tornano casi di Ufo in Iran, con tanto di impiego dell’aviazione militare per intercettarli. Tornano per quale motivo? Perché questo Paese fu già al centro di un caso famoso nel 1976, quando ancora la rivoluzione islamica non si era verificata e il potere era nelle mani dello scià Mohammad Reza Pahlavi: in quella circostanza i Phantom F4 dell’Air Force furono chiamati a uno “scramble”, salvo trovarsi privi della possibilità di aprire il fuoco. Le loro piene funzionalità furono ripristinate solo nel momento in cui i velivoli abbandonarono la fase d’attacco (su Wikipedia, arrivandoci con la query Ufo e Iran, trovate tutti i dettagli della storia). Per la cronaca, della vicenda si occupò anche l’allora segretario di Stato degli Usa, Henry Kissinger. Non è un dettaglio da poco, e non solo per il livello al quale il caso approdò. Lo è anche perché di quell’evento, se non altro, non si può dire che l’Ufo era un drone-spia degli americani (all’epoca alleati di ferro), spiegazione con la quale si tende invece a giustificare i fatti di oggi, dal momento che sono avvenuti in prossimità di siti nucleari iraniani. Vediamo allora una sintesi degli eventi, prima di tutto. L’evento, raccontato molto bene da The Aviationist (http://theaviationist.com/?p=21942&preview=true) per la firma di Dario Leone e con riferimenti a un articolo del giornalista iraniano Babak Taghvaee, si riferisce allo scorso 13 ottobre; ma analoghe situazioni si erano verificate pure in precedenza, a ritroso fino al 2004. Questa volta a inseguire l’Ufo c’erano gli F14 Tomcat, ormai ritirati dalla Us Navy ma ancora colonna portante dell’Air Force dell’Iran, che li ricevette negli anni del governo dello scià. Taghvaee si dice sicuro che si trattasse di un drone statunitense destinato a spiare le centrali nucleari e altri siti critici. Eppure… Eppure ci sono un po’ di aspetti che non quadrano. Li racconta proprio il giornalista: quell’Ufo, infatti, “aveva varie caratteristiche particolari, inclusa l’abilità di volare al di fuori dell’atmosfera e di passare da mach 10 a velocità zero, mantenendosi in ‘hovering’ (come un elicottero, ndr) sopra l’obiettivo“. Queste peculiarità, unite a un potente sistema di contromisure elettroniche, di fatto resero impotenti i Tomcat, che non riuscirono a lanciare nemmeno un missile. Ai caccia iraniani quella volta andò meglio che in altre due occasioni, sempre in presenza di Ufo performanti. Nel 2004 un F14 riuscì ad avvicinarsi all’oggetto e i piloti lo descrissero di forma sferica e capace di emettere una fiammata simile a quella di un postbruciatore di un jet, ma di colore verde. A ‘lock on’ avvenuto, il Tomcat si trovò alle prese con una immane turbolenza e quando il pilota armò il missile AIM-7E-4, l’Ovni aumentò di botto la velocità e schizzò via come una meteora. Al “profumo” delle armi, insomma, pare che questi Ufo-droni s’arrabbino. E a volte può finire male, come il 26 gennaio 2012, quando un altro F14 fatto decollare per intercettarne uno, esplose poco dopo il decollo. L’incidente rimane tuttora un mistero, anche perché quello era uno dei Tomcat con meno ore di volo all’attivo e in perfetto stato di manutenzione. Ma è chiaro che l’Iran continua a puntare sull’idea delle spiate strategiche di yankees e israeliani, cosa che di sicuro avviene, ma probabilmente con altri mezzi. Su questi episodi, infatti, si possono fare un paio di riflessioni. La prima: dal 1976 ad oggi la tecnologia terrestre ha fatto passi da gigante; ma in queste vicende sembra essersi sempre confrontata con qualcosa di terribilmente superiore. La tesi del drone ipertecnologico, dunque, regge ma solo se applicata ai fatti più recenti, anche perché gli unmanned aircrafts non esistono da tanto tempo (e anzi saranno l’opzione principale per il futuro). La seconda: se accettiamo l’idea che ci sia un velivolo spia da mach 10, dobbiamo contemplare che sia già in servizio, per dire, l’SR72. Che sarebbe il potenziale erede del noto SR71 Blackbird, salvo essere, per il momento, solo allo stato di disegno. Chi ha buone spiegazioni per questi casi, si faccia pure avanti.
Flavio Vanetti
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