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Wednesday, July 24, 2013

Se gli alieni fossero tra noi




Rovesciamo la domanda. Anziché chiederci se esistano gli alieni, domandiamoci piuttosto perché mai non dovrebbero esistere. Così saremo meglio disposti ad accogliere le sconcertanti rivelazioni dell’ormai ottantaduenne Edgar Mitchell, uno della sporca dozzina di astronauti che ha messo piede sul suolo lunare e che, certo, sulla luna di alieni non ne ha visti, ma li ha visti a terra, sul suolo patrio. O per meglio dire: ha incontrato e visto chi li ha visti. Anzi nemmeno: ha visto chi ha incontrato quelli che hanno visto «le bare di dimensioni minuscole per contenere i corpi degli alieni recuperati». Una catena di testimoni un po’ lunga, e però resta che siamo dinanzi ad un altro caso di sepolcro vuoto, dal momento che i testimoni primi di questa catena i corpi veri e propri («veri e propri» si fa per dire) non li hanno visti: un po’ di fede nelle parole di Edgar Mitchell, perciò, ci vuole.
Ma anche se  lasciamo perdere la fede e ci appoggiamo alla vecchia, cara metafisica abbiamo qualche chance. Baruch Spinoza sosteneva che ci vuole una ragione tanto per dimostrare quello che esiste quanto per dimostrare quello che non esiste. Se per esempio non esistono elefanti volanti una ragione ci deve essere: e infatti sono troppo pesanti per volare. Vedete dunque come si rovescia la questione: chi sostiene che gli alieni non esistono deve pure lui trovare una spiegazione della loro inesistenza. E a fronte di miliardi di stelle, dinanzi a tutto questo scialo di materia e di spazio nell’universo, a questo enorme sciupio di tempo, non sarà decisamente sui generis  la presenza di materia vivente su quest’unico, minuscolo pianeta, per un tratto insignificante di vita del cosmo?
E a proposito del nostro pianeta troppo minuscolo a confronto degli spazi infiniti che angosciavano Blaise Pascal: non sarà che ad occhi alieni il nostro pianeta apparirà un giorno solo come la piccola bara che avrà contenuto i nostri corpi, e nient’altro? Sono gli scherzi della prospettiva: se sei capace di cambiarla, vedi il mondo con altri occhi, dai una ripulitura al tuo sguardo troppo ingombro di cliché, e, forse, riesci persino a trovare un filo per il racconto dell’anziano Mitchell, eroe del nostro tempo.
Proviamoci, dunque. Quello che tutti gli domandano, e che anche l’intervistatore dell’agenzia Bloomberg gli chiede, quando assicura che gli alieni ci sono e che però la Nasa li copre, è: ma perché diavolo tutto questo mistero intorno agli alieni (mal custodito, peraltro, visto che circolano le bare)? Sono brutti, o cattivi, o pericolosi?
Niente di tutto questo. Sono gli interessi economici, spiega Mitchell, è il complesso militare-industriale, quello che denunciò una volta Eisenhower e che da allora entra in quasi tutte le teorie complottiste  che circolano nel mondo: dalle Torri gemelle alle scie chimiche, passando per il grande orgone, la finta morte di Elvis Presley e la creazione in laboratorio del virus Aids.
Ciò detto e riconosciuto, abbiamo comunque da una parte gli alieni, e dall’altra una combinazione di poteri che condizionerebbe, a detta del presidente americano, il processo democratico. Ridotta ai minimi termini, e al netto delle stravaganze di un signore di anni ottantadue, la questione è tutta qui. Ed io ho l’impressione che funzioni maluccio per spiegare come mai non incontriamo neanche un alieno per strada, ma che forse può funzionare per altro. Se per esempio al posto degli alieni mettiamo categorie di persone emarginate, che per essere meglio sfruttate il sistema economico dominante rende quasi invisibili, il racconto di Mitchell funziona perfettamente. C’è caso, anzi, che si riveli una potente allegoria del nostro tempo. La sua applicazione si potrebbe raccomandare, ad esempio, per quei migranti impegnati nella raccolta di pomodori, in Puglia, di cui abbiamo ignorato l’esistenza finché non si sono ribellati al caporalato che li costringeva a lavori massacranti senza riconoscergli di fatto alcun compenso: non sono alieni, quelli? E non facciamo noi come se non ci fossero? Non facciamo di tutto, nelle nostre vite quotidiane, per non vederli nemmeno? Quante sono le persone, nel nostro paese, che lavorano, e che tuttavia sono invisibili ai processi democratici, anzitutto perché non hanno alcun diritto di voto? Un barbone che cos’è, se non un alieno? E l’ambulante abusivo che i vigili a Venezia hanno allontanato in malo modo?
Mitchell immagina che la Nasa tenga nascosti gli alieni per sfruttare le mirabolanti tecnologie di cui sarebbero in possesso, e intanto il primo prodotto tecnologico della storia dell’umanità, la mano, il suo stesso corpo, non è ancora libero da ogni sfruttamento. Coraggio Mitchell, c’è ancora una luna da conquistare!

Massimo Adinolfi

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