Reattori vicini al mare e combustibile nelle piscine. Oltre
agli errori del passato, quelli dopo l’incidente nucleare. Adesso il
rischio è la contaminazione dell’Oceano
A che punto è il disastro di Fukushima? Tra i fattori che hanno
contribuito ad aggravare il disastro di Fukushima ci sono errori di
progetto, carenze di gestione e la stessa modalità dell’incidente. Ad
esempio l’aver costruito questi reattori a pochi metri dal mare in un
Paese in cui gli tsunami sono più che prevedibili si è rivelato un
errore determinante. Tanto per fare un paragone, le centrali nucleari di
Latina e Montalto di Castro furono costruite a centinaia di metri dal
bagnasciuga pur essendo le coste italiane meno soggette a maremoti di
quelle giapponesi. Così tra gli errori di gestione va annoverato lo
stoccaggio addensato del combustibile irraggiato nelle piscine, che
prima ne ha facilitato il surriscaldamento e oggi ne complica
l’evacuazione. Infine la modalità dell’incidente: a differenza di
Chernobyl, i noccioli di Fukushima non sono esplosi, ma (seppure fusi)
si trovano all’interno dei contenitori di acciaio (vessel) e dunque non
si può procedere a sommergerli con piombo, sabbia, boro e cemento, per
poi racchiuderli dentro un “sarcofago”. A Fukushima quindi, le
direttrici obbligate di intervento erano e restano due: raffreddare i
noccioli per mantenere la temperatura dell’unità 1, 2 e 3 entro limiti
tali per cui il vessel non sia sottoposto a pressioni superiori a quella
di progetto; approntare quanto necessario per rimuovere il materiale
fissile dai reattori, ovvero sia il combustibile che si trova nelle
piscine sia quello presente nei noccioli.
Giorgio Ferrari
Fonte
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