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Thursday, November 15, 2012

Fallout di Fukushima Daiichi: ancora alti livelli di radioattività nell'oceano



Geoff Brumfiel scrive su Nature che «La radioattività persiste nelle acque dell'oceano vicino all'impianto nucleare in rovina di Fukushima Daiichi». I nuovi dati sono stati presentati al Fukushima Ocean Impacts Symposium - Exploring the impacts of the Fukushima Dai-ichi Nuclear Power Plants on the Ocean, tenutosi il 12 e 13 novembre all'università di Tokyo che aveva l'obiettivo di presentare un aggiornamento scientifico di «Quello che sappiamo e non sappiamo circa contaminanti rilasciati a Fukushima, sul loro destino nel mare e sul loro potenziale di avere un impatto sugli ecosistemi marini e la salute umana». Il simposio, che prevedeva un'ampia discussione delle valutazioni del rischio, degli impatti economici, delle implicazioni politiche, e soprattutto, come queste informazioni vengono comunicate al pubblico», ha coinvolto un centinaio di invitati selezionati provenienti da tutto il mondo: scienziati policy makers ed esperti di media/comunicazione. Gli organizzatori avevano tentato di dire che il simposio non voleva essere «Un incontro che assegnare colpe o raccomanda politiche a favore o contro l'energia nucleare. Invece, ci auguriamo di valutare ampiamente le conseguenze della centrale nucleare di Fukushima sugli oceani, per imparare dalla nostra scienza e confrontare le risposte».
Ma i prudenti presupposti della conferenza  giapponese hanno dovuto fare i conti con i dati che mostrano che i livelli di radioattività nel mare intorno al cadavere della centrale nucleare restano stabili, invece che calare come era previsto. Secondo i ricercatori la colpa può essere in parte del deflusso dei fiumi e di rilasci radioattivi che continuano ad esserci nei reattori colpiti prima dal terremoto/tsunami dell'11 marzo 2011 e poi devastati da esplosioni di idrogeno e da una catena di altri incidenti. Ma quello che preoccupa di più è la contaminazione dei sedimenti e degli organismi marini.
Nature scrive che «Il livello di contaminazione non dovrebbe rappresentare un rischio significativo per la salute per l'uomo. Ma potrebbe avere conseguenze economiche a lungo termine a sfavore dei pescatori lungo la costa orientale del Giappone». Quello che è certo è che il disastro nucleare di Fukushima Daiichi ha provocato il più grande rilascio della storia di sostanze radioattive nell'Oceano. I ricercatori statunitensi della Woods hole oceanographic institution (Whoi) hanno presentato i risultati di uno studio pubblicato il 26 ottobre su Science, dal quale emerge che dalla centrale nucleare sono fuoriusciti in mare 16,2 petabecquerels (1015 becquerel) di cesio radioattivo, circa la stessa quantità emessa in atmosfera. La maggior parte di questo colossale sversamento radioattivo si è dispersa nell'Oceano Pacifico che l'ha diluita a livelli estremamente bassi, ma nell'area di mare vicino alla centrale nucleare i  livelli di cesio-137 sono rimasti intorno ai 1.000 becquerel, un livello elevato rispetto al fondo naturale. Anche i livelli di cesio radioattivo dei pesci sono rimasti invariati a più di un anno e mezzo della catastrofe nucleare. Tomowo Watanabe, un oceanografo della  Fisheries research agency di Yokohama, ha detto a Brumfiel: «In generale, i livelli di cesio nei pesci e nella vita marina sembrano aver iniziato a scendere un po' questo autunno».
Secondo i partecipanti al Fukushima Ocean Impacts Symposium  c'è qualcosa che impedisce ai livelli di radioattività di scendere davvero: «Ci deve essere una sorgente» ha detto Scott Fowler, un oceanografo della  Stony Brook University di New York. Ma uno studio di Jota Kanda, un oceanografo della Tokyo University of Marine Science and Technology suggerisce che le fonti di contaminazione siano tre: il suolo radioattivo dilavato dalle piogge che finisce nei fiumi che sboccano in mare; la centrale nucleare che continua ad emettere circa lo 0,3 terabecquerels (1012 becquerel) al mese; i sedimenti marini.
Proprio i sedimenti sarebbero la principale causa della contaminazione dell'oceano e dei pesci. Circa 95 terabecquerels di cesio radioattivo si sono fatti strada verso il fondo dell'oceano sabbioso davanti all'impianto nucleare. «Di come sia finito lì - ha detto Kanda - nessuno è sicuro. Potrebbe essere stato assorbito direttamente dalla sabbia stessa, o può essere che minuscoli organismi marini, come il  plancton, abbiano consumato il cesio radioattivo e poi lo abbiano depositato sul fondo del mare attraverso le loro escrezioni. I detriti organici dei corsi d'acqua potrebbe anche essere una fonte della contaminazione. Ma indipendentemente da come sia finito lì, ci deve essere qualche materiale organico che lo ha scaricato nei  sedimenti».
Il problema è che, da qualunque fonte provenga, la contaminazione radioattiva sta risalendo la catena alimentare: il pesce dell'area di Fukushima ha livelli di radioattività al di sopra del limite (alto) di 100 becquerel per chilogrammo stabilito dal governo giapponese. La contaminazione radioattiva varia da specie a specie: polpi e calamari sembrano esserne immuni, mentre i pesci come il dentice e spigola risultano contaminati solo a volte, ma nei "Greenlings", pesci della famiglia degli Hexagrammidae, sono stati trovati livelli pari a 25.000 becquerel/Kg.
Comunque le conseguenze sono gravi per l'industria della pesca giapponese  che nel 2011, dopo la tragedia nucleare, ha subito perdite valutate tra gli 1,3 e i 2,6 miliardi di dollari di dollari. Molti pescherecci restano attraccati nei porti  perché il mare è troppo contaminato e Ken Buesseler, un oceanografo del  Whoi, ha detto al  Fukushima Ocean Impacts Symposium  «Non possiamo rispondere alla domanda centrale su quando questa attività sarà in grado di riprendere. Deve essere fatto molto di più per comprendere l'incidente.  Spero che, nei prossimi mesi, i ricercatori saranno in grado di saperne di più sulle varie fonti di radioattività che continuano ad alimentarla in mare e su come questo influisce sui differenti organismi».

Fonte:  http://www.greenreport.it

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